Chiara Andreini: “Grave usare la dad per coprire la disorganizzazione degli enti”

Intervista alla capogruppo del Pd che commenta anche lo scenario politico di vallata: “Visione ristretta da parte dei sindaci, non c'è volontà di far funzionare l'Unione dei comuni”

Chiara Andreini

Chiara Andreini, ex segretaria dell’unione comunale biturgense del Partito Democratico, è attualmente capogruppo consiliare di PD-InComune e fa parte dell’assemblea dell’Unione dei comuni della Valtiberina. L’abbiamo incontrata per commentare lo scenario politico di Sansepolcro e della vallata a tre mesi dalle elezioni amministrative dello scorso ottobre.

Qual è lo stato di salute della coalizione di centrosinistra?

Come Partito Democratico in questo periodo abbiamo affrontato il congresso e ci siamo dotati di una nuova dirigenza, quindi per il Pd è iniziata una fase importante, che fa tesoro dell’esperienza della campagna elettorale ma la proietta in una visione nuova per i prossimi cinque anni di mandato del segretario Alessandro Del Bene. La coalizione credo sia in ottima salute, continuiamo a vederci a cadenza regolare sia come gruppo consiliare che con tutte le persone che hanno fatto parte delle liste a sostegno di Andrea Laurenzi, e questo credo sia un valore aggiunto importante. Abbiamo istituito delle preconsiliari allargate in cui c’è grande partecipazione e c’è molto attivismo, soprattutto nelle chat, perché ormai vista la situazione della pandemia tanta dell’attività è fatta da remoto. Anche come partito abbiamo incrementato il numero degli iscritti, perché alcune delle persone che erano nella lista del Pd o altri simpatizzanti dopo l’esperienza elettorale hanno deciso di impegnarsi attivamente, quindi nella sconfitta ci sono state anche delle cose molto buone.

Come giudicare i primi mesi di lavoro dell’amministrazione Innocenti?

Sicuramente c’è una conduzione molto disorganizzata dei lavori del consiglio comunale, con poca partecipazione della stessa conferenza dei capigruppo, e tutte le iniziative delle minoranze non vengono colte, anzi diventano elementi di disturbo. Non voglio soffermarmi più di tanto sulla battutaccia scappata al sindaco nel primo consiglio comunale, però quell’approccio si capisce negli atteggiamenti e nella velocità con cui a volte vengono sbrigate alcune pratiche anche importanti. Mi riferisco in particolar modo alle linee di mandato del sindaco, un documento programmatico che va condiviso, non perché lo si debba accogliere in toto, ma perché può essere emendato dalle minoranze con delle proposte. Questo non è stato assolutamente possibile: abbiamo scoperto che era un punto all’ordine del giorno il 23 dicembre con la convocazione del consiglio per il 28. Ammesso che da un punto di vista formale fosse forse tutto legittimo, non lo è stato sicuramente dal punto di vista della condivisione e della partecipazione, e su questo una grave colpa è del presidente del consiglio che non ha assolutamente tutelato le minoranze. Cinque anni prima venivamo da uno scontro elettorale molto forte con il candidato Cornioli, ma le minoranze presentarono tanti emendamenti, alcuni passarono, altri vennero bocciati, comunque ci fu un vero dibattito sui temi. Stavolta abbiamo assistito alla mera lettura delle linee di mandato da parte del sindaco senza nessun tipo di intervento neanche da parte dei gruppi consiliari di maggioranza, ed è una cosa per me molto peculiare e anche brutta da vedere. Aver votato nel silenzio totale fa pensare che alla base ci siano anche scarse idee da parte dei gruppi che compongono la maggioranza.

È stato in parte già accennato, ma dal vostro punto di vista quali sono le principali differenze tra questa amministrazione e la precedente?

L’amministrazione Cornioli non ha brillato per condivisione o apertura, anzi andava molto per la propria strada e il dibattito veniva tenuto a freno dalla presenza stessa del sindaco, che interveniva un po’ su tutti i punti. Qui invece c’è proprio l’assenza di discussione: facciamo in fretta, togliamoci di torno la pesantezza di dover affrontare un consiglio, come se fosse una pratica da sbrigare e non un momento di confronto e di discussione in cui portare i temi e far sentire la propria voce. Non lo dico tanto nei confronti della minoranza ma dei cittadini, perché per quanti pochi cittadini possano partecipare online o in presenza, il consiglio è un momento in cui si parla alla città, e il fatto di non volerlo fare credo sia veramente un’anomalia per chi è stato democraticamente eletto. Il consiglio comunale è un appuntamento importante per il quale il nostro gruppo si prepara lavorando alle pratiche e agli interventi. Dall’altra parte non sembra che sia così.

