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L’arte di Stefania Vichi: “La propensione alla creatività è un dono di natura”

In pochissimi anni la giovane tifernate è riuscita a guadagnarsi un posto importante nel panorama artistico-culturale internazionale

di Desyrè Baldacci
10/06/2021
in Cultura
Lettura: 6 min.
L’arte di Stefania Vichi: “La propensione alla creatività è un dono di natura”

Diplomata in danza classica e titolata avvocato, dal 2015 la giovane artista tifernate Stefania Vichi ha trasformato la sua passione in un vero e proprio lavoro, riuscendo a coniugare l’utile al dilettevole. Definisce il suo stile un “barocco contemporaneo” e osservando le sue opere si può intuire il perché di tale definizione. Le sue sculture, propriamente dette pittosculture, nascono dall’unione di tessuti e stoffe plasmate con resine e malte; questi materiali danno vita a delle creazioni uniche, dove la staticità si unisce al movimento, la luce si fonde con le ombre e i colori forti e decisi catturano lo sguardo dell’osservatore. Abbiamo avuto il piacere di parlare con Stefania della sua arte e dei suoi progetti futuri.

Da dove nasce la tua passione per l’arte Stefania?

Se devo dire quando è nata la mia passione, dico che c’è sempre stata! L’arte ha sempre fatto parte della mia vita: la danza mi ha permesso di venire a contatto con un mondo fatto di suoni, immagini e persone dedite alla creazione dalla mattina alla sera e questo mi ha sempre affascinato. Mi sono diplomata in danza classica e ricordo che ai saggi facevo la costumista per decine di ragazze, in me c’è sempre stata questa forte componente. I miei quadri partono da delle stoffe particolari che vengono plasmate con resine e malte, sono tessuti che vengono cuciti e resi delle vere sculture, dette propriamente pittosculture. Penso che la creatività sia innata e quando al lavoro si unisce la passione questo diventa qualcosa di bellissimo.

Quando la tua passione si è trasformata in un lavoro?

I miei primi quadri, piccolissimi, sono nati nelle pause studio durante il periodo di giurisprudenza. Non vedevo l’ora di arrivare alla fine del capitolo per potermi mettere a lavorare alle mie creazioni. La passione si è unita al lavoro quando, nel 2015, dedicai un quadro a mio marito che decise di esporlo nel suo vecchio studio. Lo vide un architetto e, rimanendo piacevolmente sorpreso, mi chiese di produrre un’opera simile, ma di dimensioni molto più grandi. Decisi subito di accettare, sono sempre dell’idea che bisogna provare e mettersi in gioco. Da lì è nato un diverso approccio all’arte, ho capito che può essere una passione, ma anche un lavoro.

Hai già esposto in varie mostre, dove precisamente?

Da ormai tre anni sono partita con esposizioni nazionali ed internazionali. Ho esposto a Liverpool, Londra, Torino, Castel dell’Ovo a Napoli, biennale d’arte di Roma, stadio Domiziano, Dubai, Terni, Firenze, Bologna, Genova e Gubbio. L’ultima mostra è stata quella a Palazzo Ranieri di Sorbello a Perugia intitolata “Rinascimento feat. Barocco loading art”, curata dal Prof. Carlo Pizzichini dell’Accademia delle Belle Arti di Brera. Sono stata molto fortunata perché abbiamo esposto da ottobre a novembre 2020 e il Covid ha bloccato solo l’ultimo fine settimana. La mostra di Perugia, anche dal titolo, ha voluto dimostrare che con l’arte si può rinascere e grazie allo stupore tipicamente barocco si può accrescere la propria sensibilità. Rinascimento e barocco non erano allusivi ai due periodi storici, ma facevano riferimento ad un vero e proprio modo di essere e di pensare. L’arte fa bene a tutti ed è un valore che deve essere protetto. Una mia opera è stata esposta anche alla Fondazione Pastificio Cerere a Roma, in una collettiva della Luiss curata dal critico Achille Bonito Oliva. Non si è potuta svolgere in presenza a causa delle restrizioni legate alla pandemia e vedere l’apertura della mostra in streaming è stato molto strano. Sono stata anche la finalista di “Exibart prize 2020”, un importante concorso finalizzato alla promozione dell’arte contemporanea italiana ed internazionale.

