Critiche alla Casa della salute, i medici non ci stanno

“Tantissimi servizi e di alto livello, non si può ridurre la nostra attività al solo centralino, su cui siamo comunque intervenuti. Nessuno svantaggio per i cittadini e per la Asl dall'ubicazione in luogo privato”

Alcuni medici della Casa della salute: da sinistra Piomboni, Eleonori, Pellicanò e Mariani

La Casa della salute “Il Borgo” è nata nel 2018 nei locali di Via Montefeltro a Sansepolcro, al secondo piano dell’immobile del Centro commerciale Valtiberino, negli stessi ambienti in cui già in precedenza alcuni medici svolgevano attività ambulatoriale. Proprio la collocazione della Casa della salute in un luogo di proprietà privata ha costituito fin da subito oggetto di polemica. La battaglia per il trasferimento del servizio in un luogo pubblico è uno dei capisaldi del locale Movimento 5 Stelle, che si è più volte attivato in questa direzione, ma è stata sposata anche dal Partito democratico e in ultimo dalla Lega, che ha di recente annunciato un’interrogazione in merito in Consiglio regionale. Ma non è solo per questo tema che la Casa della salute è tornata spesso al centro del dibattito: critiche avanzate da forze politiche o organi di stampa hanno infatti toccato anche i servizi prestati, gli spazi a disposizione, i tempi di attesa del centralino telefonico. TeverePost ha incontrato alcuni dei medici che operano alla Casa della salute “Il Borgo” per approfondire il tema sentendo anche il loro punto di vista.

Luogo pubblico o luogo privato

“Chi parla di luogo pubblico dovrebbe dire quali sono le ipotesi praticabili”, premette il dottor Moreno Piomboni. “Del resto all’inizio il luogo pubblico fu cercato e non fu trovato”, ricorda il dottor Giuliano Checcaglini, che poi risponde alla domanda su cosa cambierebbe nella pratica se il servizio fosse in locali non privati: “Se fossimo in una struttura pubblica la Asl tratterrebbe cinque euro a paziente per le spese. In questi cinque euro che noi riceviamo ci sono compresi affitto, luce, acqua, pulizie, tutta la manutenzione, i computer, i toner, il telefono, le suppellettili. Senza considerare che le Case della salute fatte nelle strutture pubbliche hanno richiesto investimenti iniziali di centinaia di migliaia di euro. Per adeguare i locali di Via Santi di Tito o trovare uno spazio all’ospedale occorrerebbero investimenti notevoli, mentre qui la Asl non ha speso nulla. È evidente che per la parte pubblica conviene più avere a disposizione una struttura come questa che farsela da sé”. È la dottoressa Danila Eleonori a puntualizzare che la cifra si traduce in 7.500 euro annui a medico, visto che i cinque euro sono calcolati sul massimale di 1.500 pazienti, a fronte di “spese per i medici di 5.200 euro al mese solo di affitto”. “Un’altra cosa che viene ripetuta spesso – dice la dottoressa Angela Pellicanò – è che abbiamo voluto fare la Casa della salute per forza qui, altrimenti non l’avremmo fatta. Questa notizia non è corretta, tra l’altro esistevamo già da prima come associazione e a livello di lavoro ed economico non ci è cambiato molto”.

