Andrea Laurenzi: “Cambierà totalmente il metodo”

Il candidato del centrosinistra: “No a un'amministrazione che decide e basta; nuovo approccio a partire dalla revisione della macchina comunale. Sulla sanità pronti a dare battaglia”

Andrea Laurenzi

Nel percorso di avvicinamento alle elezioni amministrative abbiamo intervistato Andrea Laurenzi, già vicesindaco di Sansepolcro nella legislatura 2011-2016 e poi consigliere di minoranza nel quinquennio che si sta chiudendo. Oggi è il candidato sindaco della coalizione di centrosinistra “La Città di Tutti”, formata dalla lista civica Adesso, da Partito Democratico-InComune e da Insieme Possiamo.

Come procede la campagna elettorale?

Questa campagna elettorale arriva in un percorso coerente, visto che il mio impegno politico dura da dieci anni, però l’avvio reale dei lavori è stato a giugno, quando ancora non ero ufficialmente candidato e abbiamo deciso di fare un incontro di confronto e ascolto con la città ai Giardini della Misericordia: un incontro non pubblico, fatto invitando persone a noi vicine, a cui sono venuti in tanti e ci sono stati 36 interventi che ci hanno dato una prima base programmatica su cui lavorare. La campagna elettorale è faticosa, sei in un frullatore, hai impegni di svariati tipi tutti i giorni, ma si sente un grande entusiasmo, che arriva per esempio dalle persone che siamo riusciti a coinvolgere: chi ci ha dato una mano e ha supportato il progetto poi ha deciso di mettersi in lista, non abbiamo espertoni esterni che ci dicono la strada però non si candidano. Inoltre, comunque vadano le cose la campagna elettorale è un modo ogni cinque anni per fare una fotografia della città, attraverso testimonianze, incontri dei più disparati, con il mondo sanitario, con le imprese del nostro territorio che nel frattempo vedi crescere, con i cittadini nelle frazioni parlando delle problematiche più vive. I livelli sono molti però danno tanta energia e me, a tutto il gruppo e anche alle persone che fanno campagna elettorale per la prima volta.

Nella coalizione c’è stato un recupero di forze in passato rivali, mentre alcuni soggetti sono usciti di scena durante le trattative. Come valutare questo scenario?

Questa coalizione di impegno civile mette insieme varie anime politiche ma anche tante persone. Per esempio il Partito Democratico, l’unico simbolo visibile di partito, ha una lista composta in larga maggioranza da non iscritti. La scelta è stata quella di avere il motore dei partiti ma l’apertura alla comunità, alla città, alle esperienze. Parlando dei confini dei partiti, siamo una coalizione di centrosinistra, un centrosinistra che per la prima volta dopo tanti anni è coeso. Insieme Possiamo rappresenta l’anima più a sinistra della nostra coalizione, un mondo con cui ci siamo sempre trovati su fronti contrapposti, venendo da esperienze ormai vecchie ma di rottura. Il fatto che ci sia stata una ricucitura, che tante persone abbiano scelto di fare un passo di lato per il bene della città, è un valore importante. Così come è un valore quella parte moderata, riformista che è fatta di partiti come Azione e Italia Viva e di tanti cittadini, anche non propriamente di sinistra. C’è inoltre una parte dei Democratici per Cambiare, che non ci sono come tali, ma possiamo parlare di persone di quel mondo che sono dentro mettendoci la faccia o comunque sostenendo il progetto. Aggiungiamo anche Articolo Uno e abbiamo un quadro composito ma anche coeso. Questa coesione si riflette nel clima che si respira all’interno della coalizione: nella prima fase – la più faticosa perché per forza tutti dovevano fare una mediazione, chi accettare il candidato Andrea Laurenzi, chi dimenticare qualche divisione del passato – ognuno ha fatto uno sforzo che viene ripagato da un legame reale che si sta creando sulle cose.

Le elezioni regionali di un anno fa in Valtiberina più che in altre zone della Toscana hanno mostrato un ampio consenso per il centrodestra. Questo come può riflettersi sulle prossime amministrative?

Se si guarda a questo può sembrare una partita di rincorsa, però credo che il voto sia molto fluido, quasi liquido. Tanti cittadini, dall’imprenditore all’abitante della frazione più distante, raccontano che sul livello locale-amministrativo scelgono i progetti e le persone più che i simboli, quindi le regole del gioco sono del tutto diverse. Sul livello regionale credo che ci sia un’analisi da fare: il centrosinistra stravince nei centri, poi più ci si allontana e più questo risultato si sfuma in una sconfitta, e se si va nella periferia della periferia la forbice aumenta ancora. Questo lo vedo legato all’erogazione dei servizi e alla sanità in particolar modo, perché la regione è percepita come distante. Di questo dovremo prendere atto e rifare la partita. Sulla sanità vogliamo fare una battaglia netta e decisa, non siamo quelli che accettano passivamente. Il sindaco può fare tanto, può partecipare direttamente alle conferenze dei sindaci dove vengono prese le decisioni ma può anche farsi sentire sbattendo i famosi pugni sul tavolo. Non è solamente la regione a decidere ma c’è un governo locale che deve fare da baluardo. Nello specifico la sanità ha bisogno di un rilancio a livello di presidio ospedaliero, di territorio e di integrazione socio-sanitaria. Sono tre livelli in cui dobbiamo per forza rialzare la testa, a partire dalle risorse umane: è inutile ristrutturare l’ospedale quando c’è il blocco delle assunzioni degli infermieri, non abbiamo il neuropsichiatra infantile, non abbiamo gli anestesisti. Su questo dobbiamo giocare la partita da subito: lo facciamo in campagna elettorale facendo venire qui i vertici regionali, ma lo faremo dal primo giorni di lavoro.

In caso di vittoria della coalizione Laurenzi come cambierà l’approccio al governo cittadino rispetto all’attuale amministrazione?

Forse è una cosa che non funziona a livello di consenso, ma cambierà totalmente il metodo, rispetto all’amministrazione uscente ma in generale rispetto a come le amministrazioni si pongono di solito. Vogliamo uno stravolgimento rispetto al comune che funziona in verticale, a canne d’organo e con processi decisionali lineari dall’alto verso il basso. Noi parliamo molto di coprogettazione, codesign della città, cioè il comune deve essere un grande regista, non deve essere quello che decide e basta. Il sindaco è il direttore d’orchestra di un insieme che deve agire in modo corale con la giunta e con il consiglio ma non solo: partner devono essere le imprese, il terzo settore, la società civile, il mondo delle associazioni. Credo che in ogni versante sia la coprogettazione, e non la visione singola di un sindaco, a dover ridisegnare la città. Questo vuol dire cedere un po’ del tuo potere per allargare la platea decisionale, ma è uno sforzo che in questo momento storico va fatto, perché lo chiedono tutti e lo chiede la politica stessa. Questo è un approccio metodologico diverso che parte da una revisione della macchina comunale, perché se la macchina comunale lavora come è abituata a fare tutto questo percorso diventa in salita. La revisione dovrà essere messa in campo fin dal primo giorno dal sindaco, che sarà anche assessore al personale: è una responsabilità che in caso di vittoria mi voglio prendere proprio per poter far funzionare le cose come le ho in mente.

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