Quanto è importante la presenza del pubblico nei musei?

Il pubblico è importantissimo, l’emozione di un’opera dal vivo è insostituibile. Nel caso specifico delle mie pittosculture c’è anche tridimensionalità, tanto che io faccio sempre toccare le mie opere. Quando si uniscono più sensi alla vista l’opera diventa subito più attraente e comprensibile. Vedere un quadro dal vivo è totalmente differente che vederlo in un video dove ci può essere sempre il filtro di chi sta filmando. Un’opera ha bisogno di essere vista nei dettagli, quei particolari che una persona vede e un’altra magari no.

Come definisci la tua arte?

Il mio è un barocco contemporaneo e credo tanto in un nuovo rinascimento ispirandosi al passato. La mia arte è istintiva, non si rifà a nessun artista in particolare. Provengo da una famiglia di antiquari e l’amore per il bello viene sicuramente da loro. Le forme delle mie opere sono tipicamente barocche e credo che l’aver visitato fin da piccola mostre di arte antica ha sicuramente influenzato il mio stile.  

C’è un filo conduttore o un messaggio che unisce le tue opere?

Il filo conduttore delle mie opere è sicuramente la rinascita. La serie “Lex Italica”, ad esempio, nasce da un gioco di pieni e vuoti, luci ed ombre che creano una sorta di labirinto. “Lex Italica” è stato il mio primo quadro di grandi dimensioni e dietro c’è stata una grande riflessione: spesso ci troviamo incastrati in un labirinto, ma con astuzia e tenacia possiamo venirne fuori. Anche con le lezioni della storia passata, guardando noi stessi e guardando indietro, possiamo venirne a capo. Per la serie “Lex Italica” il primo quadro creato è stato il bianco, al quale sono seguite poi delle opere con dei colori particolari, scelti per rendere omaggio a delle famiglie che storicamente hanno investito nell’arte. Il giallo, ad esempio, è dedicato ai Della Rovere, il rosso ai Borgia, il nero agli Sforza e il viola ai Medici.

Che progetti hai per il futuro?

Il 17/18/19 giugno sarò a Castiglion del Lago alla quarta edizione di “Castiglione Cinema”. All’esposizione “Arts want to reborn” oltre alla mia creazione saranno presentate installazioni di altri due artisti emergenti, MAMO e Marrone. Posso dire che la mia opera rappresenterà un David di Michelangelo cianotico, privato del suo ossigeno, cioè il suo pubblico che è stato mancante nell’ultimo anno. Da cianotico comincia a riacquistare il suo aspetto tipicamente marmoreo con una trasfusione di arte e ricomincia, così, a vivere. Questo è il messaggio che sarà lanciato agli ospiti del festival, ricarichiamoci con l’arte. Il prossimo anno sarò presente alla biennale di Venezia: sto già pensando al progetto da presentare, voglio dedicarlo alla città che mi ospita, riflettendo sulla ciclicità della storia e rivisitandola in chiave contemporanea. Sono stata anche coinvolta in un progetto che si realizzerà in Cina presumibilmente nel 2022. Ci sarà un incontro di artisti internazionali: io sarò fra i quattro italiani presenti e questo mi rende orgogliosa. Appena mi hanno comunicato la notizia ho iniziato a studiare la storia cinese perché per me è importante rendere sempre omaggio al paese che mi ospita. Tra le altre cose, sono rappresentata in esclusiva per la Repubblica Dominicana da una galleria di Santo Domingo e sono presente anche a Miami: anche lì sto cercando di organizzare un’esposizione, perché a causa del Covid non sono mai potuta andare di persona.

Tags: arteculturaStefania Vichi
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