I servizi

Passando a parlare dei servizi offerti dalla Casa della salute, dove operano sette medici (fino a pochi giorni fa otto), cinque infermiere, cinque assistenti di studio e un addetto alle pulizie, Checcaglini puntualizza che “tutti i servizi previsti dal contratto sono attivi, anzi da tempo è stata comunicata alla Asl anche la disponibilità ad ospitare assistenti sociali e medici specialisti, senza mai aver avuto riscontro”. Nel fornire numeri sull’attività della Cds, il coordinatore dei medici parte dal servizio di prenotazione: “Il cup fa oltre 1.300 prenotazioni mensili, ed è un servizio fondamentale: esci dall’ambulatorio e prenoti nello stesso luogo, se c’è qualche problema lo risolvi immediatamente. Siamo aperti dodici ore al giorno, dalle 8 alle 20, abbiamo ruotato gli orari di ambulatorio in modo che per 10 ore sia sempre presente almeno un medico, e nelle altre due ore c’è sempre un reperibile per fare fronte a qualsiasi necessità”. I dati forniti mostrano inoltre che ogni medico riceve in media 575 assistiti al mese, con numeri più alti nei mesi invernali. Per quanto riguarda la medicina d’iniziativa, cioè seguire attivamente persone con patologie croniche con percorsi personalizzati, Checcaglini spiega che “si tratta di un servizio obbligatorio per le Case della salute, e nel nostro caso riguarda 1866 assistiti affetti da diabete mellito, bronchite cronica, ictus e Tia, scompenso cardiaco, ipertensione con alto rischio o eventi ischemici pregressi”. Si parla poi delle vaccinazioni: per quanto riguarda quella antinfluenziale, “dal 12 ottobre, facendoli anche il sabato, ne abbiamo somministrati oltre 4.000”, dice Checcaglini: “ne dovremmo fare altri ma per ora sono finiti i vaccini. Facciamo poi antitetanica, antidifterica, antipertosse, riducendo i tempi di attesa previsti per la somministrazione da parte della Asl, che sono di circa tre mesi. Poi abbiamo una medicheria che fa primo soccorso, medicazioni, rimozioni di punti e altri interventi. Quello che avevamo concordato nel contratto – riassume il dottore – riteniamo di averlo portato avanti tutto e bene. Facendo anche più di quanto previsto, per esempio abbiamo fatto 250 esami seriologici per il personale docente e non docente delle scuole e continuiamo a farli, gratuitamente. La Asl non ce la faceva e ci ha chiesto se eravamo disponibili”.

“In più facciamo elettrocardiogramma, holter pressorio, holter cardiaco, polisonnografia, dermatoscopio e spirometria con il sistema di telemedicina – aggiunge – Per il momento è a pagamento ma dovrebbe partire come servizio con il rinnovo del contratto nazionale dei medici di medicina generale. Però per poterlo fare bisogna essere pronti e organizzati in team”. Questo ricollega a un’altra problematica: “Tutto oggi va verso il lavoro in team, eppure i medici possono scegliere se stare qui o aprire l’ambulatorio per conto proprio – spiega Checcaglini – e infatti un nuovo medico si è spostato a Porta Fiorentina. In questo modo però si crea una situazione per cui ci sono dei cittadini che ricevono dei servizi e altri no”. “Nel 2018 – aggiunge a questo proposito Eleonori – si diceva che tutti i medici sarebbero venuti qui, invece sono state perse convenzioni. Questa Casa della salute non a caso ha dieci ambulatori: abbiamo affittato anche locali che non avevamo proprio per avere spazio per tutti i dieci medici di Sansepolcro. Invece da otto siamo passati a sette, e bisognerà vedere cosa succederà man mano che andremo in pensione, la Casa della salute potrebbe anche andare a finire”. La questione è più generale: “In realtà a Sansepolcro non spettano neanche più dieci medici”, specifica Checcaglini: “li ha persi perché il calcolo comprende anche le zone periferiche della valle: se un medico a Sestino ha 900 assistiti in teoria può prendere altri pazienti, ma certo è molto difficile che una persona di Sansepolcro prenda il medico a Sestino”. “L’azienda ci ha chiesto la disponibilità di fare ambulatorio anche a Caprese e Pieve Santo Stefano – aggiunge Pellicanò – Il fatto che a Pieve manchino i titolari delle convenzioni e ci siano sostituti fa capire che se un territorio non lo rendi appetibile, alla lunga resterà senza medici e si creerà un grande disservizio”.

Il centralino

Una critica che compare spesso nei giornali e nei social è quella legata ai tempi di attesa al centralino telefonico. Anche qui i medici forniscono dati: “Le cinque assistenti di studio – oltre ad accogliere gli assistiti che accedono di persona, a preparare terapie ripetitive per una media di 245 al giorno, a consegnarle o a spedirle via sms o email – rispondono a 3.253 telefonate a settimana, evadendone circa la metà”. Il resoconto è dettagliato: “Il tempo medio di attesa è di 5’46”, mentre il tempo medio dopo il quale viene abbandonata la telefonata è di 1’44”. Il picco è stato quello del 19 ottobre, con 2.837 telefonate, per gestire le quali, dice Eleonori citando il gestore, “sarebbe necessario un call center di 15 persone”. “Indubbiamente c’è da aspettare – sintetizza Checcaglini – ma anche se chiami un medico singolo, o un reparto in ospedale, non è che rispondono subito. Ad ogni modo ci siamo interrogati molte volte su come migliorare, e da una settimana abbiamo attivato un numero Whatsapp per comunicazioni rispetto a cui non serve parlare con qualcuno, per esempio chiedere una ricetta o ripetere analisi. Questa funzione sta avendo successo, riceviamo molti messaggi, quindi dalle 13 alle 15 e dalle 18 alle 20 il personale si occupa di seguire questi messaggi e preparare le ricette. Speriamo in questo modo di aver migliorato la situazione”, conclude.

