Transnistria, uno Stato che nelle carte geografiche non esiste

Con oltre mezzo milione di abitanti, la Repubblica Moldava di Pridnestrov'e è uno dei territori non riconosciuti più popolosi d’Europa e occupa una posizione particolarmente strategica

Tiraspol', monumento alla vittoria nella seconda guerra mondiale

Le poche righe pubblicate nell’articolo della scorsa settimana dedicate alla Transnistria, o Pridnestrov’e, hanno suscitato la curiosità di alcuni lettori riguardo a questa specie di buco nero d’Europa comparso agli inizi degli anni ‘90, e che da allora ha continuato ad esistere in modo più o meno indisturbato. Il Pridnestrovie fa parte di un discreto gruppo di territori non riconosciuti da nessun altro Stato, o nel migliore dei casi dichiarati esistenti da una piccola comunità di nazioni. Tra questi, nella sola Europa, troviamo Cipro Nord, Abcasia, Ossezia del sud, Kosovo e le più recenti Repubblica Popolare di Doneck e Repubblica Popolare di Lugansk. A cavallo tra Europa e Asia va conteggiata anche quello che resta del Nagorno Karabakh dopo la recente offensiva azera. A due passi dal vecchio continente ci sono poi la Palestina e la Repubblica Araba Democratica dei Sahrawi.

Transinistria o Pridnestrov’e?

Il Pridnestrov’e non è presente nelle cartine geografiche ma esiste con le sue istituzioni, leggi, bandiera, dogane e moneta. Per essere chiari ha ed ha sempre avuto un’effettiva sovranità sul proprio territorio. Se la cercate dovrete indicativamente osservare la parte orientale della Moldavia, grosso modo tutto ciò che si trova nella striscia di terra ubicata tra il fiume Nistro (Dnestr) e il confine con l’Ucraina. In realtà sotto sovranità transnistriana c’è anche l’area attorno alla città di Bender, in molti atlanti geografici Tighina, che rimane sulla sponda occidentale del fiume che dà il nome allo stato. Il perché del fatto che spesso si ripetano due nomi è più o meno lo stesso motivo per il quale la maggior parte degli abitanti della Transnistria non si sentono moldavi. Senza andare troppo lontano con il tempo basterà ricordare che la Moldavia in epoca sovietica era abitata per quasi due terzi da una comunità di lingua moldavo-rumena e da un’importante minoranza di lingua russa e ucraina. Un’altra importante minoranza etnica della quale parleremo in seguito sono i Gagauzi, una comunità di origine turca ma di religione ortodossa. Vivono in una regione autonoma nel sud della attuale Moldavia e sono in prevalenza filorussi. I nomi Moldavia e Moldova, Transnistria e Pridnestrov’e, Nistriu e Dnestr, Tighina e Bender, sono figli della variante linguistica neolatina o di quella slava. Interessante che la traduzione letterale della parola Transnistria dalla lingua rumena sia “oltre il Nistro”, mentre in russo Pridnestrov’e significa “prima del Nistro”: cambia cioè il punto di vista.

Rappresentanza diplomatica di Abcasia e Ossezia del Sud a Tiraspol’

Moldavia e Transnistria fino al crollo dell’Unione Sovietica

La Transnistria viene spesso definita l’ultima reliquia dell’Unione Sovietica. Contribuisce a questa definizione il fatto che la bandiera e il simbolo dello Stato comprendono stella, falce e martello. In realtà sono i simboli della Repubblica Socialista Sovietica di Moldavia che non sono mai stati sostituiti nella capitale Tiraspol’ e in tutto il territorio controllato. Le problematiche all’interno di quella che era la Moldavia sovietica sono dovute sicuramente anche a confini volutamente non tracciati né sulla base di aspetti etnici né geografici. La regione moldava, o Bessarabia se si intendono i territori tra i fiumi Prut e Nistro, ha una storia spesso stata legata alla Romania, simile per lingua e cultura. Va chiarito che lingua moldava e rumena sono esattamente la stessa lingua con la differenza che fino al 1991 usavano due diversi alfabeti. Però la Transnistria è al di fuori della Bessarabia storica, e fu aggiunta alla Moldavia solamente nel 1940 quando fu istituita la Repubblica Socialista Sovietica di Moldavia, proprio alla vigilia della Seconda guerra mondiale. Fino a quel momento tutte le aree ad est e ovest del Nistro facevano parte dell’Ucraina sovietica, che cedette parte del proprio territorio per favorire la nascita del nuovo Stato sempre all’interno dell’Unione Sovietica. Già a quel tempo la parte ad ovest del fiume aveva una vocazione agricola mentre in quella ad est avevano cominciato a svilupparsi le industrie. Dopo l’indipendenza del 1991 il nuovo stato con capitale Chișinău adottò una bandiera con gli stessi colori di quella in uso a Bucarest, mentre ad est del Nistro fu mantenuta quella della Moldavia sovietica. Nella parte orientale della Romania c’è una regione a ridosso dell’ex confine sovietico che si chiama anch’essa Moldavia, e al momento dell’indipendenza a seguito del disfacimento dell’Unione Sovietica sembrò possibile una riunificazione dei due Stati di lingua rumena.

