Entrando nella sede della Società Filarmonica dei Perseveranti, si può notare come l’ambiente si fonda perfettamente col centro storico biturgense che la circonda. Un’unione fra banda e città che, come spiega l’attuale direttore Andrea Marzà, esiste da sempre: “La Società è nata, come vera e propria orchestra, nel 1828, in un momento storico in cui in tutta Italia c’era grande fermento artistico e musicale. In particolare, quello è stato anche il periodo d’oro di Sansepolcro, sia a livello economico che culturale e sociale. Basti pensare che la Buitoni è stata fondata nel 1827 e il Teatro Dante è stato inaugurato nel 1832. All’epoca far parte della società era considerato un fiore all’occhiello per un biturgense e segno di uno status importante in città. Anche perché le spese per potersi permettere uno strumento o la divisa erano obbiettivamente alte. Nei decenni l’attività è stata ricchissima e ininterrotta, se si esclude il periodo della Seconda Guerra Mondiale. Persino in questo periodo di pandemia ci siamo organizzati con suonate su Google Meet e prove nei giardini cittadini fino a tarda sera, per il disappunto dei borghesi”, scherza Marzà.
Il direttore rappresenta indubbiamente lo zoccolo duro della Filarmonica, avendo cominciato a suonarvi già nel 1962: “Quando io sono entrato in banda, l’ho fatto insieme a una decina di coetanei. Quei dieci di allora sono rimasti, anche se oggi cominciano ad essere un pochettino avanti con gli anni. Il senso di appartenenza a un gruppo è un valore che noi consideriamo sempre moltissimo e che si può sviluppare solo col tempo. Al momento del mio ingresso ho trovato persone che sono state per me una guida, non solo a livello musicale ma anche per quanto riguarda il comportamento e questo aspetto è ancora centrale. In fondo, in realtà come la nostra non è raro vedere un bambino e un pensionato che eseguono lo stesso spartito. È questo che differenzia la banda da una scuola di musica”.
“Attualmente abbiamo un gruppo davvero affiatato, capace di spaziare fra moltissimi stili musicali. Il punto debole però è la mancanza di ricambio”, spiega Marzà parlando della Società Filarmonica di oggi. “Al momento siamo in grado di soddisfare richieste sia a livello qualitativo che quantitativo, ma la domanda è: dopo di noi? Purtroppo ultimamente è mancata un’immissione da parte delle scuole. Il problema non è il numero di ragazzi iscritti, ma che se si va a vedere si nota una totale assenza di bambini che studiano strumenti a fiato, mentre abbondano pianoforti, chitarre e archi. Dopo le medie molti giovani smettono o altri, fortunatamente, continuano ma preferiscono altre realtà. Però bisogna essere fiduciosi, perché questi sono periodi che i gruppi come il nostro attraversano da sempre”.
“Anche solo il fatto di permettere agli studenti di continuare il proprio percorso musicale dopo le medie cambierebbe di molto le cose. Ci sono anche scuole, come Novamusica o il Centro Studi Musicali della Valtiberina, che stanno facendo un buon lavoro. Per esempio, a un certo punto, nella storia della Filarmonica c’è stata la divisione del settore fiati da quella archi e questi ultimi hanno finito per scomparire da Sansepolcro per anni. Ora invece a Novamusica è stato creato un gruppo di giovanissimi suonatori di archi, che è stato anche a fare concerti all’estero, e in ballo c’è anche il progetto di fare qualcosa insieme.”
Nell’immediato futuro, invece, ci sono già alcuni impegni che copriranno il periodo primaverile ed estivo: “Avremo un concerto il 15 maggio ad Arezzo, organizzato in un ambiente acusticamente importante. Poi il 18 giugno saremo a Villa Pitignano, in una serate che comprenderà anche altre bande. Questi sono gli appuntamenti già fissati, ma col ritorno delle Fiere di Mezza Quaresima dovremmo essere coinvolti. C’è in ballo anche la partecipazione a un concerto dedicato a noi ai nuovi spazi del Campaccio e collaborare insieme agli attori di Laboratori Permanenti in un’altra esibizione”.
La Filarmonica si inserisce in una scena artistica biturgense che appare in decisa ripresa, anche se non esente da difficoltà: “Ciò che mancano sono gli spazi”, afferma Marzà. “L’Auditorium di Santa Chiara è un bell’ambiente, ma non adatto a un gruppo. Il Teatro della Misericordia è valido, ma può accogliere poca gente. Però presto dovrebbe essere inaugurato il nuovo Auditorium al Campaccio, che pare conterrà un buon numero di spettatori. Fortunatamente noi quest’anno siamo riusciti a fare il Concerto di Santa Cecilia al Dante, ma solo grazie al finanziamento dell’amministrazione comunale, a cui dobbiamo dire grazie. Negli ultimi anni ci siamo esibiti al Regina Elena, ma quest’anno, per via del Covid, non avremmo potuto per ragioni di spazio. Ciò che manca a Sansepolcro, che invece hanno in altre realtà vicine, è un teatro comunale”.
“In definitiva, penso che, al di là del discorso musicale, in una banda ciò che è importante è la voglia di suonare insieme e portare sempre idee nuove, in uno scambio continuo con i propri compagni ma anche con realtà differenti”, spiega Andrea Marzà nella sua chiusa finale. “In futuro spero anche che ci possa essere un cambio di direttore, perché no. Anche chi dirige è sempre uno come gli altri, e magari qualcuno di più giovane potrebbe portare qualcosa di ancora differente”.