Samantha Smith, una storia senza lieto fine

35 anni fa la morte di una bambina statunitense poco conosciuta in Occidente ma molto amata in Russia

Samantha Smith (al centro, senza fazzoletto) con i pionieri sovietici durante la visita ad Artek. Archivio RIA Novosti – Jurij Abramočkin (CC BY-SA 3.0)

Ho svolto le scuole elementari nella prima parte degli anni ottanta e ricordo perfettamente le preoccupazioni che affollavano le teste di noi bambini relativamente al rischio di guerre nucleari. L’uscita in quel periodo di film come The Day After o il successivo disastro nucleare di Černobyl’ mi colpirono ancora di più, assieme al clima negativo seguito ai boicottaggi olimpici di Mosca ’80 e Los Angeles ‘84. Una delle nostre maestre, che non era assolutamente una persona devota, ci spiegò il significato del presepe arrivando provocatoriamente a farci immaginare che davanti al Gesù bambino, simbolo di pace, si sarebbero potuti inginocchiare simbolicamente il Signor Reagan e il Signor Andropov, i capi di stato degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica, e quindi i principali attori di quel periodo difficile per l’umanità. Solo successivamente, conoscendo alcuni de i miei coetanei sovietici ed americani, scoprii che loro erano sicuramente più preoccupati di me, visto che a scuola facevano regolarmente esercitazioni per simulare il comportamento in caso di attacco atomico del nemico.

Samantha Smith era poco più grande di me e di preoccupazioni ne doveva avere davvero molte se arrivò a scrivere una lettera a Jurij Andropov, a lungo capo del KGB, che nel novembre del 1982 aveva appena preso il posto di Leonid Brežnev come segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica.

Caro Sig. Andropov,

Mi chiamo Samantha Smith.
Ho dieci anni.
Congratulazioni per il suo nuovo lavoro. Sono preoccupata che Russia e Stati Uniti possano essere coinvolti in una guerra nucleare. Avete intenzione di votare per la guerra oppure no? Se no, mi dica per favore come farete per evitare una guerra. A questa domanda può non rispondere, ma mi piacerebbe che lo facesse. Perché volete conquistare il mondo, o almeno il nostro Paese? Dio ha creato il mondo perché noi potessimo condividerlo e prendercene cura. Non per combattere o perché un solo gruppo di persone lo possieda tutto. Per favore, facciamo quello che voleva e tutti saremo felici.

Samantha Smith
Manchester, Maine, USA

P.S.: Per favore risponda alla mia lettera.

Samantha non era nuova a gesti simili: poco tempo prima aveva scritto anche alla Regina Elisabetta II. La madre della bambina ricordò che a fine novembre del 1982 Samantha aveva letto l’edizione del Time ed era rimasta colpita da come venisse descritto negativamente il nuovo leader sovietico. La madre davanti ai timori delle figlia gli suggerì di scrivere una lettera al nuovo inquilino del Cremlino, proprio per chiedergli quali sarebbero state le sue intenzioni. La lettera arrivò nelle mani di chi seppe valorizzare e trasformare questo episodio in un evento mediatico con risalto mondiale. Infatti il 25 aprile 1983, quasi sei mesi dopo la partenza della missiva dagli Stati Uniti, la Pravda la pubblicò insieme alla risposta di Andropov.