Nelle ultime settimane uno dei temi di confronto è stato quello del ricorso alla dad per ragioni non direttamente connesse alla pandemia.

È una questione molto importante di cui forse non è stata percepita fino in fondo la gravità. La dad è stata un’invenzione giusta nel momento della chiusura delle scuole per la pandemia, nel 2020, e anche nel 2021 nei momenti di emergenza sanitaria agli studenti e al mondo della scuola sono stati chiesti grandissimi sacrifici. Chiunque riesce a comprendere che la dad non è come frequentare in presenza; oltretutto i bambini più piccoli non sono neanche autonomi di fronte agli strumenti elettronici e non tutti hanno il supporto adeguato. Comunque in tutti i dpcm e nelle note del ministero della pubblica istruzione è ribadito che le motivazioni per ricorrere alla dad sono solo quelle legate all’emergenza sanitaria, quindi casi Covid o zone rosse. Nel nostro comune invece è già stata utilizzata tre volte per altri motivi: prima per smaltire l’eternit alla scuola secondaria Buonarroti, poi per aggiustare una caldaia, tra l’altro appena impiantata, alla scuola primaria, ora perché ci sono delle verifiche in corso da parte della provincia. Io mi domando: tre anni fa, quando questo strumento non esisteva, qualche ente avrebbe fatto un’ordinanza di sospensione della fruizione scolastica? Non credo, perché per un’ordinanza del genere ci vogliono motivazioni forti, non certo la disorganizzazione del comune o della provincia. Io credo che si stia creando un danno. Tutti si riempiono la bocca dell’importanza della scuola, poi però con grande tranquillità si privano gli studenti della fruizione scolastica perché così si possono smaltire i lavori in tempi più brevi. Il tutto, tra l’altro, comunicato con scarsissimo preavviso alle famiglie. Su questo penso che vada fatta una forte riflessione, perché non è come dice la consigliera Chieli che c’erano più opzioni; non lo so, quello che si vede è che i ragazzi del biennio del liceo Città di Piero in questo momento non stanno andando a scuola e stanno seguendo a distanza. Io credo che chi ha a cuore le istituzioni scolastiche si debba muovere perché gli interventi vengano programmati nei momenti di vera sospensione scolastica, quindi vacanze, fine settimana, pomeriggio, e non inficino il lavoro degli studenti e degli insegnanti

Spostandoci alla vallata, quali sono i limiti e le potenzialità dell’Unione dei comuni?

Guardando a quello che succede nella provincia di Arezzo vedo una grandissima differenza di organizzazione tra la nostra Unione dei comuni e quella del Casentino, in cui le cose funzionano. Non è che il Casentino non abbia problemi di marginalità rispetto alla Regione Toscana o di depotenziamento di sanità e sociale, anzi è il territorio che più di altri vive le nostre stesse difficoltà. Lì però – al di là dei sindaci di centrodestra, centrosinistra o civici – si percepisce un’unità di intenti che da noi non c’è assolutamente. Ho seguito questo ente anche cinque anni fa, anche se non facevo ancora parte del consiglio, e le uniche prerogative dei sindaci erano quelle di portare qualche risorsa in più ai propri comuni. La visione d’insieme, un’azione comune per fare richieste collettive per il bene dei propri cittadini, qui in Valtiberina non c’è. Anche dal punto di vista di organizzazione della struttura stessa, vengono a mancare delle figure e non vengono sostituite, non c’è più una posizione organizzativa per il settore tecnico-progettuale, ora la dirigente è andata in pensione e non si è capito il tipo di assetto che si vuole dare all’ente. Abbiamo inoltre chiesto più di una volta che venissero istituite una o due commissioni per dare modo di discutere prima le pratiche del consiglio, ma anche questa richiesta è caduta nel vuoto, Non c’è volontà di far funzionare questo ente, ed è un gran dispiacere perché da crisi come questa si esce insieme, ma da parte degli amministratori del nostro territorio c’è una visione molto molto ristretta.

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