La lunga storia e il futuro del collegamento ferroviario Arezzo-Sansepolcro

Con l'aiuto dell'ingegner Giovanni Cardinali proviamo a ricostruire il passato e a individuare le prospettive di un'infrastruttura che oggi esiste solo sulla carta

L'ingegner Giovanni Cardinali

Giovanni Cardinali, laureato in ingegneria civile e specializzato in ingegneria ferroviaria, è stato per 25 anni ingegnere capo della provincia di Arezzo. Dal 2015 collabora con Confindustria Toscana Sud per il monitoraggio degli interventi nelle infrastrutture viarie e ferroviarie delle province di Arezzo e Siena. È inoltre dirigente della FIAB (Federazione italiana ambiente e bicicletta), coordinatore del Comitato tecnico scientifico di Bicitalia e membro esperto nei tavoli tecnici del MIT per le ciclovie turistiche e il Piano generale di mobilità ciclistica. Con lui TeverePost ha cercato di ricostruire storia e prospettive future della tratta ferroviaria Arezzo-Sansepolcro.

Partiamo dall’inizio, cioè da quasi 150 anni fa.

Sì, la storia inizia il 16 ottobre 1880 con l’approvazione del progetto di massima della ferrovia dell’Appennino Centrale (FAC) Arezzo-Sansepolcro-Fossato di Vico di 134 km, che verrà poi realizzata e completata nell’agosto del 1886. L’armamento ferroviario è a scartamento ridotto, cioè con interasse di un’unica coppia di binari di 950 cm, come previsto in molte ferrovie ottocentesche per accelerare lo sviluppo della rete ferroviaria nelle aree interne dell’Italia unitaria. Il collegamento ferroviario perse di importanza fra le due guerre per lo sviluppo del traffico su gomma. Nel giugno 1944, a causa della devastazione di ponti e viadotti minati dalle truppe tedesche in ritirata e dai bombardamenti alleati delle stazioni, fu decretata la chiusura.

Negli anni cinquanta del secolo scorso fu ripristinato, a scartamento ordinario, solo il tratto da Sansepolcro a Umbertide ma non il tratto verso Arezzo. Nel 1968 lo Studio Macchi di Roma presentò all’Anas il progetto riguardante la strada dei Due mari da Grosseto a Fano e venne scelta, per l’itinerario a est di Arezzo, la Valle del Cerfone, cioè la stessa dove ancora erano presenti sedime ferroviario, stazioni e caselli della FAC. Questo progetto iniziale sulla Due mari – da me ripreso nel 1981 – fu determinante per la scelta, negli anni 2002-2004, del tracciato di un nuovo collegamento, non più a scartamento ridotto, fra Arezzo e Sansepolcro.

Di ferrovia Arezzo-Sansepolcro quando si era tornati a parlare?

Una ripresa del dibattito sul collegamento ferroviario Arezzo-Sansepolcro, dopo anni di oblio, avvenne nel novembre 1991: l’ingegner Luigi Marino, già ingegnere presso le Ferrovie dello Stato (prima come Capo Ufficio progettazione e costruzione del Compartimento di Firenze, successivamente come direttore del Compartimento di Torino e di Bologna) pubblica sul Bollettino del Collegio degli Ingegneri della Toscana una memoria sul “potenziamento della direttrice ferroviaria centro-nord est” tramite una “linea veloce Roma-Venezia-Valichi alpini Est (via Sansepolcro)”.

L’ingegner Marino riprende l’argomento nei Bollettini n. 5/1998 e n. 10/2002 del Collegio degli Ingegneri riportando mappe in scala 1:250.000 nelle quali, fra l’altro, si motiva l‘esclusione del cosiddetto “sfondamento a Nord”. Ho sempre considerato questa scelta molto saggia anche per motivi non trasportistici, considerando le valli del Tevere e del Savio già pesantemente infrastrutturate con la E45 Orte-Ravenna. Ben prima della proposta Marino va comunque registrato il rilievo che il professor Vittorio Gregotti dà, nel 1985, al “ripristino del collegamento ferroviario di Arezzo con Sansepolcro e la ferrovia centrale umbra” nella stesura della variante generale al PRG di Arezzo. Ho avuto la fortuna di conoscere e lavorare con l’ingegner Marino e l’architetto Gregotti, entrambi scomparsi, un valente ingegnere ferroviario e un architetto di fama internazionale. È stata una formidabile occasione per considerare inseparabile l’urbanistica dalle reti infrastrutturali.

