Chiedi chi erano Gli Angeli Neri (il beat di Città di Castello)

Alla metà degli anni 60, cinque giovani musicisti di Città di Castello iniziarono a suonare il nuovo genere beat, il preferito dai giovani dell’epoca, che in poco tempo li avrebbe portati ad esibirsi con grande successo nei più importanti e famosi locali d’Italia

Gli Angeli Neri

“Gli Angeli Neri, indimenticabili, erano più moderni (si riferisce ad un altro noto gruppo di Città di Castello dell’epoca) a noi giovani piacevano di più; Filippo, Carlo, Enzo, Gualtiero e Sergio erano bravi e furono ad un passo dalla celebrità” Commento da FB di G..L. anno 2015.

La mia breve stagione come orchestrale è stata “condizionata” dal mito degli Angeli Neri. Appartenenti ad una generazione anteriore alla mia  sono stati un termine di paragone al quale mi rimandavano colleghi che facevano parte dei vari complessini dove, nella prima metà degli anni 70 e per qualche anno successivo, ho militato. Quante volte ascoltando gruppi dei primi anni 70 come Soul Men o La Fusione mi sono sentito dire: “Vedi il chitarrista e il bassista? Erano negli Angeli Neri”. Stessa cosa mi è capitata con la frequentazione da spettatore privilegiato dei Players (ho assistito spesso alle loro prove). “Il batterista suonava con gli Angeli Neri” mi segnalavano. Trentenni in gamba a quei tempi, bravi e preparati, un esempio per me e per i miei colleghi con i quali cercavo di fare musica ma…Ma non avendoli sentiti suonare tutti assieme e mancandomi l’ascolto di altri elementi della formazione, non riuscivo a rendermi conto di cosa in effetti potevano essere stati. Per ricomporre almeno in parte il puzzle ho attinto alle memorie messe su carta da Giancarlo Lorenzini, bassista del gruppo e ho incontrato Filippo Corsi, ai tempi tastierista e voce della formazione. Tramite i loro ricordi mi sono reso conto che il gruppo è esistito per appena tre anni, dal 1965 al 1967, ma tanto è bastato per farlo diventare un mito..

Come si costruisce un mito

A dire il vero il mito degli Angeli Neri era già presente con loro in attività perché come ha scritto a suo tempo Gianluigi “Gigetto” Berardi, mitico musicista e scrittore tifernate da poco scomparso: “Capacità e un po’ di fortuna fecero si che subito riuscissero a catturare molti fans, specie tra i giovani. E questi li seguivano con un entusiasmo che a volte si trasformava in tifo da stadio”. Su tale argomento questo è il pensiero di Filippo: “Il mito è concretamente quello che c’è e che non c’è, che si nutre di qualcosa di irreale; nel caso nostro, anche se a Città di Castello abbiamo suonato poche volte, il mito del gruppo  per i nostri concittadini era rappresentato a quel tempo dal fatto che piacevamo molto ai giovani per il nostro programma e per la grinta che mettevamo nell’ eseguirlo, tanto che fra loro c’era chi ci seguiva in molte trasferte; poi c’era il mezzo con il quale ci spostavamo, una Lancia Flaminia blu, auto che all’epoca non passava inosservata e avevamo un furgone con scritto il nome del gruppo, mentre formazioni della zona con molta più esperienza di noi viaggiavano ancora con gli strumenti posti su un carrello agganciato all’auto”.

