Guido Galletti: “Virus una montatura, riaprire subito tutto”

Il consigliere comunale di Pieve Santo Stefano a TeverePost: “Siamo già in notevole ritardo, futuro molto preoccupante”

Guido Galletti

Immagine tratta da Facebook

Dopo essere stato uno dei tre candidati a sindaco di Pieve Santo Stefano alle elezioni dello scorso anno, Guido Galletti siede ora all’opposizione della Giunta guidata da Claudio Marcelli. TeverePost lo ha intervistato a completamento di una panoramica sul mondo politico del comune valtiberino, dopo aver sentito nei giorni scorsi il sindaco e il consigliere comunale Giacomo Benedetti.

Com’è cambiata la sua attività di Consigliere?

“La mia attività come Consigliere comunale è stata congelata dalla pandemia. Ho provato a dare suggerimenti, tipo creare un comitato cittadino di emergenza, perché ritengo che la situazione sia molto più grave di quello che sembra. Ma come immaginavo tutto è caduto nel vuoto perché questa amministrazione, come la precedente di cui è figlia, non ammette di giovarsi delle minoranze. Non si è capito che maggioranza e minoranza sono concetti del secolo scorso. Tra l’altro, non per fare polemica, aspetto al varco il sindaco perché avevo chiesto di fare la seduta del Consiglio comunale in streaming e metterla su YouTube: ora voglio vedere se la prossima verrà fatta online oppure verrà convocata in presenza. In quel caso non ci andrò. Ma per principio, non perché creda nel virus, che è tutta una montatura”.

Su questo torniamo più avanti, prima inquadriamo la situazione generale a Pieve Santo Stefano.

“Pieve Santo Stefano rappresenta molto bene il tessuto nazionale, lo rappresenta politicamente quando ci sono le elezioni e lo rappresenta anche in questo momento. La gente ha obbedito passivamente agli ordini impartiti dal Governo, ci siamo tutti chiusi in casa, ma credo che siamo arrivati a un livello di saturazione. Se non si torna alla normalità qualcuno andrà fuori di testa. Per cui il 5 maggio sarà una data importante per rinascere. Anche se sono molto pessimista sulla rinascita economica di questo Paese, perché ho paura che questa volta non ce la facciamo, la vedo così”.

Come giudica l’operato dell’amministrazione comunale durante questa emergenza?

“Il sindaco, per quanto riguarda per esempio la RSA, si è mosso con il principio della cautela, pertanto ha chiuso immediatamente e ha fatto molto bene. Devo fargli un plauso per questo. Poi non essendo che un piccolo sindaco di un piccolo paese della provincia sperduta di Arezzo, al confine tra tre o quattro province al limite della Toscana, non fa altro che attenersi agli ordini che vengono dall’alto, provincia, regione, protezione civile. Fa bene a fare così, perché non c’è altra strada. Avrei fatto la stessa cosa”.

“Adesso sta raccogliendo soldi dai privati. Non condivido perché il comune è in buonissimo attivo e non avrebbe bisogno, ma lo accetto, capisco bene che per i comuni è difficile gestire i soldi secondo leggi capestro. Ecco, vorrei che il sindaco trovasse soldi per dare dei bonus a chi lavora alla residenza protetta di Pieve, soprattutto i dipendenti della cooperativa. Su oltre 20.000 euro raccolti, vorrei che si trovassero 500 euro a testa da dare a tutte le persone che lavorano alla RSA di Pieve, perché se lo meritano veramente”.

Come valuta le scelte del Governo e della Giunta regionale?

“Io sono un dipendente pubblico e almeno in questo momento mi sento un privilegiato. Sia a livello regionale che a livello statale chi prende le decisioni non ha idea di come funzionano le aziende, perché è gente che fondamentalmente non ha mai lavorato. Non condivido nessuna delle decisioni prese dal governo, è un governo fantoccio di uno stato in mano ai mercati. In questo momento non vorrei avere un bar o un’attività che ha che fare con la gente. Non perché questo virus ammazzi perché non ci credo, per me è tutta una presa in giro. Ma perché con le leggi che ci sono e che stanno proponendo e mettendo in atto renderanno tutto impossibile. Sono molto preoccupato”.

Cosa andrebbe fatto fin da subito e nelle prossime settimane?

“Riaperto tutto e ripresa la vita normale. Non sono uno scienziato e non ho studiato queste cose, però mi sono fatto questa idea: questo virus l’hanno sparso volutamente. Per fortuna non è un virus che uccide tipo Ebola. Se tu hai le difese immunitarie a posto ti passa dentro e ti crei i tuoi anticorpi, se hai le difese immunitarie leggermente compromesse ti fa venire la febbre, se hai le difese immunitarie altamente compromesse o altre patologie gravi ti ammazza. Questo è il mio pensiero. Pertanto io ritengo che andrebbe riaperto tutto. Secondo me siamo già in notevole ritardo, perché ci sarà una selezione grandissima nelle aziende italiane. In casa ho due partite IVA, quindi, pur essendo un dipendente statale, ho molta paura per il futuro dei miei figli”.

Volevo chiederle un commento su uno temi che sono stati più caldi a Pieve, quello della continuazione dell’attività da parte della Tratos, ma alla luce di quanto dice immagino che sia d’accordo con la scelta dell’azienda.

“Esatto. Lì ci lavora circa una persona per ogni famiglia di Pieve Santo Stefano, pertanto è difficile non schierarsi. Però io sono sempre stato abbastanza contrario alle logiche politiche e di amministrazione di Bragagni. Ma questa volta devo dargli ragione. Mi metto nei panni di un amministratore che ha centinaia di dipendenti. Non si può chiudere l’attività completamente perché si va nel caos. Ci vogliono i protocolli individuali di protezione ma quelli ci devono già essere da prima, per cui non vedo nessun problema. Per lo meno avrei completato le commesse aperte, poi avrei tenuto aperti gli uffici o le sezioni lavorative più strategiche mandando a riposo il resto del personale per attenersi alle leggi dello stato. Che comunque non condivido”.

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