Marco Santioni: “Il sax? Uno scherzo”

Oggi vi parliamo di uno dei più bravi, simpatici e longevi sassofonisti Valtiberini, per tantissimi anni colonna dell’orchestra Albertino, apportatore di allegria anche grazie al suo carattere che coinvolge i ballerini e gli spettatori durante le sue esecuzioni

Marco Santioni

Parlare con Marco Santioni per preparare questo articolo è stato come ritrovare un amico di antica data dal momento che entrambi proveniamo dallo stesso paese dove, essendo coetanei, abbiamo trascorso insieme infanzia e prima giovinezza. Sentire da lui citare nomi di chi, in un periodo ormai lontano, lo ha iniziato alla musica, è stato una specie di viaggio nella macchina del tempo, così come constatare che il suo carattere, il suo modo di vedere la vita in senso sempre positivo e divertente, è rimasto immutato; il musicista era da ragazzo, ed è tutt’ora, di una simpatia unica.

Inizi paesani

Marco ha iniziato giovanissimo ad interessarsi di musica entrando a far parte della banda di Pieve Santo Stefano come clarinettista sotto la guida del compianto maestro “Berto” Leonardi, molto bravo e paziente come insegnante, coadiuvato al clarinetto da Tersilio Serenari che di professione scolpiva le lapidi per il cimitero locale. Marco era entrato nella banda a 11 anni sulle orme del padre che nella formazione suonava il basso tuba e dal momento che suonare oltre a piacergli, gli veniva naturale, dopo qualche tempo iniziò ad esercitarsi al sassofono entrando nel contempo a far parte di un complessino locale insieme ad alcuni amici del posto, Marco Bonucci, Assuero Barbagli, Mario Brazzini.

Marco lavorava di giorno e di notte studiava musica da autodidatta e a tal proposito dice: “Ho conseguito un diploma di armonia complementare a 30 anni da privatista presso il conservatorio di Perugia. L’ho fatto più che altro per una soddisfazione personale. Non ho potuto frequentare il conservatorio anche se mi sarebbe piaciuto molto, i tempi erano quelli di una dignitosa povertà e quando dissi a mio padre che volevo frequentare il conservatorio lui mi rispose: cos’è? Un posto dove fanno la conserva?” Il gusto per la battuta è evidentemente sempre stato un vizio di famiglia.

Dato che suonare gli piaceva molto, con i primi soldi guadagnati con il lavoro, Marco acquistò un sassofono pagandolo a rate e, visto che questo strumento lo sentiva confacente al suo modo di fare musica, lo ha studiato a fondo da autodidatta e prendendo qualche lezione ad Arezzo dal maestro Italo Marconi, notissimo sassofonista jazz, insegnante al conservatorio di Bologna, prematuramente scomparso, mentre per quel che riguarda il clarinetto, ne ha affinato la conoscenza con l’aiuto del maestro Fabio Battistelli di Città di Castello, che, a quanto Marco afferma, è stato fondamentale perché il clarinetto da concerto ha tonalità diverse rispetto a quello da banda.  Nel frattempo a livello locale si era sparsa la voce di questo giovane che a detta dei compaesani “sapeva suonare davvero bene” anche se lui, con la sua consueta modestia riconosce che una cosa è l’apprezzamento, un po’ campanilistico, da parte della gente del posto mentre tutt’altra cosa è confrontarsi fuori dal proprio circondario.

A 19 anni, chiamato al servizio militare, Marco era entrato nella banda del 40° reggimento fanteria di stanza a Bologna, subito apprezzato dai suoi superiori, oltre che per la tecnica, per il fatto che era in grado di suonare due strumenti, clarinetto e sax, ingaggiato fin da recluta come componente della banda che suonò gli inni in occasione del giuramento dello scaglione anteriore al suo. Grazie a questo fatto, appena dopo 10 giorni di naia, ottenne, insieme ad un compagno di banda, 48 ore di permesso che entrambi decisero di trascorrere a Milano. Sulla via del ritorno (in treno) Marco scese regolarmente a Bologna mentre il suo compagno si rese conto di aver sbagliato stazione solo all’arrivo a Roma. Sempre nel periodo militare vennero ad ascoltarlo da Brescia rappresentanti della banda musical della Guardia di Finanza che lo invitarono ad unirsi alla loro formazione, unico vincolo, raffermarsi. Lui, sapendo di avere un lavoro pronto al rientro a Pieve Santo Stefano, declinò l’invito e per questo fu aspramente rimbrottato dal proprio comandante.