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Ma chi erano i componenti della formazione?  Al momento della costituzione del gruppo, nel 1965,  Giancarlo Lorenzini basso, sax,organo e voce, Sergio “Sciga” Capaccioni batteria, Filippo Corsi tastiere e voce, Enzo Galvani chitarra ritmica, basso, armonica e voce  e Gualtiero Zanchi chitarra solista e trombone, erano operativi dai primi anni 60 in varie orchestre di Città di Castello, I Carfasan’s, The Lords, The Marines, I Tifernati, complessi che si formavano e si scioglievano nel corso di una stagione scambiandosi a volte gli elementi e che suonavano principalmente nei locali della zona, posti dove, su tre lati, c’erano le sedie per chi non ballava o per le accompagnatrici delle ragazze, mentre il quarto era occupato dal palco dell’orchestra; stanzoni senza un vero e proprio bar ma solo una mescita e dove le luci della sala erano comuni lampadine. Filippo mi racconta dello stupore e dell’incredulità degli amici tifernati al racconto fatto dai cinque al ritorno dalla loro prima esibizione a Pian Di Scò: “Nel locale dove abbiamo esordito, il 7 Bello, abbiamo trovato luci di due colori, rosse e azzurre con giochi che ne variavano velocità e intensità, tavoli con poltrone comode, tendaggi che miglioravano l’acustica, angolo bar con sgabelli, insomma un altro mondo rispetto ai ritrovi della nostra zona, ed eravamo in un paesino del Valdarno” e continua “Pur di vedere con i loro occhi locali come questo, con noi viaggiavano amici che ci aiutavano a scaricare gli strumenti a titolo gratuito”

Modelli da seguire e riproporre

Un mito ha sempre bisogno di modelli ai quali ispirarsi e gli Angeli Neri li avevano trovati nei gruppi inglesi dell’epoca, Rolling Stones e soprattutto Beatles al punto da volere acquistare strumenti delle stesse marche usate dal quartetto di Liverpool.”La batteria era della stessa marca Ludwig usata da Ringo Star, sia come colore che per il numero dei pezzi” ricorda Filippo “ per trovarla dovemmo recarci da un rivenditore a Livorno dove acquistammo anche chitarre  Rickenbacker sempre sull’orma dei Beatles e un sassofono Buescher, il più caro che c’era in negozio. Ci fece da intermediario Giuseppe Navini, rivenditore locale, fidandosi di noi, già suoi acquirenti seppur minorenni, al quale demmo in cambio i nostri vecchi strumenti molto malridotti dovendo poi firmare cambiali su cambiali, che abbiamo puntualmente onorato. Da buon rivenditore Navini non perdeva occasione per farci pubblicità in qualunque locale andasse, perché in tal modo, pensando di contribuire ai nostri ingaggi, era più certo di essere regolarmente pagato da noi”.

Un mito ha pure bisogno di un manager che sappia come muoversi nell’ambiente. Se per i  Beatles,miti dei cinque giovanissimi tifernati, era stato Brian Epstein, per gli Angeli Neri si materializzò in un pomeriggio di prima estate al dancing Vingone, a metà strada fra Monterchi e Città di Castello, dove i ragazzi suonavano con il nome di I Castellani. Si trattava di un impresario musicale di Arezzo che si faceva chiamare Jonny Golden. “Senza di lui” ricorda Filippo “non ci sarebbero stati gli Angeli Neri, perché noi, oltre che suonare in zona, non avremmo mai avuto l’idea di fare quel che abbiamo realizzato. Dalle divise in stile Beatles, confezionate per noi alla Lebole, agli stivaletti col tacco a come presentarci tutti insieme davanti al pubblico con gli strumenti già accordati pronti per suonare e poi come muoverci sul palco, lui ci ha insegnato tutto. Soprattutto Jonny era molto bravo nel preparare i nostri concerti come fossero avvenimenti”. E naturalmente fu lui a convincere i ragazzi a cambiare nome. Carlo propose  Angeli Neri che fu approvato dal resto del gruppo mentre in estate, provando le nuove canzoni da inserire in  programma, si preparava al debutto previsto per il primo novembre di quell’anno. Il genere musicale che stavano mettendo in scaletta era il beat, esploso anche da noi come “Nuovo modo di espressione dei giovani che si identificavano nei propri idoli,quasi sempre appartenenti ai gruppi musicali più famosi” come a suo tempo ha scritto Carlo Lorenzini, altro componente del complesso. Filippo in un negozio romano aveva trovato alcuni dischi e partiture dei Beatles, cosa non facile da reperire in provincia e i primi brani ad essere inseriti furono quelli, ai quali seguirono pezzi dei Rolling Stones, di Bob Dylan, Jan Baez, Donovan, Chuck Berry,  Animals nonché dei più famosi gruppi italiani dell’epoca.” Era la musica che ci piaceva fare” cito ancora Carlo..Intanto, fra nuova strumentazione, furgone, divise e altre voci, le spese dei cinque ammontavano a circa 8 milioni di lire dell’epoca.