In seguito quali sviluppi ci sono stati?

Gli anni successivi al 1985 furono caratterizzati da tutto un fiorire di atti di pianificazione e progetti riguardanti il collegamento ferroviario: nel 1989 il Piano regionale toscano dei trasporti e infrastrutture, nel 1991 un progetto della Regione Umbria abbandonato nel 1994 poiché “il valore della redditività dell’intervento fu dichiarato negativo”, nel 1993 la Provincia di Pesaro Urbino propose una linea Fano-Arezzo, nel 1994 intervenne un protocollo di intesa sottoscritto da tutte le provincie toscane, emiliano-romagnole, umbre e marchigiane. Nel 1997 il Piano territoriale di coordinamento della Provincia di Arezzo, che seguivo con il professor Gianfranco Di Pietro, confermò un corridoio secondo l’itinerario della Regione Umbria del 1991 (progetto RPA). Infine, il Piano generale dei trasporti approvato il 29 agosto 2001 richiama l’opportunità di “uno specifico approfondimento relativo agli interventi di adeguamento e completamento per dare continuità al corridoio Roma-Orte-Sansepolcro-Rimini-Ravenna-Venezia”

La vera svolta avvenne il 4 dicembre 2002, quando la Provincia di Arezzo, la Comunità Montana della Valtiberina Toscana, la Camera di Commercio di Arezzo ed i Comuni di Arezzo, Anghiari e Sansepolcro sottoscrissero il protocollo di intesa per la redazione di uno studio di fattibilità e documento preliminare ai sensi dell’art. 15, comma 5 del Regolamento di attuazione della Legge Merloni (DPR 554/1999) relativo al tracciato ferroviario Arezzo-Sansepolcro. Fu impegnata una spesa di circa 103.000 euro, Provincia, Comune e Camera di Commercio di Arezzo partecipavano con oltre 75.000 euro (25.000 a testa), in misura minore la Comunità Montana Valtiberina e i Comuni di Anghiari, Sansepolcro e Subbiano. Come ingegnere capo della Provincia venni incaricato di potenziare il servizio grandi infrastrutture, tramite assunzioni a tempo determinato di tecnici in grado di supportare l’attività di progettazione, e di coordinare un gruppo di lavoro tecnico costituito dallo stesso ingegner Luigi Marino e da esperti nominati dai vari enti.

Nel maggio del 2004 presentai alla Giunta Provinciale una relazione senza analisi costi/benefici, precisando che uno studio di fattibilità completo non poteva riguardare una tratta limitata, cioè l’analisi della domanda di trasporto e lo studio delle componenti di inserimento paesaggistico-ambientale dovevano riguardare e mettere a confronto multicriteria i tracciati origine/destinazione nazionali: Arezzo-Sansepolcro-Rimini e Sansepolcro-Fano (ipotesi Marino), nonché il corridoio determinato dal tracciato Sansepolcro-Cesena (ipotesi delle Regioni Umbria ed Emilia Romagna). In ogni caso lo studio di fattibilità e documento preliminare alla progettazione del primo tratto da Arezzo a Sansepolcro (limitato a relazioni tecniche, corografia in scala 1:30.000, varie planimetrie e profili longitudinali con alternative oggetto di approfondimento in scala 1:15000, approfondimento geologico per i tratti in galleria, foto-simulazioni e impatti dell’opera sulle componenti ambientali) fu consegnato nel luglio 2004 agli enti sottoscrittori.

Carta corografica

Quali sono a grandi linee le caratteristiche tecniche del tracciato così progettato?

L’ipotesi di tracciato ferroviario del 2004 riguarda un modesto tratto della cosiddetta “ferrovia orientale”, impostata dall’ingegner Marino con le seguenti caratteristiche:

Sezione in trincea

Viene motivata la scelta di escludere la Val Cerfone per un itinerario combaciante con l’attuale linea Arezzo-Stia per un paio di chilometri fino a deviare in trincea verso la località Antria, quindi una galleria di 12 chilometri sotto Monte Castiglione, l’uscita nei pressi di Tavernelle ed, infine, un’ultima galleria di circa un chilometro sotto il Poggio di San Lorenzo, fra Val Sovara e Valle del Tevere, per arrivare ad una nuova stazione di Sansepolcro e alla FCU, dopo circa 25 chilometri da Arezzo.

