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Bobo Cestelli: “Se necessario sono pronto a ripartire da capo”

Con il valtiberino nel mondo di oggi parliamo delle difficoltà del settore turistico in Repubblica Ceca: “Del doman non v'è certezza”

di Redazione
04/07/2020
in Valtiberini nel mondo
Lettura: 5 min.
Bobo Cestelli: “Se necessario sono pronto a ripartire da capo”

Lorenzo Cestelli, da tutti conosciuto come Bobo, è un biturgense nato nel 1974 che si è formato in tre diverse regioni italiane, dato che ha svolto elementari e medie a Sansepolcro, per poi frequentare l’Istituto Tecnico Industriale a Città di Castello e la facoltà di lingue e letterature straniere (russo, inglese e cinese) a Bologna. Attualmente vive a Praga dove gestisce l’hotel Assenzio assieme ad altri due “valtiberini nel mondo”, la sua dolce metà Stefania, originaria di Sestino, e il cugino Giulio, di Sansepolcro.

Cosa ti ha portato a vivere e lavorare a Praga?

Sono emigrato a Praga nel 2011. La situazione lavorativa nella mia terra non era fantastica e siccome avevo studiato la lingua russa all’università ho pensato ad una destinazione che mi permettesse di riprendere e approfondire la lingua di Čechov e Dostoevskij. Ho scelto la Repubblica Ceca e non la Russia perché ero in contatto con altri amici di Sansepolcro che si erano trasferiti a Praga e quindi ho deciso di andare. Mentre avevo ripreso lo studio del russo è capitata l’occasione di prendere in gestione un albergo nel centro della capitale ceca, che mi ha convinto a decidere di rimanere qui. Adesso mi occupo del management dell’hotel Assenzio assieme a Stefania e Giulio, che fa parte assieme a Luigi e Simone Pagliacci del primo nucleo di biturgensi trasferitisi a Praga ben prima di me.

Lorenzo e Stefania

Quali sono i rapporti con gli altri valtiberini in terra ceca?

I rapporti con gli altri sono ottimi. All’inizio gestivamo tutti assieme un cospicuo numero di strutture alberghiere, poi ci siamo divisi amichevolmente, come l’Impero Romano all’epoca della divisione tra occidente e oriente. Ci frequentiamo, facciamo delle belle e gradite mangiate all’italiana, andiamo a cercare funghi e passiamo molte serate assieme, nonostante ognuno abbia messo su la propria famiglia e gli impegni da seguire siano inevitabilmente aumentati.

Tre mesi fa il tuo collega Luigi Pagliacci ha raccontato a TeverePost le problematiche relative al Covid-19 nel vostro lavoro. Oggi come vanno le cose?

In tre mesi la situazione è nettamente migliorata. Non abbiamo più l’obbligo di stare chiusi e quindi abbiamo riaperto gli alberghi. Il problema principale è la mancanza di turisti. È difficile capire come muoversi per la mancanza di voli aerei e per le normative relative ai viaggi che sono diverse da Stato a Stato. Ancora siamo in alto mare. Il nostro è un settore molto colpito e il ritorno alla normalità non sarà affatto immediato. Viaggiare per turismo è una questione di volontà e non di necessità, se non si è tranquilli e si deve intraprendere un viaggio con preoccupazione non si può parlare di vera vacanza. Non mi riferisco al solo rischio sanitario, ma anche a tutte le problematiche collegate con la vicenda Covid-19. Per il momento diciamo che ci aspettiamo un 10-20% del lavoro normale, per poi sperare in un 30-40% il prossimo anno e forse la vera normalità tornerà solo nel 2023. Sempre che non ci siano ulteriori brutte sorprese, cosa che non ci auguriamo: a livello di problematiche abbiamo già dato. Ma, propositivamente, la speranza è quella che con un vaccino o una cura si possa superare definitivamente questa pagina.

Come hai vissuto la fase centrale della pandemia?

La prima fase l’abbiamo vissuta male. Seguivamo anche l’informazione italiana e posso dire tranquillamente che la comunicazione in Italia non era affatto ben gestita. Sembrava che ci fosse una gara tra i media a comunicare solo le cose peggiori e creare il panico, almeno questo ho visto da un’ottica fisicamente lontana dall’Italia. Naturalmente la situazione era grave e i decessi non mancavano, ma erano prevalentemente concentrati in una parte d’Italia. Noi ci siamo attenuti alle rigide regole italiane nonostante in Repubblica Ceca fossero diverse. Qui c’era l’obbligo della mascherina quando si circolava ma, per esempio, nessun obbligo di autocertificazione. Siamo sempre stati al lavoro nonostante l’albergo fosse chiuso, dato che dovevamo gestire tutta la parte burocratica e naturalmente le cancellazioni delle prenotazioni. 

  • Sul Ponte Carlo di Praga
  • A New York

Quali programmi hai per il futuro?

Come diceva il mio omonimo Lorenzo dei Medici, “del doman non v’è certezza”, mentre manca la fase del “chi vuol esser lieto sia”. Purtroppo stiamo ancora valutando quello che si può fare a livello turistico, c’è un affitto da pagare e non ci sono clienti da gestire, questo alimenta tanti dubbi. C’è naturalmente la speranza di ripartire e c’è la volontà di farlo, ma in un modo o nell’altro la vita andrà avanti, in questo o in un altro settore. Io mi sono mosso da Sansepolcro in tarda età cambiando la mia vita, e non avrei problemi a ripartire da capo se dovesse essere necessario. Certo abbiamo investito tempo e fatica per creare un qualcosa che attualmente è svanito velocemente, il futuro al momento è un bel punto interrogativo.

Vuoi usare TeverePost per mandare un saluto in Valtiberina?

Approfitto per salutare tutti coloro che mi conoscono in tutto il mondo, dato che sono molti a leggere TeverePost anche fuori dalla Valtiberina. Naturalmente un abbraccio in particolare a quelli che vivono a Sansepolcro e alla mia famiglia, e un augurio che questo stop brutto ed inaspettato serva come elastico per ripartire e stare meglio in un futuro. Mi auguro che anche la mia città di origine possa tornare ai fasti del passato, avendola ultimamente vista un po’ sottotono.

Tags: Lorenzo CestelliPragaRepubblica Cecavaltiberini nel mondo
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