Il fiume Nistro

La guerra

Le riforme di Gorbačëv aprirono la strada al nazionalismo in molte realtà periferiche. Nel periodo precedente alla disintegrazione dell’Unione Sovietica la Moldavia intraprese la strada del rafforzamento della propria identità nazionale anche attraverso l’uso della propria lingua. Il russo e l’alfabeto cirillico furono sostituiti dall’alfabeto latino e dal moldavo, che fino a quel momento era comunque una delle due lingue nazionali. Le tensioni aumentarono in Transnistria, dove la maggioranza della popolazione era slava, in Gagauzia e anche a Chișinău, dove i non moldavi erano in un numero elevato. Gruppi nazionalisti arrivarono anche all’aggressione di tutto ciò che era diverso dalla cultura moldava. Assieme alle richieste di indipendenza veniva prepotentemente fuori la proposta di unirsi alla Romania, alla quale era favorevole perfino il presidente moldavo Mircea Snegur. Nel settembre del 1990 tutti i territori ad est del Nistro organizzarono un referendum e dichiararono l’intenzione di separarsi dalla Moldavia sovietica. Venne chiesta l’istituzione di una nuova repubblica federata all’Urss proprio per sfuggire alle politiche nazionaliste moldave. Dopo il fallito colpo di stato sovietico dell’agosto del 1991 Chișinău dichiarò l’indipendenza dall’Urss e il giorno dopo Tiraspol’ fece la stessa cosa rispetto alla Moldavia. Di fatto il tricolore adottato dalla Moldavia riconosciuta internazionalmente non ha mai sventolato oltre il fiume Nistro.

La guerra scoppiò nel marzo del 1992, tre mesi dopo il riconoscimento internazionale dei quindici Stati nati al posto dell’Unione Sovietica. In realtà le prime vittime moldave e transnistriane sono considerate risalenti a piccoli scontri avvenuti tra il novembre e dicembre del 1991, quando la polizia moldava cercò per due volte di entrare nelle zone ribelli superando il fiume Nistro nei pressi di Dubăsari con l’intenzione di dividere in due la Transnistria. A primavera dell’anno successivo furono due le aree dove si sviluppò una vera e propria guerra con volontari provenienti dalla Romania a dare supporto ai moldavi, e sull’altro fronte ucraini, russi e cosacchi a difendere gli slavi di Transnistria. A marzo scontri e capovolgimenti di fronte coinvolsero ancora una volta le località a nord e sud di Dubăsari, il punto in linea d’aria più vicino a Chișinău. A giugno furono molto violenti gli scontri all’interno di Bender-Tighina dove la guerra entrò nella grande città anche con mezzi corazzati. Va ricordato che a Tiraspol’ e nel deposito di armi di Cobasna era schierata la 14esima armata sovietica, che ha avuto un ruolo nel conflitto moldavo. Nonostante da Mosca fossero arrivati ordini di mantenere una posizione neutrale e difendere armi e caserme, soldati e ufficiali diedero man forte agli indipendentisti facendo pendere verso la Transnistria l’esito del conflitto. Nel mese di luglio ad un violento bombardamento dell’aviazione di Chișinău la 14esima armata rispose cannoneggiando le truppe regolari che si erano appostate in un bosco vicino a Bender. Entrambi gli episodi causarono centinaia di morti e furono il punto di massima violenza del conflitto. A fine luglio entrò in vigore un cessate il fuoco che congelò la situazione limitandosi a delineare un confine presidiato da una forza congiunta costituita da moldavi, russi e transnistriani. Di fatto la situazione sul campo non è più mutata se non per un lento scambio di popolazione in atto, visto che la composizione etnica a destra e sinistra del fiume è mutata con la diminuzione delle rispettive minoranze.