Cara Samantha,

Ho ricevuto la tua lettera, come molte altre che mi sono arrivate in questi giorni dal tuo paese e da altri paesi del mondo.
Mi sembra dalla tua lettera che tu sia una ragazzina coraggiosa ed onesta, simile a Becky, l’amica di Tom Sawyer nel famoso libro del tuo compatriota Mark Twain. Questo libro è conosciuto e molto amato nel nostro paese da tutti i ragazzi e le ragazze.
Scrivi che sei molto preoccupata che possa verificarsi una guerra nucleare tra i nostri due paesi. E chiedi se stiamo facendo niente per evitare che scoppi la guerra.
La tua domanda è la più importante tra tutte quelle che potrebbe fare ogni persona pensante. Ti risponderò in modo serio e onesto.
Sì Samantha, noi nell’Unione Sovietica tentiamo di fare tutto il possibile perché non ci sia una guerra tra i nostri due paesi e perché non ci siano più guerre sulla Terra. Questo è ciò che vuole ogni persona sovietica. Questo ci ha insegnato il grande fondatore del nostro stato, Vladimir Lenin.
Il popolo sovietico sa bene che cosa terribile e distruttiva sia la guerra. 42 anni fa la Germania nazista, che puntava alla supremazia su tutto il mondo, attaccò il nostro Paese, bruciò e distrusse molte migliaia delle nostre città e villaggi, uccise milioni di uomini, donne e bambini sovietici.
In quella guerra, che si concluse con la nostra vittoria, eravamo alleati con gli Stati Uniti: insieme combattemmo per la liberazione dagli invasori nazisti di molti popoli. Spero che tu conosca tutto questo grazie alle lezioni di storia a scuola. E oggi vogliamo fortemente vivere in pace, commerciare e collaborare con tutti i popoli nel globo terrestre, con quelli lontani e con quelli vicini. E certamente anche con un grande paese come gli Stati Uniti d’America.
Sia in America che nel nostro Paese ci sono armi nucleari, armi terribili che possono in un istante uccidere milioni di persone. Ma non vogliamo che vengano mai messe in funzione. Proprio per questo l’Unione Sovietica ha solennemente annunciato al mondo intero che mai – mai! – userà per prima le armi nucleari contro qualsiasi altro paese. E in generale proponiamo di interrompere la loro ulteriore produzione e di procedere alla soppressione di tutte le loro riserve sulla Terra.
Mi sembra che questa sia una risposta sufficiente alla tua seconda domanda: «Perché volete conquistare il mondo intero o almeno il nostro Paese?» Noi non vogliamo niente di simile. Nessuno nel nostro Paese, né operai e contadini, né scrittori e medici, né adulti e bambini, né i membri del governo vogliono una guerra, grande o “piccola” che sia.
Noi vogliamo la pace, abbiamo di che occuparci: coltivare il grano per il pane, costruire e inventare, scrivere libri e volare nel cosmo. Noi vogliamo la pace per noi stessi e per tutti i popoli del pianeta. Per i nostri figli e per te, Samantha.
Ti invito, se i tuoi genitori te lo permetteranno, a venire da noi, meglio se d’estate. Conoscerai il nostro Paese, ti incontrerai con i tuoi coetanei, visiterai un campo internazionale per bambini, Artek, sul mare. E ti convincerai personalmente: nell’Unione Sovietica tutti sono per la pace e l’amicizia tra i popoli.
Grazie per le tue congratulazioni. Ti auguro tutto il meglio nella tua vita che è agli inizi.

J. Andropov

Alle promesse seguirono i fatti. Nel luglio del 1983 la famiglia Smith sbarcò in Unione Sovietica con un’accoglienza degna delle più popolari celebrità. Assieme ai suoi genitori Samantha visitò Mosca e Leningrado per poi trascorrere il resto della vacanza ad Artek, un campo di vacanze per i giovani pionieri in Crimea, non lontano da Jalta. Proprio ad Artek diciannove anni prima Palmiro Togliatti era stato colpito da un ictus che lo avrebbe portato a morire poco dopo a Jalta. In Crimea la ragazzina volle alloggiare assieme ai suoi coetanei sovietici invece che vivere in un apposito alloggio preparato per la sua famiglia. Furono scelti bambini in grado di parlare inglese in modo da poter interagire con Samantha. L’auspicato incontro con Jurij Andropov, già malato (morirà pochi mesi dopo), non avvenne: si ebbe solo una conversazione telefonica. L’intera vicenda ebbe un successo inaspettato e contribuì, grazie ai racconti di Samantha, ad aiutare le rispettive opinioni pubbliche a comprendersi meglio. La frase sono come noi detta dalla bambina americana ai media del suo paese di origine fu un’ottima sintesi di quell’esperienza e un’incredibile occasione di marketing per i sovietici.

