Al via l’elezione del Presidente della Repubblica

Per l’ultima volta saranno oltre mille i grandi elettori che si occuperanno di eleggere il Capo dello Stato. L'approfondimento nella rubrica Oltre il Tevere

Foto Wolfgang Moroder (CC-BY 2.5)

Il cortile interno del Quirinale. Foto Wolfgang Moroder (CC-BY 2.5)

Con la nomina dei 58 delegati regionali, l’elezione supplettiva per il seggio alla Camera lasciato libero da Roberto Gualtieri dello scorso fine settimana e la discussa surroga in Senato per sostituire lo scomparso senatore Paolo Saviane è stata completata la platea di 1.009 grandi elettori che eleggeranno il Presidente della Repubblica Italiana. Dopo le prossime elezioni legislative entrerà in vigore la riforma costituzionale che prevede la riduzione di circa un terzo dei parlamentari e di conseguenza questa, con ogni probabilità, sarà l’ultima volta che ad eleggere il Presidente sarà un’assemblea così vasta. Lunedì 24 gennaio alle ore 15 deputati, senatori e rappresentanti delle regioni si ritroveranno per il primo scrutinio, in cui la maggioranza qualificata sarà quella dei due terzi dei componenti dell’assemblea, e quindi 673 voti. Al momento nessuno dei nomi che circolano come possibili candidati sembrerebbero avere la possibilità di farcela nelle prime tre votazioni, quando il quorum da raggiungere sarà identico. Più facile che il Presidente arrivi dalla quarta votazione in poi, quando sarà necessaria solo la maggioranza assoluta, non meno di 505 voti.

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La composizione dell’assemblea

I grandi elettori chiamati ad eleggere il Presidente della Repubblica sono 630 deputati, 321 senatori (315 elettivi e 6 a vita tra cui l’ex Presidente Giorgio Napolitano) e 58 delegati regionali. Questi ultimi sono tre per ogni regione con l’eccezione della Valle d’Aosta che ha un solo rappresentante. Tra dicembre e gennaio le camere hanno ricostituito la propria composizione surrogando, non senza polemiche e discussioni, un senatore venuto a mancare e provvedendo ad organizzare l’elezione supplettiva per il deputato della circoscrizione di Roma centro. I delegati regionali sono eletti con lo schema classico di governatore, presidente dell’assemblea regionale e un rappresentante delle minoranze, seppure nessuna legge vieti di poter nominare anche persone esterne ai consigli regionali. A causa delle limitazioni previste dai protocolli Covid le votazioni saranno più lente del solito e difficilmente sarà possibile riuscire a fare più di una votazione al giorno. Sotto la presidenza congiunta del Presidente della Camera Roberto Fico e di quella del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, gli oltre mille membri dell’assemblea saranno chiamati a scegliere il nuovo Capo dello Stato.

Le maggiori componenti, profondamente diverse da quelle uscite dalle urne nel 2018 e ulteriormente mutate dalla presenza dei delegati regionali, sono decisamente frammentate e sottoposte a cambiamenti quotidiani ulteriori rispetto alle diverse attribuzioni che le diverse testate giornalistiche suppongono: Movimento Cinque Stelle (234 grandi elettori), Lega (212), Partito Democratico (154), Forza Italia (139), Fratelli d’Italia (63), Italia Viva (45), Coraggio Italia (32), Alternativa (16), ex Liberi e Uguali (18), Sudtiroler Volkspartei (7) e almeno altri venti minigruppi di composizione varia all’interno del gruppo misto (89). I partiti del centrodestra hanno la maggioranza relativa con circa 450 voti, mentre quelli di centrosinistra assieme ai “grillini” superano di poco i 400. In caso di un mancato accordo da “grandi intese” saranno decisivi i voti di una cospicua quantità di grandi elettori non facenti parte dei grandi poli. Il voto segreto potrà garantire sorprese grazie alla storica presenza di franchi tiratori protagonisti di molte elezioni presidenziali.

Chi può diventare Presidente e possibili candidati

La Costituzione italiana definisce i criteri per essere eletti Presidente della Repubblica. Necessario aver compiuto 50 anni, essere cittadino italiano e godere dei diritti civili e politici. Quindi in sostanza non è necessario essere deputato o senatore, neppure avere precedenti esperienze politiche, ma solo essere nati dopo il 24 gennaio 1972 (o giorni immediatamente successivi se le votazioni non dovessero concludersi in breve tempo) ed essere in possesso del diritto di voto. Al momento i principali nomi che circolano sarebbero tutti senza maggioranza anche al quarto scrutinio. Il centrodestra sarebbe stato disponibile a sostenere la candidatura di Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia e più volte Presidente del consiglio dei ministri, anche se probabilmente è stata una mossa finalizzata a sostenere altri candidati della stessa area, oltre a fermare la discesa in campo dell’attuale Presidente del Consiglio Mario Draghi.