Edificio di Bender con i segni della guerra del 1991-92

Storie di ordinaria burocrazia

In tempi relativamente recenti ho avuto modo di visitare questo territorio per due volte. La prima nel 2011 provenendo dalla Moldavia e proseguendo verso Odessa in Ucraina. Pochi giorni dopo effettuai lo stesso viaggio in direzione opposta pernottando a Tiraspol’. Poi nel 2015 ho attraversato la regione arrivando dall’Ucraina. Tra i due viaggi ho potuto registrare un cambiamento molto importante nelle regole di ingresso e soprattutto di uscita dal Paese fantasma. Nel primo viaggio era ancora in vigore la legge moldava che prevedeva il divieto di entrare in Pridnestrov’e da confini diversi da quello moldavo, quindi dall’Ucraina. Nel passaporto era necessario avere un timbro di ingresso e uscita dalla Moldavia e quindi entrando in Pridnestrov’e ci potevano essere problemi in un futuro viaggio in Moldavia: eravamo usciti dalla nazione attraverso un confine non riconosciuto, quindi potevamo essere accusati e multati per immigrazione clandestina! Escogitammo un trucco per rimetterci in regola con le leggi locali, dato che due settimane dopo rientrammo in Transnistria dall’Ucraina per poi tornare in Moldavia. In questo modo avevamo infranto due volte la legge ma per la polizia moldava avevamo regolarmente un timbro in entrata e uno d’uscita nel passaporto. Quattro anni dopo questa regola non c’èra più e infatti una volta entrati in Moldavia via Pridnestrov’e provenienti dall’Ucraina, al posto di blocco, non una dogana ufficiale, fummo registrati e ottenemmo il fatidico timbro moldavo nel passaporto. Curioso il visto provvisorio di transito della durata di dieci ore che ci fecero al nostro ingresso sia nella prima occasione del 2011 che in quella del 2015, come davvero complesse furono le procedure per registrare alla polizia la nostra presenza notturna in un appartamento nel secondo ingresso del nostro primo viaggio. Le domande alla dogana sull’eventuale presenza di riviste pornografiche e il controllo etilico con il fiato della polizia di Bender sono altri aspetti che ricordiamo con piacere, come le mazzette estorte durante il primo viaggio. La Pridnestrov’e è l’unica area ex sovietica anche ad avere la polizia stradale contrassegnata come nell’Urss dall’acronimo GAI (GosAvtoInspekcija, Ispezione automobilistica statale).

Passeggiando per Tiraspol’

Prima di metterci piede per la prima volta, le nostre informazioni su questo luogo derivavano da qualche articolo di stampa specializzata, dai libri romanzati di Nicolai Linin e dalla fama che Tiraspol’ e dintorni si portavano dietro come luogo in mano alla criminalità, dove è possibile far sparire e apparire qualunque cosa, in particolare persone, soldi e armi. L’impressione passeggiando per Tiraspol’ è quella di essere in una qualsiasi città dell’est Europa e si nota decisamente meno miseria rispetto a Chișinău. Per chi ha avuto modo di visitare Moldavia, Ucraina e Russia, il Pridnestrov’e assomiglia molto di più a quest’ultima, nonostante sia decisamente più lontana rispetto alle altre due nazioni con le quali confina. I tricolori russi sventolano spesso assieme alle bandiere della Transnistria e in tutta la regione non mancano statue di Lenin, cosa che in Ucraina e Moldavia è ormai raro incontrare. La popolazione di questa regione votò un referendum nel 2006 per chiedere di essere annessa alla Federazione Russa. Dopo l’ingresso della Crimea come repubblica autonoma all’interno della Russia questa speranza tornò ad essere forte, anche se Mosca fino ad ora è stata sempre molto prudente. La Russia sostiene economicamente questa regione che in ogni caso ha un’industria più sviluppata di quella moldava e soprattutto rifornisce di energia elettrica lo Stato di cui la comunità internazionale continua a pensare che faccia parte. Non solo chi è stato in Transnistria conosce il nome Sheriff, onnipresente in tutti i settori economici, dalle stazioni di rifornimento ai supermercati passando per la comunicazione, le costruzioni e perfino per lo stadio e la squadra di calcio più vincente del calcio moldavo. Una delle stranezze di questo luogo è che nel calcio la guerra di secessione non c’è mai stata, poiché le squadre ad est del Nistro continuano a giocare, e spesso vincere, nel campionato della Moldavia unita. Nel 2011 fummo portati in giro per Tiraspol’ da Sergio Luciano, un italiano impegnato nel settore dell’abbigliamento che ci spiegò in modo chiaro perché tutti i vicini di casa del Pridnestrov’e hanno convenienza che questo buco nelle carte geografiche continui ad esistere. Nell’occasione ci fu anche spiegato che sebbene esista un passaporto della Transnistria, non riconosciuto da nessuno, la quasi totalità della popolazione locale si muove nel mondo usando passaporti moldavi, russi e ucraini. Fonti giornalistiche sostengono che la Russia in quasi trenta anni abbia concesso moltissimi passaporti, forse trecentomila.

