Speciale 1º Maggio – Franco Mollicchi (Uil): “La ripartenza non può passare da un ulteriore indebolimento dei diritti”

“Una lotta di classe al contrario ha scaricato sui lavoratori la capacità di stare sul mercato”

Franco Mollicchi

Franco Mollicchi, storico esponente socialista ed ex Consigliere comunale a Sansepolcro, ha una lunga esperienza di militanza politica e sindacale. Oggi in pensione, è presidente dell’ADA, l’Associazione per i diritti degli anziani, e collabora da volontario con la Uil. Ha fatto a TeverePost un’articolata analisi del mondo del lavoro in occasione della serie di interviste realizzate per lo “Speciale 1º Maggio” .

Che valenza ha il Primo Maggio nella nostra società contemporanea?

Innanzittuto il Primo Maggio lo dobbiamo tornare a definire come Festa dei Lavoratori. Non è la Festa del Lavoro, è la Festa dei Lavoratori. Il Primo Maggio i lavoratori si uniscono insieme per rivendicare i propri diritti e per festeggiare il loro stare insieme, che vivono come presa di coscienza dell’importanza del loro ruolo nella società. Questo in forme diverse dal passato resta anche adesso, perché c’è sempre un rapporto tra datore di lavoro e lavoratore, pur con una conflittualità minore rispetto a un tempo. Oggi il Primo Maggio significa anche ribellarsi all’ideologia del liberismo economico che ha prodotto la finanziarizzazione di tutte le attività. Abbiamo avuto la lotta di classe alla rovescia, dove chi ha pagato sono stati i ceti più bassi, i lavoratori. Non si può dimenticare che, in modo particolare nel nostro Paese, si sono scaricate sul costo del lavoro e sui bassi salari la competizione e la capacità di stare sul mercato. Questo è un dato di fatto e io credo che il Primo Maggio questa cosa la debba risottolineare. Ripeto, c’è stata un’ideologia che ha vinto, quella della finanziarizzazione. Chi ne ha buscato sono state le idee del socialismo. Io il Primo Maggio terrei a rivendicare queste idee.

Quali prospettive e quali rischi deve affrontare il mondo del lavoro nella particolare fase attuale?

Io credo che il mondo del lavoro e i suoi rappresentanti, che sono le organizzazioni sindacali, si debbano porre il problema che ci siano i posti di lavoro, perché se vengono a mancare i posti di lavoro la questione dei diritti dei lavoratori è già risolta. È evidente che ci deve essere un’assunzione di responsabilità nella gestione del percorso di ripresa dopo questa grande pandemia. C’è un ruolo forte del sindacato dei lavoratori per fare in modo che si lavori nella sicurezza, nella tutela della salute e nella ricreazione di ricchezza. Mi auguro che la parte datoriale dimostri attenzione e collaborazione. Sono convinto che sarà una battaglia ma che dovremo tutti quanti combattere e fare in modo che alla fine di un periodo di sacrifici, perché questo ci sarà per tutti, si torni ad un lavoro che abbia sicurezza. Perché c’è un altro elemento che dobbiamo tenere presente, la dignità della persona in tutte le sue circostanze. Dalla dignità della persona derivano i diritti dell’uomo, e i diritti se non sono vissuti in termini di garanzie e di sicurezze è una dignità non piena, se non addirittura difficile da realizzare.

Il mondo del lavoro è poi di fronte ad un’altra sfida: la partecipazione, nelle grandi aziende, agli elementi strategici dell’impresa. I lavoratori devono andare nei consigli di amministrazione con i loro rappresentanti e farsene carico. È chiaro che devono andare nel consiglio di sorveglianza e non nel consiglio di gestione, altrimenti si crea un problema. Ma se il sindacato e i lavoratori non si fanno carico di unire l’elemento di rivendicazione, che resterà sempre perché il contratto di lavoro è un elemento di rivendicazione, ad un elemento di responsabilità gestionale, noi non riusciremo a incidere negli equilibri sociali che derivano dal lavoro. Gli equilibri sociali si sono divaricati troppo, bisogna restringere la forbice, e non ci regalerà niente nessuno. Ricordiamo il grande insegnamento di Marx, che ha detto ai lavoratori: “Risolvete da voi i problemi, perché gli altri non ve li risolveranno”.

Quale ruolo deve avere il Governo?

Il primo problema che noi abbiamo di fronte è quello della sicurezza del lavoro, che non dobbiamo mai dimenticare, anche in questo momento di crisi. Ci sono tante persone che muoiono per lavorare, magari non adesso che i cantieri sono fermi, ma i dati di fatto sono questi. C’è un problema di poche garanzie per il lavoro. C’è il lavoro sfrangiato. Di queste componenti va tenuto conto. Non possono essere queste componenti a pagare, perché io vedo in questo momento che si centrano la discussione e le risorse sulla questione delle imprese. Questo è importantissimo, ma c’è anche il mondo del lavoro che dev’essere riportato alla giusta dimensione dei diritti. Che non vuol dire solo un problema di stipendi o di paghe. È evidente che se il lavoro è così precario poi anche il lavoratore si trova di fronte a mille difficoltà e non riesce a dare quel contributo che sarebbe oggi necessario. Per cui io ritengo che ci sia anche l’esigenza di ripensare il sistema dei diritti del lavoro e magari collegarlo ai progetti di sviluppo del Paese. Quando arriveranno le risorse per la ripartenza – perché finora abbiamo tamponato il dramma sociale – la componente dei lavoratori sarà una componente fondamentale perché si ricrei quello spirito necessario alla ricrescita del Paese. Però questo non può essere dato diminuendo ancora di più le garanzie del lavoro o aumentando la precarietà del lavoro, o ragionando su quanto meno si paga il lavoro. Non funzionerà così, non potrà funzionare.

Qual è il compito degli enti locali?

Gli enti locali hanno un compito secondo me molto più significativo di quello che si possa pensare. Nel senso che non hanno strumenti diretti, immediati di intervento, perché il loro ruolo è stato svuotato da un serie scelte del passato, giuste o sbagliate. Però hanno un grandissimo ruolo politico, che è quello che poi gli assegna anche la legge fondamentale della loro attività. In una società che in qualche maniera si è rotta, che è sfiduciata, che non riesce a costruire progetti comuni e condivisi, gli enti locali devono essere il collante che mette insieme il progetto per lo sviluppo del loro territorio. In un momento che richiederà grandi trasformazioni nel sistema produttivo, manufatturiero, commerciale ed agricolo. Per cui è un ruolo di traino politico-culturale e di vicinanza. Poi ci sarà un ruolo dei Comuni nella ricerca di risorse verso l’Unione Europea. Devono rinnovare la progettazione, devono inventare un modello diverso di società. Questo è un compito per gli enti locali, se hanno voglia di innovazione.
Insomma, certamente ci devono essere delle iniziative locali immediate, ma il ruolo dei Comuni dev’essere quello, più alto, della ricostruzione di una coesione che proietti verso il futuro.

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