Gli spazi

Un altro punto via via emerso è quello dell’adeguatezza o meno dei locali della Casa della salute. “Questa è una polemica strana – dice Checcaglini – perché se confrontiamo questa con tante altre Case della salute presenti in questo territorio, ma anche in provincia e non solo, la possiamo definire una reggia. In altri posti si trovano ambulatori piccolissimi, a volte senza finestre, ingressi in comune con Rsa, ma per qualche ragione tutte le critiche si concentrano sulla nostra struttura”. “Qui non ci sono barriere architettoniche – sottolinea Eleonori – c’è l’ascensore, c’è il parcheggio, ci sono posti per portatori di handicap. Inoltre appena si esce siamo in centro, quindi è un luogo molto comodo da raggiungere. Al contrario l’ospedale è decentrato, specialmente per anziani che magari si spostano a piedi, mentre la struttura di Via Santi di Tito è priva di parcheggi”.

“Al di là di essere in una struttura privata la nostra attività professionale è integra e io non posso concepire che sia ridotta al centralino o a una malagestione dei tamponi”, dice Pellicanò toccando un altro dei temi che era venuto fuori nei giorni scorsi. Rispetto al quale ricorda che “quello dei tamponi rapidi era un servizio di screening, non di diagnostica, vuol dire che veniva fatto a quelle persone che avevano dei dubbi, che magari erano stati fuori e volevano rientrare, o che avevano un anziano in casa. Avevamo abbracciato un concetto nazionale anticipandolo. Ora è diventato ufficiale e ci viene richiesto di farlo”. “I locali che prima non andavano bene ora andrebbero bene”, chiosa Eleonori.

I problemi della sanità

Il discorso si sposta poi più in generale sulla sanità in Valtiberina. “Ci sono tante problematiche – dice Checcaglini – a partire dai servizi ospedalieri, la cardiologia, la chirurgia, la medicina senza primario. Spesso i nostri pazienti per eseguire prescrizioni vengono mandati a Cortona, a Bibbiena, a Montevarchi, è diventato normale. Alcuni ci vanno ma altri non se la sentono, hanno problemi ad andare così lontano”. “Sono questioni che solleviamo perché le vediamo in prima persona, siamo il primo contatto con il paziente – spiega Pellicanò – Richiedi un esame con priorità a dieci giorni, Sansepolcro non la riesce a garantire quasi mai e il paziente viene mandato in altri posti. In questo modo la gente spesso sceglie di rivolgersi al privato”. “All’ospedale abbiamo personale prestato da Arezzo – ricorda Piomboni – mandato a fare prestazioni ambulatoriali. Per esempio fino a poco tempo fa avevamo tre chirurghi stabili, sono andati in pensione e non sono stati sostituiti. Abbiamo perso figure professionali che garantivano servizi di qualità, e oltre a questo si sono persi posti di lavoro: era gente che abitava nella zona perché aveva il lavoro in ospedale. Lo stesso vale per la cardiologia: di quattro cardiologi esperti ne è rimasto uno solo e un altro part-time”. Ma altri esempi vengono forniti riguardo ad altre figure professionali, dagli assistenti sociali al neuropsichiatra infantile. Altro capitolo è quello dell’ospedale di comunità, chiuso ormai da mesi. Dice Pellicanò: “All’ospedale di comunità, dove c’erano le infermiere 24 ore su 24, ci occupavamo di gestione e terapia del paziente subacuto. Adesso questo servizio non c’è e quando si libera un posto in una Rsa, magari a Siena o a Bibbiena, vengono proposte queste varianti”. Tante problematiche correlate anche al fatto che, spiegano i medici della Cds, “mentre non sono istituzionalizzati i rapporti con la vicina Città di Castello, noi siamo l’ultimo lembo della Toscana, abbiamo il direttore del nostro distretto ad Arezzo, e anche la creazione dell’Area vasta ci ha ulteriormente messo ai margini”.

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