Tiraspol’

Trattative di pace e nubi nere all’orizzonte

Nonostante la simbologia sovietica e le statue di Lenin, il Pridnestrov’e non è uno stato comunista, anche se il settore pubblico recita un ruolo importante nell’economia e nella protezione sociale. Fino all’epoca del nostro primo viaggio c’era stato un solo presidente. Igor’ Smirnov, una sorta di padre della patria e molto vicino alla Sheriff, a fine 2011 perse delle combattutissime elezioni a vinte da Evgenij Ševčuk, che a sua volta perse quelle del 2016 a favore di Vadim Krasnosel’skij. Le prossime saranno in autunno. Le elezioni presidenziali evidenziano di volta in volta un dibattito sulle questioni legate alla politica interna ed economia del Pridnestrov’e. Il tema di un eventuale ricongiungimento con la Moldavia non è in agenda di nessuna forza politica, mentre l’aspirazione a diventare un pezzo di Russia è un elemento che caratterizza tutta lo politica locale. Negli anni il movimento da e per la Moldavia si è intensificato, con minori restrizioni doganali e una maggiore cooperazione economica. Sono molti i lavoratori che ogni giorno varcano il confine tra le due realtà per lavorare nell’una o nell’altra. Un altro segno di distensione è stata la riapertura della ferrovia Chișinău-Tiraspol’-Odessa, pur caratterizzata da lunghe soste ai confini tra i diversi soggetti politici coinvolti. Anche chi vuole raggiungere la Transnistria per turismo, in auto, in autobus o in treno, incontra molti meno problemi rispetto al passato.

Nei tre decenni di vita del Pridnestrov’e tentativi di raggiungere un compromesso politico ve ne sono stati. Rispetto ad altre situazioni similari c’è la consapevolezza reciproca che i territori oltre il Nistro abbiano diritto ad uno status speciale da definire e la problematica coinvolge anche la Gagauzia. Quest’ultima entità ha stabilito nel 1994 delle regole chiare con Chișinău, a partire dall’autonomia politica e linguistica e perfino un accordo che prevede un diritto di secessione qualora in futuro la Moldavia decidesse l’unione con la Romania. Il momento in cui le parti sono state più vicine è stato il 2003 con il cosiddetto Memorandum Kozak, dal nome di uno stretto collaboratore del presidente russo Vladimir Putin. Il progetto prevedeva la trasformazione della Moldavia in uno stato federale asimmetrico composto da Moldavia, Transinistria e Gagauzia. Una camera federale sarebbe stata eletta in modo proporzionale da tutta la popolazione mentre un senato sarebbe dovuto essere composto da 13 componenti indicati dalla camera bassa, 9 dalla Transinistria e 4 dalla Gagauzia. Le leggi di valenza federale avrebbero dovuto avere l’approvazione di entrambe le camere, permettendo quindi alle due componenti non etnicamente moldave di poter avere una sorta di diritto di veto. Dopo lunghe discussioni la proposta fu bocciata da Chișinău.

Dall’epoca gli unici passi avanti sono stati relativi solamente alla semplificazione della vita dei rispettivi cittadini, mentre sul piano politico non sembrerebbe esserci forte volontà di arrivare ad accordi. Periodicamente si ribadisce la richiesta di riconoscimento internazionale e quella successiva di diventare una repubblica della Federazione Russa. La situazione ucraina dopo gli eventi di piazza Maidan ha solo leggermente influito sui rapporti politici tra Kiev e Tiraspol’, mentre non molto su quelli tra le popolazioni. Moldavi e ucraini hanno marcato i propri confini comuni senza coinvolgere i secessionisti e hanno aumentato i controlli al passaggio di merci da e per la Transnistria dalle dogane ucraine. La Pridnestrov’e ha comunque mantenuto molti scambi economici con la regione di Odessa, che conserva una vicinanza culturale e politica alla Russia. A partire da dicembre 2020 si è insediata come nuova presidente moldava Maia Sandu, politica europeista che tra i primi atti del proprio mandato ha voluto incontrare il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj. Questo gesto è stato visto anche come una possibile stretta, anche in senso fisico, nei confronti della striscia di terra ubicata tra Moldavia e Ucraina. Un’eventuale chiusura dei confini creerebbe dei problemi al territorio conteso che difficilmente potrebbe vedere la Russia intervenire, considerato che il Pridnestrov’e diventerebbe impossibile da raggiungere. Allo stesso tempo per Mosca continuare ad avere un ruolo in quell’area sarebbe fondamentale sia dal punto di vista politico che, visti i venti che tirano in Ucraina e in considerazione di eventuali ulteriori allargamenti Nato, anche militare.

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