Lorenzo Lisi, ambasciatore biturgense della chitarra a Londra

Dal Borgo all'Inghilterra, passando per Milano e Melbourne. Il musicista 35enne racconta i momenti chiave dei suoi 15 anni lontano dalla Valtiberina

Lorenzo Lisi in concerto

Si può vivere di musica? La domanda ce la poniamo da secoli, e l’unica certezza che abbiamo è che riuscire in questa impresa, in Italia come da altre parti del mondo, è davvero molto difficile. Certamente la musica è stato il filo conduttore delle esperienze umane e professionali del biturgense Lorenzo Lisi, 35 anni, il nostro nuovo valtiberino nel mondo.

Grazie ai maestri Luca D’Amore e Davide Baccanelli scopre la sua vocazione per la musica, e in particolar modo per la chitarra, mentre suo padre e gli Sbandieratori del Borgo lo hanno aiutato a coltivare l’altra sua passione per il viaggio. Oggi musicista e compositore a tempo pieno, nonché laureando al London College of Creative Media, Lorenzo racconta a TeverePost i suoi ultimi quindici anni trascorsi tra Milano, Melbourne e Londra.

Quando e perché hai deciso di andare via dalla tua città di origine?

Ho lasciato Sansepolcro nel 2005, quando avevo vent’anni, per andare a Milano con l’intenzione di studiare musica e dare avvio alla mia carriera artistica. Ero un giovane ragazzo della provincia abituato a un tenore di vita ben diverso da quello delle grandi città, e nei primi tempi ho suonato e studiato molto poco. Successivamente ho lavorato per un paio d’anni come assistente di palco per una cover band, i 7s8 (Settesotto), che lavorava tantissimo in Italia. Ero una sorta di tuttofare, mi occupavo di scaricare le strumentazioni, allestire le varie scenografie e fornire supporto di vario genere durante i live. Un lavoro che mi ha dato molto, ma certamente poco gratificante rispetto a quello che era il mio sogno iniziale. Quando stavo per mollare tutto, ecco che gli stessi 7s8 decisero di ingaggiarmi per sostituire il loro chitarrista che si stava trasferendo a Los Angeles.

Quindi possiamo dire che questa è stata la tua prima vera esperienza professionale? 

Esatto. Con loro ho suonato per oltre tre anni facendo tantissime date: avevamo una media di 150 concerti all’anno in posti di ogni tipo, dal piccolo locale al Forum d’Assago. Per un periodo abbiamo fatto anche i tour estivi dei ragazzi di “Amici”, dove è capitato di trasformarci in ‘Plati Band’, ossia la band di Platinette. A ridosso del quarto anno, tuttavia, sentivo che la situazione a livello musicale e artistico stava diventando un po’ troppo piatta per me. Molto anche per colpa mia che mi ero forse adagiato sugli allori in virtù dei cachet che fino a quel momento erano stati più che consoni rispetto agli sforzi. Ho quindi deciso di dare una nuova svolta alla mia vita e di interrompere tutto per provare una nuova esperienza all’estero, in Australia, colmando così il mio desiderio di imparare la lingua inglese.

Raccontaci la tua avventura nell’emisfero sud.

Era l’ottobre del 2013, e quando partii decisi di non portare nessuno strumento con me, poiché sentivo l’esigenza di dare un cambio netto rispetto al passato. Al mio arrivo a Melbourne, non sapendo bene l’inglese, l’unico lavoro che trovai fu il lavapiatti. Lavoravo in un locale all’interno di un mastodontico centro commerciale. Qui conobbi Andrea, un ragazzo di Bergamo trasferitosi in Australia per fare un’esperienza di vita. Neanche a dirlo anche lui era appassionato di chitarra, ma a differenza mia se l’era portata con sé. Una sera, suonando assieme in spiaggia, delle persone iniziarono a lasciarci delle monete e da lì, un po’ per gioco, mi sono convinto a comprare una chitarra e a dare vita al duo acustico ‘Inglorious Buskers’.

Com’è andata?

Il nostro obiettivo era quello di arrotondare fuori dall’orario di lavoro. Dopo un paio di giorni, in occasione della ‘notte bianca’ di Melbourne, guadagnammo oltre 300 dollari a testa cioè la paga di una settimana al locale, dal quale mi sono licenziato il giorno successivo. Con quei soldi abbiamo subito comprato le varie strumentazioni per allestire una band di strada: contro i miei progetti di partenza, la musica era tornata di prepotenza nella mia vita. Per un anno e mezzo abbiamo suonato nelle strade principali di Melbourne, con qualche gita fuori porta in quel di Sidney. Un’avventura surreale, ci presentavamo in banca pieni di monete da cambiare.

Qual era la tua situazione in materia di visto?

Per un anno sono vissuto in Australia con il famoso working holiday, disponibile fino ai 31 anni di età e non replicabile a meno che tu non vada a lavorare nelle farm. L’unico modo per restare era quindi il visto studentesco che ho ottenuto nel momento in cui mi sono iscritto alla scuola di lingua. Qui ho conseguito varie certificazioni Cambridge come il First e l’Advanced. Alla fine sono riuscito a fare quello che volevo fin dall’inizio, cioè imparare l’inglese, riscoprendo allo stesso tempo l’amore per la musica.