Il debutto e il successo

Venne infine il giorno del debutto. e i giovani castellani poterono rendersi pienamente conto del grande lavoro di preparazione fatto dal loro impresario: “Durante il percorso per raggiungere Pian Di Scò vedevamo i nostri manifesti affissi un po’ dovunque, davanti al locale c’era gente che ci aspettava, sopra l’ingresso una scritta ad arco recitava: Benvenuti Angeli Neri. Incredibile, non ci avevano ancora ascoltato” così racconta Lorenzini e l’attenzione ai particolari anche da parte dei ragazzi destinati al montaggio dell’attrezzatura “Uno di loro” ricorda Corsi “indossava un camice bianco” che col tempo sarebbero diventati veri tecnici del gruppo, fece in modo che soltanto osservando la strumentazione nuova fiammante, i più informati fra il pubblico li giudicassero sicuramente “forti”.

Il successo di quella prima serata fece si che il locale di Pian Di Scò divenne uno dei covi storici dei loro fans, mentre la loro attività, grazie al dinamismo del loro impresario, si estese al fiorentino, al pistoiese, alla Lucchesia e alla Versilia in locali che nello stesso periodo ospitavano anche formazioni famose. Ovunque riportavano consensi e a fine serata si attardavano a firmare autografi ma poi dovevano far rientro a casa perché il lunedì per quasi tutti c’era la scuola da frequentare dal momento che quattro su cinque erano ancora minorenni e non avevano terminato il loro corso di studi.

“Il nostro segreto” è ancora Corsi a ricordare “era la scelta dei brani e la semplicità e accuratezza delle nostre esecuzioni. C’erano complessi molto più preparati, ma noi, facendo prevalentemente attrazione, avevamo un repertorio immediato, eseguito con aggressività e con attenzione ad interpretare con esattezza i testi in inglese”.  A proposito di pronuncia dei testi stranieri racconta Filippo “Noi quando potevamo ci recavamo al Piper di Roma dove una volta trovammo I New Dada, gente che aveva inciso canzoni di successo, i quali, durante la serata, fra i brani eseguirono (I can’t Get No) Satisfaction dei Rolling Stones; ebbene: l’unica parola inglese comprensibile era Satisfaction, il resto era un farfugliamento incomprensibile. E pensare che a me era costata una fatica improba imparare il testo esatto visto che quel pezzo lo eseguivamo pure noi, per non parlare di Like a Rolling Stone di Bob Dylan. Commentammo che non ci saremmo mai cambiati con loro anche dal punto di vista della preparazione musicale”.

A proposito del loro repertorio, gli Angeli Neri si tenevano sempre molto aggiornati con le novità discografiche selezionando con cura i brani da mettere in scaletta. Accadeva a volte che il pubblico chiedesse se il pezzo eseguito fosse una  loro composizione dal momento che, essendo nuovo, non era stato ancora ben ascoltato “È capitato” afferma Corsi “con La Canzone dell’Amore Perduto di Fabrizio de André, per esempio”

Trasferte, curiosità e imprevisti

Nel marzo del 1966, grazie a Jonny, gli Angeli Neri si esibirono a Zurigo nell’ambito di una festa annuale tenuta dagli italiani residenti in Svizzera; furono tre serate di grande successo ma al ritorno, durante il pernottamento a Lugano, il gruppo, avendo deciso per una passeggiata serale nel lungolago fu fermato dalla polizia locale che a causa degli abiti eccentrici e dei capelli lunghi li tradusse in commissariato. Ci volle del tempo per chiarire la situazione e il viaggio per casa riprese il giorno seguente.