Nel 2004 il costo presunto dell’investimento, aggiornato con i dati della costruzione di linee analoghe dell’epoca, risultò di 270 milioni di euro. Dopo questo studio l’interesse per la ferrovia scemò, tuttavia i comuni hanno aggiornato gli strumenti urbanistici e il PTCP è rimasto invariato. Mi piace, fra l’altro, ricordare la mia partecipazione a numerosi convegni e seminari di cui conservo gli atti: a Sansepolcro, Borgo Pace, Rimini, Arezzo e altri. Il più recente si è svolto a San Giustino Umbro nel giugno del 2018, con la presenza degli assessori regionali, dei parlamentari umbri e toscani e dei rappresentanti degli enti locali (tranne, purtroppo, la provincia di Arezzo). In questo ultimo convegno su richiesta dell’allora assessore regionale Ceccarelli provvidi ad aggiornare il costo economico dell’intervento portandolo a 550 milioni di euro, dopo avere verificato interventi analoghi in corso di realizzazione nel territorio nazionale e considerando i consistenti aggiornamenti normativi soprattutto in materia di sicurezza ferroviaria.

Per inciso negli ultimi convegni e seminari ho avuto occasione di presentare anche la due mari ciclabile che, nel tratto fra Arezzo e Sansepolcro, segue lo stupendo corridoio della vecchia FAC nella Val Cerfone e che è inserita nel Piano regionale integrato infrastrutture e mobilità della Regione Toscana, in corso di progettazione e finanziata da Monterchi a Sansepolcro.

Carta geologica con più itinerari in superficie

In conclusione, quali sono le prospettive del collegamento Arezzo-Sansepolcro, che lei ha avuto modo di seguire a lungo?

Sì, l’ho seguito negli ultimi tre decenni e preciso a questo proposito che sono stato avvantaggiato dalla mia esperienza sul territorio: prima con la progettazione della Due mari fra Arezzo e Palazzo del Pero (anni ’80), quando ho fatto il possibile per non interferire con i piloni dei viadotti sul vecchio tracciato della FAC, poi con la redazione della carta dei sentieri CAI negli anni ’90 che mi ha permesso di conoscere il territorio compreso fra la provinciale della Catona, la Libbia e tutta la zona a oriente dell’Alpe di Poti.

Sono stato testimone di un decennio straordinario, quello del mandato amministrativo della Provincia presieduta da Vincenzo Ceccarelli (1999-2009), particolarmente operoso per la progettazione di infrastrutture di trasporto (non solo la ferrovia ma anche la Due mari e le varianti a numerose strade regionali). Nei due mandati di Ceccarelli ho registrato anche un clima di grande collaborazione fra enti e associazioni di categoria, grazie alla presenza di amministratori legati agli interessi del proprio territorio, indipendentemente dall’adesione partitica. Mi piace ricordare, per la Valtiberina, i consiglieri Ivano Del Furia e Vezio Ricci. Nello stesso periodo sono stati intessuti rapporti fruttuosi con Roberto Rossi, già Presidente della Comunità Montana della Valtiberina, con Luigi Lucherini allora Sindaco di Arezzo e i presidenti della Camera di Commercio Giovanni Bianconi e Giovanni Tricca. Altro risultato straordinario fu la possibilità di finanziare la progettazione delle infrastrutture strategiche tramite contributi della Camera di Commercio e della Confindustria di Arezzo.

Oggi lo “studio preliminare alla progettazione” del collegamento Arezzo-Sansepolcro, ai sensi delle norme vigenti, è già aggiornato dopo i miei interventi ai convegni di Citerna e di San Giustino Umbro del 2018, dei quali conservo atti ed elaborati tecnici. Un unico problema: quando si parla di fattibilità il nuovo codice degli appalti prevede la prima fase costituita dal Progetto di fattibilità tecnico economica che può essere appaltato attraverso uno “studio preliminare” – da allegare al bando per i servizi di progettazione – ma che comporta una spesa di oltre 3 milioni di euro calcolata su un investimento di 550 milioni di euro (calcolo effettuato secondo le norme tariffarie per ingegneri riguardante “un tracciato ferroviario di montagna o comunque con particolari difficoltà di studio, escluse le opere d’arte di importanza e le stazioni di tipi speciali, da compensarsi a parte”).

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