Cosa ti ha portato a Londra?

Purtroppo non ero ancora riuscito a conseguire un titolo superiore al diploma. In Australia avevo capito che la sola cosa che avrei potuto portare a termine sarebbe stata una laurea in ambito musicale, e le nazioni anglosassoni sono certamente il luogo ideale dove potersi formare in questo campo, almeno per quello che è sempre stato il mio stile. Trovandosi al tempo ancora in Unione Europea, ho scelto di tentare questa nuova avventura in Inghilterra, dove tra l’altro vi è un meccanismo che permette allo studente di farsi pagare gli studi universitari dal Governo, il quale a sua volta riceve delle entrate da questi ultimi in base ai loro guadagni (con percentuali molto basse). Sono arrivato a Londra nel 2015, dove ho effettuato l’iscrizione con largo anticipo. Questo mi ha permesso di trascorrere quasi un anno in Florida con i miei vecchi amici Sbandieratori prendendo parte per un periodo all’avventura di Disney World. A ottobre 2016, conclusa la parentesi USA, è iniziato il mio attuale percorso, reso possibile dagli attestati di lingua che avevo conseguito.

Come ti stai trovando sulle rive del Tamigi?

Con gli studi tutto ok. Dal punto di vista artistico, invece, sono dovuto ripartire da zero per poter ‘entrare nel giro’. Dopo aver passato i primi tempi a fare altri lavori per sostenere la musica, da quasi tre anni sono lavoratore autonomo con la cosiddetta Unique Taxpayer Reference o UTR, una sorta di partita IVA inglese: anche in questo caso dichiari quello che guadagni, le spese, eccetera. Ho iniziato suonando di nuovo per strada o in feste private, compleanni, matrimoni, dopodiché ho trovato un’agenzia e formato un nuovo duo con un cantante di nome Justin col quale ci si esibiva soprattutto nei pub, ma che poi ha dovuto lasciare la musica per motivi familiari. Un giorno poi, durante una jam session, mi è capitato di suonare Jeff Young, tastierista di Sting: questo episodio è stato l’apripista di uno dei capitoli più gratificanti della mia carriera.

È arrivata una chiamata importante?

Sono stato ingaggiato come chitarrista per un mini tour in Inghilterra della cantante rock polacca Nika Boon, artista con un seguito interessante grazie all’enorme comunità polacca che abbiamo qua. Ho avuto modo di esibirmi nei locali più importanti di Londra ad eventi sold out di fronte a migliaia di persone. Ho suonato all’O2, al Electric Brixton, al Clapham Grand, al The Garage e soprattutto al Troxy, di cui ho un ricordo bellissimo. In quelle occasioni ho anche avuto modo di stringere amicizia con Kai Stephens, già bassista del gruppo indie Hard-Fi.

Ora di cosa ti occupi?

Come da programma, abbino studio e lavoro. Faccio insegnamento privatamente e nel frattempo continuo a studiare al college musicale, dove ne avrò almeno fino all’anno prossimo. Ora sto finendo questo corso di laurea in music production, con un indirizzo personalizzato che riguarda la produzione di musica per i cosiddetti visual, per il settore commercial, advert, film, videogame. Per generare del guadagno passivo con la musica live devi essereun gigante, mentre invece ottenere delle entrate vendendo musica per qualcosa che può essere riutilizzato per più scopi ovviamente è più semplice. In fase di esame, le tue composizioni vengono eseguite da cori, gruppi ed altri artisti jazz o classici e questo è davvero molto bello nonostante io abbia avuto per tanti anni un background rock/pop. Ho lasciato perdere i moduli di performance, visto che già suonavo tanto per conto mio prima del lockdown.

Che ripercussioni ha avuto l’emergenza coronavirus sul tuo lavoro?

Il lavoro era pressoché sparito. Adesso hanno ricominciato a far suonare all’aperto. I grandi concerti ripartiranno più avanti, mentre chi lavorava in situazioni più piccole come me ha il problema che per suonare servirebbero comunque spazi da beer garden più che da pub. A questo aggiungiamo che buona parte degli inglesi non prende neppure in considerazione il concetto di social distancing. Chiedendo lumi alle agenzie con le quali collaboro mi è stato detto che fino alla fine dell’anno la situazione sarà assolutamente imprevedibile. Tanta gente sta tentando di spostarsi nel mercato delle lezioni online, ma ho preferito lasciar stare e approfittare di questo tempo per concentrarmi sullo studio e stare sullo strumento.

Al netto delle pandemie, cosa vedi nel tuo futuro?

La musica live avrà sempre uno spazio speciale nella mia vita, ma oggi l’obiettivo è quello di concentrarsi sulla composizione e lavorare con la musica che io arrangio per altri. Un lavoro che grazie alla rete posso svolgere anche a distanza per artisti che vivono dall’altra parte del mondo, e visto il periodo che viviamo non è cosa da poco. Sono passato dal fare tanti lavori per mantenere la musica a riuscire a vivere di musica. Adesso devo tenere la barra dritta con la consapevolezza che oggi è importante saper fare tante cose, ma è fondamentale averne almeno una nella quale devi porti l’obiettivo di eccellere.

È possibile seguire Lorenzo Lisi su Instagram e YouTube al profilo @lorenzoplaysguitar

Exit mobile version