L’unica candidatura finora formalmente avanzata è quella dell’ex vicepresidente della Corte Costituzionale Paolo Maddalena, sostenuto da molti dei fuoriusciti dal Movimento Cinque Stelle e dalle componenti di sinistra del gruppo misto, e che potrebbe raccogliere qualche consenso anche all’interno del centrosinistra. Non mancano coloro che si augurerebbero un bis di Mattarella con lo stesso schema applicato da Napolitano in precedenza, seppure l’attuale Presidente più volte abbia detto di non essere disponibile. Sempre di moda e anche con possibilità di successo il nome del già presidente della Camera dei Deputati Pierferdinando Casini, che con i suoi 38 anni consecutivi tra Camera e Senato sarebbe il parlamentare con la più lunga esperienza tra quelli in carica, oltre che una figura capace di prendere i voti della vasta area centrista tra i grandi elettori.

Mario Draghi, sempre indicato come l’uomo della provvidenza, è sicuramente un possibile candidato trasversale che però in caso di elezione creerebbe dei problemi di stabilità all’attuale maggioranza di governo, visto che naturalmente dovrebbe dimettersi da primo ministro ed essere quindi sostituito da qualche altra figura capace di tenere unita una coalizione molto eterogenea. Tra l’altro con questa ipotesi si creerebbe un insolito problema dato che Draghi si dovrebbe dimettere da Presidente del Consiglio nelle mani del Presidente uscente, diventare Capo dello Stato e nominare il suo successore.

Infine c’è l’ipotesi da molti auspicata di un’eventuale Presidente donna, sebbene nessuno abbia finora fatto il nome di una possibile candidata.

Cosa accadrà dopo l’elezione

Se il Presidente eletto accetterà l’elezione entrerà in carica dopo il giuramento davanti alle camere riunite in seduta comune. A questo punto salirà al Quirinale dove avverrà il passaggio delle consegne con Sergio Mattarella. Da questo momento iniziano i sette anni del mandato presidenziale. Quello di Mattarella si conclude il 3 febbraio, ma se per quella data non sarà eletto il successore, cosa mai capitata finora, secondo alcuni costituzionalisti sarà di fatto prorogato finché sarà necessario, secondo altri subentrerebbe la supplenza della Presidente del Senato. Se invece il nuovo Presidente sarà eletto prima si apriranno due scenari: o Mattarella rassegnerà le cosiddette dimissioni di cortesia per far insediare subito il proprio successore oppure il giuramento del nuovo Presidente avverrà in coincidenza con la fine del mandato del presidente uscente. Da quel momento al Capo di Stato uscente verrà assegnato il titolo di “Presidente Emerito” e il ruolo di senatore a vita.

Il giuramento del Presidente Sergio Mattarella il 3 febbraio 2015. Foto Quirinale.it

Quali sono i poteri del Presidente della Repubblica

Il Presidente è un organo costituzionale dello Stato italiano e si occupano del suo ruolo non solo i nove articoli della Costituzione italiana dedicati alla sua figura, ma ulteriori che evidenziano il suo ruolo nei confronti del parlamento, del governo e della Corte Costituzionale.

Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale.
Può inviare messaggi alle Camere.
Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione.
Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo
Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.
Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione.
Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato.
Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l’autorizzazione delle Camere.
Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere.
Presiede il Consiglio superiore della magistratura.
Può concedere grazia e commutare le pene.
Conferisce le onorificenze della Repubblica.

Articolo 87 della Costituzione della Repubblica italiana

Nel nostro ordinamento il Presidente non ha ruoli di guida politica del Paese, ma di fatto è l’arbitro delle crisi politiche ed in particolari momenti esercita poteri molto importanti. Il potere di scioglimento delle camere o in alternativa la scelta di cercare una nuova maggioranza di governo è probabilmente quello più importante assieme alla nomina del Presidente del Consiglio e dei suoi ministri. Per esempio, non sono mancati casi in cui il Presidente della Repubblica ha dimostrato di non gradire ministri indicati dal Presidente del Consiglio. Altro potere presidenziale decisamente interessante è quello relativo alla promulgazione delle leggi approvate dal Parlamento. Il Presidente può decidere di respingere una legge e di chiedere con un messaggio motivato alle camere una nuova adozione. Se Camera e Senato approvano di nuovo lo stesso testo il Presidente non potrà rifiutarsi di promulgare la legge. Tra le nomine che il Presidente può esercitare in autonomia ci sono quelle di cinque giudici (su quindici) della Corte Costituzionale e di cinque Senatori a vita tra le persone che abbiano illustrato la nazione per meriti in campo sociale, scientifico, artistico e letterario.

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