Raffaello Betti: “Collaborare nella direzione di un’economia agricola circolare”

Dopo l’incontro del tavolo economico biturgense con i rappresentanti di Coldiretti, TeverePost ha sentito il direttore provinciale sulle emergenze del momento, dalla ripartenza del settore agrituristico all’attenzione alle speculazioni, e sulle problematiche strutturali dell’agricoltura valtiberina

Raffaello Betti (foto di Coldiretti Arezzo)

Si è conclusa mercoledì la prima fase di attività del tavolo economico promosso dall’amministrazione comunale di Sansepolcro, che ha visto protagonista la commissione consiliare attività produttive presieduta da Michele Del Bolgia: ”Abbiamo deciso di iniziare i lavori del tavolo sull’economia con un giro di incontri con le categorie economiche e le sigle sindacali per poter avere un riscontro sulla situazione del nostro territorio direttamente dalla voce di chi rappresenta il vasto mondo del lavoro”, ha detto a TeverePost il capogruppo dei Democratici Per Cambiare. “Ora che abbiamo concluso questa prima fase, possiamo fare il punto e aggiustare le misure che intendiamo prendere per poter dare una mano alle attività economiche, in base anche alle necessità emerse”.

Nell’ultima riunione della prima fase è stato affrontato il tema dell’agricoltura. In merito il nostro giornale ha sentito il direttore di Coldiretti Arezzo Raffaello Betti, presente all’incontro con l’amministrazione insieme al rappresentante territoriale Patrizio Pecorari. “Questo invito del Comune di Sansepolcro”, ha detto Betti, “è stato ovviamente accolto in modo molto positivo perché abbiamo molto interesse a che le amministrazioni locali seguano l’andamento dell’economia”.

Direttore Betti, quali sono i principali temi emersi durante l’incontro?

“Abbiamo spiegato al Consiglio comunale che i problemi più grandi che abbiamo in questo momento sono legati all’accoglienza rurale, in modo specifico agli agriturismo, che ovviamente hanno avuto grosse difficoltà: stiamo cercando di dare una mano puntando sull’italianità, perché venire dall’estero è molto complicato, anche se i nostri agriturismo, specialmente nelle zone interne, lavorano molto con gli stranieri.
La seconda questione sottolineata è che anche se l’agricoltura non si è fermata, in questo periodo abbiamo prodotto tutti i costi normali dell’attività agricola e ora stiamo aspettando i raccolti, e non sappiamo come andrà a finire. Abbiamo chiesto anche all’amministrazione di Sansepolcro un’attenzione a quello che chiamiamo rischio speculazione: ci risulta che si siano alzati alcuni prezzi, soprattutto sugli ortaggi e sulla frutta, mentre alla produzione si sono molto abbassati. In un momento difficile non è molto etico che qualcuno tenti di fare interessi privati in cose che in questo momento avrebbero bisogno di grande solidarietà.
Poi abbiamo manifestato al sindaco il nostro apprezzamento per due momenti: il fatto che durante il lockdown il Comune di Sansepolcro sia stato tra quelli che ci ha consentito di mantenere aperto il mercato di Campagna amica; e il fatto che le risorse messe a disposizione dal Governo per la solidarietà verso i bisognosi sono state utilizzate attraverso acquisti che per la parte agroalimentare sono stati fatti direttamente presso i produttori.
Abbiamo inoltre chiesto collaborazione per lo sviluppo di un’economia agricola e agroalimentare che sia più circolare, dando quindi valore al territorio, al chilometro zero, a tutto ciò che dà la possibilità di aiutarci un po’ da soli. Quindi, per esempio, prestando attenzione alle mense o a creare sinergia tra noi e il mondo dei ristoratori, che piano piano sta ripartendo e ci è molto utile.
Abbiamo poi sottolineato al Consiglio comunale di Sansepolcro due problemi che non sono solo della Valtiberina, ovvero l’accesso al credito e la cassa integrazione, riguardo a cui l’agricoltura è stata messa nella condizione di arrivare a queste provvidenze con strumenti diversi da quelli generali, ma questo crea un problema enorme perché si tratta di sistemi che non funzionano”.

I produttori della Valtiberina lamentano anche problematiche che esulano dalla contingenza del coronavirus, come l’assenza dell’acqua di Montedoglio per una vasta parte del territorio, la sempre minore redditività del tabacco, l’assenza di realtà associative consortili. Coldiretti si sta muovendo per affrontare questi temi?

“Questo è a mio parere il ruolo principale che dobbiamo svolgere nella nostra attività di rappresentanza di categoria. Sono tematiche complicate da affrontare, c’è bisogno prima di tutto di un progetto di sviluppo condiviso. Per quanto riguarda il tabacco, abbiamo bisogno di una strategia di sviluppo che crei anche dentro a questo prodotto un valore del luogo, un valore del soddisfacimento dei bisogni, una valorizzazione all’interno del brand, e allora su questo c’è un problema di qualità del seme, di ricerca che non sta andando avanti e che dovrebbe essere sostenuta prima di tutto dall’unico acquirente che c’è, che poi utilizza questo prodotto anche per valorizzarlo in termini commerciali. Insomma è un problema molto complesso rispetto al quale non posso non dire che se ci dividiamo in tante associazioni di produttori fare un lavoro comune è difficile.
La questione dell’associativismo è ormai legata a una logica di filiera: dobbiamo creare le condizioni perché ci sia accordo tra il mondo della produzione e il resto della parte agroalimentare che sviluppa attività in questo territorio, cosa che in questo momento non c’è e stiamo cercando di mettere in campo. Quello che manca in questo momento potremmo crearlo se diamo vita a una filiera alla cui base non c’è una redditività legata a più volumi più profitto, ma una crescita che si fonda su una logica di valore.
Per l’acqua bisogna creare le condizioni perché si possa anche in Valtiberina investire in un progetto definitivo che raggiunga tutto il territorio, perché è ovvio che il futuro dell’agricoltura non può prescindere da questo elemento. Intanto perché con i cambiamenti climatici i problemi si sono acuiti, e soprattutto perché dobbiamo creare produzioni di qualità, e senza l’acqua è difficile”.

Questo diventa anche uno dei presupposti per la riconversione da tabacco ad ortivo che alcuni ritengono necessaria.

“Questa è una opzione interessante, ma non voglio neanche dare la sensazione che si debba necessariamente annullare questa produzione storica della Valtiberina, a cui dobbiamo dare una connotazione specifica chiara che la caratterizzi anche in termini di qualità. Poi la diversificazione è sempre utile, perché crea l’opportunità di dare rotazione alle produzioni e di ottimizzare anche in termini di attenzione all’ambiente”.

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