Con l’estate per il complesso, sempre grazie al loro manager, arrivarono due ingaggi: il primo sulla riviera romagnola dove Filippo ricorda un episodio curioso: “Avevamo la stessa amplificazione, marca e pezzi, dei Giganti, in quell’’estate eravamo al Cavallino Bianco di Torre Pedrera dove facevamo un’ora e mezza di attrazione che terminava intorno alle 22,30, dopodiché, essendo liberi, andavamo in giro ad ascoltare altri gruppi. In un teatro tenda del posto quella sera dovevano esibirsi i Giganti, con noi c’era il nostro tecnico, il quale, visto che gli stessi componenti del gruppo non riuscivano a far funzionare l’impianto, intervenne e grazie a lui i Giganti poterono effettuare la serata”. Seguì un ingaggio di due mesi al Poseidon, sull’isola d’ Ischia a Forio. “Fu in quella occasione “ dice ancora Filippo “che grazie ad un fotografo svizzero dilettante realizzammo un rullino di diapositive a colori; Senza questa fortunata combinazione non ci sarebbero queste foto perché noi, presi dalle numerose date sull’isola, non avevamo pensato a promuovere la nostra immagine. Fu come sempre il nostro impresario a prendere questa iniziativa”. In occasione di questa trasferta i ragazzi inaugurarono la loro nuova divisa.

Fu l’ultimo periodo insieme al manager che li aveva scoperti, dal settembre successivo nuovi impresari e nuovi manifesti a proposito dei quali Corsi afferma:”Volevamo manifesti a colori ma costavano troppo così abbiamo fatto stampare il nostro logo su carta di diversi colori ottenendo un effetto cromatico di forte impatto”. I nuovi impresari quasi li costrinsero a partecipare ad un Concorso per Nuovi Gruppi Beat che si svolse a Terranuova Bracciolini. A sorpresa risultarono vincitori e il premio era un provino da tenere a Roma alla RCA. Nello stesso periodo furono l’attrazione del Festival di Musica Beat organizzato da Sergio Merendelli “Cibotta” che si tenne a S. Giustino. con tanto di riprese da parte della Rai. Racconta Lorenzini “Quando salimmo sul palco, il pubblico, composto prevalentemente da giovani, si scatenò e iniziò a cantare e ballare le nostre canzoni qualcuno salendo con i piedi sulle poltroncine del locale ripreso dagli operatori Rai. Qualche giorno dopo, visto che non erano state ancora trasmesse le immagini della manifestazione, Cibotta telefonò alla sede Rai di Perugia e venne a sapere che alla sede centrale di Roma le riprese erano state censurate in quanto diseducative per i giovani”

Esperienza romana fra locali chic e studi di registrazione

L’esperienza romana del gruppo inizia..a Firenze, la Firenze disastrata dall’alluvione del 1966 dove i cinque giovani approdano nel novembre di quell’anno per firmare un contratto per 10 serate al La Cabala, ancora oggi uno dei locali più chic di Roma, da sempre frequentato da personaggi del jet set capitolino. Il compito affidato oggi ai vari dj set, quello di far ballare la gente, in quegli anni veniva svolto dalle orchestre e non a caso ho usato il plurale visto che sul palco ad ogni serata si alternavano due formazioni. Fedeli alle amicizie i musicisti, proprio nel periodo di questo importante contratto, avevano promesso la loro presenza al teatro di Città di Castello per un veglioncino studentesco dove dovevano esibirsi come attrazione. A quei tempi, senza E45, occorrevano quattro ore almeno per spostarsi fra le due località ma nonostante la distanza i cinque riuscirono a rispettare entrambi i contratti. Il locale romano, per quanto prestigioso, non era il più adatto per mettere in luce l’esuberante suono della band, perché i musicisti dovevano sottostare a rigide regole per quanto riguardava il volume e la continuità del suono, l’abbigliamento, il contatto con i clienti e altri divieti ai quali non erano abituati. In quel periodo conobbero il maestro Gian Piero Reverberi, all’epoca autore e arrangiatore di canzoni di successo,( in seguito collaborerà fra gli altri con Fabrizio de André, Lucio Dalla, Ornella Vanoni, Lucio Battisti, Mina) il quale, dopo averli ascoltati in un’audizione, li consigliò di trasferirsi a Roma o a Milano “uniche città che possono offrire possibilità concrete per arrivare al successo”. “Capimmo” scrive Carlo “che noi volevamo suonare per divertirci fino a che fosse stato possibile e del resto eravamo felici di entrare in locali dove si erano esibiti artisti di fama internazionale, era già un sogno avverato”.