Francobollo russo del 2014 dedicato a Jurij Andropov nel centenario della nascita. A sinistra gli emblemi di URSS e KGB

Dopo il viaggio in Unione Sovietica

Negli Stati Uniti l’opinione pubblica si divise nei confronti di Samantha e della sua esperienza di viaggio. Alla fine di quell’estate, l’abbattimento del volo della Korean Air Lines 007 che stava violando lo spazio aereo sovietico rese ancora più aspro il confronto tra le due superpotenze. Reagan reagì schierando ulteriori missili in Europa. In quel contesto molti americani criticarono apertamente l’esperienza di amicizia vissuta dalla loro connazionale, mentre altri rimasero favorevolmente colpiti dalle parole rasserenanti di Samantha. In URSS, come è facile immaginare, l’intera vicenda venne raccontata positivamente.

Con i suoi dieci anni, la ragazzina veniva invitata in molti talk show americani e arrivò a scrivere un libro sulla sua esperienza. In un successivo viaggio in Giappone disse che sarebbe stato utile se le famiglie dei leader sovietici ed americani si fossero potute scambiare i figli per almeno due settimane all’anno. Nell’ultima parte della sua vita fu anche attrice nella serie tv Lime Street nel ruolo di Elizabeth, figlia di Greyson Culver, interpretato da Robert Wagner. Proprio di ritorno dalle riprese dell’ultimo episodio della serie il piccolo aereo che la riportava da Boston nel Maine si schiantò a terra mancando la pista di atterraggio. Con Samantha morirono il padre, i due piloti e altri quattro passeggeri.

Dopo la morte

Samantha Smith morì il 25 agosto del 1985 a solo tredici anni. Si susseguirono voci secondo cui l’incidente aereo sarebbe stato causato da un intervento della CIA o del KGB, ma ad oggi nessuna pista alternativa all’errore dei piloti gode di credibilità. La madre Jane diede vita ad una fondazione che permise per alcuni anni lo scambio tra bambini sovietici ed americani facendo esperienza di vacanza in Maine ed in Crimea. Ad Artek c’è un monumento dedicato alla ragazza ed uno dei viali principali della struttura, tuttora attiva ed esistente, porta il nome di Samantha Smith. A Mosca vi era una sua statua, rubata nei primi anni duemila. Altri busti o piccoli monumenti commemorativi sono sparsi in molte aree ex sovietiche e perfino una montagna nel Caucaso porta il suo nome. Sempre nell’anno della sua morte le poste sovietiche le dedicarono un francobollo da cinque copeche.

Proprio in questi giorni è ricorso il trentacinquesimo anniversario della sua scomparsa nel silenzio quasi assoluto della stampa del mondo occidentale. Nonostante non esista più l’Unione Sovietica, in Russia Samantha è invece ancora ricordata con affetto e proprio in occasione del triste anniversario è stata valorizzata con la testimonianza dei bambini, oggi quasi cinquantenni, che hanno trascorso quella vacanza con lei in Crimea.

Negli anni successivi Ronald Reagan e il nuovo segretario del PCUS Michail Gorbačëv ripresero a dialogare attraverso gli incontri diretti di Ginevra e di Reykjavik (ne parlavamo la settimana scorsa) che portarono a fine 1987 alla firma del Trattato INF sulla limitazione degli ordigni nucleari in Europa, che restituì un po’ di serenità ai bambini di mezzo mondo. Pur non essendo la firma del trattato una conseguenza diretta del viaggio di Samantha Smith, fa piacere ricordare che dopo la sua morte effettivamente avvenne un miglioramento delle relazioni tra Stati Uniti d’America e Unione Sovietica.

Francobollo sovietico del 1985 dedicato a Samantha Smith
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