Con Albertino è tutta un’altra musica

Marco Santioni entrò a far parte dell’orchestra del maestro Albertino per una circostanza singolare. Il maestro era reduce dalla tournee in Svezia, Finlandia e Norvegia e una volta rientrato in Italia aveva trovato lavoro come impiegato alle poste dove aveva come collega Graziano, il fratello di Marco che gli parlò di lui. Albertino fu invitato a casa di Marco per suonare la fisarmonica ad una di quelle feste che una volta si svolgevano presso privati e in tale occasione, sentendo suonare il sax da Marco “Scuotendo la testa” come afferma lo stesso sassofonista “Mi disse:bravo Santioni, così come si direbbe per cortesia. Solo quasi dopo un anno, accompagnato da Silvio Gennaioli, pievano che suonava nel gruppo del maestro, Albertino mi ingaggiò mentre mi trovavo sul posto di lavoro, era il 1974. Sono rimasto con lui per 27 anni ininterrottamente, pur avendo avuto in questo lungo periodo proposte da parte di orchestre molto quotate nel campo della musica ballabile” e prosegue: “Con Albertino ho fatto molte esperienze e mi sono tolto molte soddisfazioni, suonare con lui era accompagnare un musicista di livello mondiale, bravissimo dal punto di vista tecnico e dotato di una inventiva, di una capacità di armonizzazione ancora ineguagliate da nessun fisarmonicista. Le sue variazioni sono ancor oggi studiate dai musicisti e negli spartiti sono codificate come: alla Albertino”.

Fra le cose più singolari che gli siano capitate durante la sua permanenza nell’orchestra di Albertino Marco ricorda con piacere misto a stupore una trasferta in Calabria dove il gruppo era alloggiato nello stesso albergo, il Virginia, dove si trovava in ritiro la squadra di calcio del Cosenza, allenata in quell’anno dal mitico Franco Scoglio, un nome completamente sconosciuto per lui, digiuno di calcio. A pranzo nell’hotel ricorda: “C’erano due camerieri per ogni componente dell’orchestra a servirci e io non riuscivo a capire tutto quello spreco di organico” Non aveva mai alloggiato prima in un albergo di lusso.

La ”presa” di Marco sul pubblico, oltre che dalle notevoli capacità interpretative, dipende anche dal modo scherzoso col quale si interfaccia con chi lo sta ad ascoltare, pregio di un carattere allegro, un po’ birichino e allusivo. che cattura il sorriso dello spettatore. Marco esprime attraverso il sax tutta l’esuberanza del suo carattere.

Suonare nell’orchestra di Albertino comportava a volte autentici tour de force, come quella estate a Chianciano agli stabilimenti termali, quando per un mese di fila Marco fu impegnato a suonare  tutte le mattine dalle otto e trenta a mezzogiorno al “Parco Acqua Santa” dove stazionavano ogni giorno in media 3000 persone per le cure, accompagnando il maestro Ermes Losi, fisarmonicista livornese, campione mondiale dello strumento, presenza fissa negli anni 90 nella trasmissione TV della Rai “La vita in Diretta”, poi dalle 15,30 alle 17, 30 con l’orchestra Albertino al parco Fucoli, infine dalle 21 a notte fonda al teatro Nervi, salone delle feste dello stabilimento, alternativamente con le fisarmoniche di Ermes e Albertino.

 Sempre a Chianciano, Marco col suo sax ha fatto da sottofondo alle conferenze tenute da Bruno Vespa. In un’altra occasione, alla fine degli anni 70, a Capalbio, in Maremma, durante una serata dell’orchestra, si presentò sul palco Domenico Modugno, inizialmente seduto fra il pubblico, che si fece accompagnare da Marco e dagli altri per cantare alcuni suoi successi.

Ricorda ancora il sassofonista: “Albertino chiedeva tanto ai suoi orchestrali ma era molto democratico in fatto di spartizione dei compensi, lui incassava la stessa cifra di tutti gli altri”

Lo zio Marco trova la zia

Una volta ritiratosi Albertino, Marco ha proseguito l’attività come “mercenario” come si definisce lui stesso riguardo quel periodo, suonando con orchestre romagnole come Vincenzi, e altre di quelle parti, con gruppi del perugino e con qualunque orchestra che richiedeva la sua collaborazione, in definitiva trovandosi impegnato sul palco quasi tutte le sere della settimana, poi, 13 anni fa, ha fatto un incontro con Monica, una bravissima cantante del posto che si esibiva con un fisarmonicista. Dopo una partecipazione in trio al carnevale di Sansepolcro  Marco e Monica hanno formato un duo. “Lo Zio e La Zia”, che per circa 11 anni ha fatto ballare e divertire il pubblico in innumerevoli serate sempre di gran successo. Adesso dice Marco “siamo fermi causa pamdemia ma io mi tengo sempre in allenamento nello studio che ho approntato a casa mia.”

Col tempo Marco è diventato davvero un polistrumentista di vaglia, suona indifferentemente sax tenore, contralto,clarinetto e flauto, anche quest’ultimo strumento imparato da autodidatta attraverso metodi di apprendimento su pentagramma. Dice oggi di se stesso: “Quello che volevo l’ho raggiunto anche se” prosegue un po’ scherzando “mi sento un musicista di serie c, comunque pronto a rimettermi in pista appena questo momento sarà passato.

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