La loro serata di San Silvestro di quell’anno la tennero in una villa all’Impruneta in onore della squadra di calcio della Fiorentina con un compenso molto cospicuo per eseguire solo qualche canzone.” In compenso”, racconta Lorenzini, “sopra un biliardo era apparecchiato ogni ben di dio fra liquori di marca e specialità gastronomiche; al termine della serata, visto che erano avanzate molte buone vettovaglie, i nostri tecnici provvidero a trasferirne gran parte nel furgone, così, sulla via del ritorno, giunti al passo dello Scopetone, facemmo colazione con olive, crostini e fiaschi di chianti”.

E nella tarda primavera venne il giorno del provino per la RCA in via Tiburtina a Roma; i giovani musicisti per la prima volta suonarono e cantarono ascoltandosi in cuffia e non dagli amplificatori e si resero conto della qualità delle loro esecuzioni solo quando i tecnici fecero loro ascoltare il risultato del mixaggio. “Non avemmo” è ancora Lorenzini a ricordare “la prontezza di spirito di chiedere una copia dei provini che sono stati poi eliminati dopo qualche anno”. In quell’occasione ci fu l’incontro con Gianni Boncompagni che dette loro appuntamento per l’ottobre successivo nell’intento di fare qualcosa insieme ma il gruppo si sciolse a settembre.

L’estate della fine

Ingaggio estivo 1967 di nuovo ad Ischia ma stavolta a Lacco Ameno, Da Marietta, Solito successo di pubblico e una scenetta che si ripeteva ogni sera: “Il personaggio più divertente del locale” ha scritto Carlo “era il barista, giovane elegantissimo con giacca bianca e cravatta nera di sopra, costume da bagno e ciabatte infradito sotto. Dall’altra parte del bancone si vedeva solo la sua parte superiore. Durante l’intervallo ci recavamo al bar pieno di gente e Sergio chiedeva il liquore che stava nella mensola più alta così il baraman era costretto ad inventare le scuse più incredibili pur di non salire e mostrare a tutti la sua parte inferiore”

In tale occasione il gruppo iniziò ad eseguire brani di rhythm and blues con Gualtiero che passava dalla chitarra al trombone e Carlo dal basso al sax. Era un’ulteriore evoluzione del gruppo sempre attento ai gusti del pubblico che in quel periodo stavano cambiando ma nello stesso tempo erano mutati anche quelli di alcuni componenti della band. Così, al termine del contratto, Gualtiero, Sergio ed Enzo misero al corrente gli altri due componenti del complesso, riguardo la loro intenzione di formare un nuovo gruppo con un cantante per suonare il nuovo genere che si stava imponendo: l’Hard Rock, inutilmente dissuasi da Carlo e Filippo. Quella, d’altro canto, fu un’estate decisiva anche per i loro primi idoli,: i Beatles, che con l’album Sgt Pepper’s Lonely Heart Club Band, avevano messo una pietra tombale sul fenomeno beat e con la scomparsa del loro manager si sarebbero presto sbandati, così, opinione personale, penso che l’abbandono di Jonny Golden alla lunga abbia nociuto alla compattezza del gruppo tifernate. L’opinione di Filippo Corsi è che il mutato stile musicale non li vedeva preparati ad affrontarlo con gli stessi ottimi risultati  ottenuti con il beat.

Negli anni ottanta alcuni elementi insieme a nuovi compagni hanno rispolverato Il nome Angeli Neri che ha funzionato da richiamo fino a pochi anni fa in formazioni nelle quali c’erano alcuni dei vecchi componenti del gruppo originale, segno che il mito non si è offuscato nel tempo. Ma questa è un’altra storia

Gli Angeli Neri nel 1992

Nel 1992 c’è stata, per motivi umanitari, l’unica “reunion” della formazione originale per un unico concerto al Clover di Lama; Sergio Capaccioni è venuto a mancare nel 2014.

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