Gli gnocchi di patate

L’associazione Le Centopelli celebra il tubero più famoso al mondo con un must della cucina casareccia. La ricetta, gli abbinamenti AIS e i consigli di Augusto Tocci

Come sempre cerchiamo di seguire i periodi stagionali con la nostra rubrica, sia dal punto di vista tradizionale che da quello agro-alimentare. Quindi non potevamo non parlare delle patate che per tradizione vengono “cavate” in questo periodo, con delle piccole differenze legate a zone geografiche e situazioni climatiche.

Per parlare del tubero più famoso al mondo, abbiamo scelto una ricetta che sembra facile, ma in realtà non lo è, dipende dalla scelta delle patate, dalla quantità di farina, dalla così  detta mano e non per ultimo dal tempo (umido o secco).

Vi presento una versione che posso dire viene perfetta, assaggiata per voi naturalmente.

Per quanto riguarda i condimenti si può scegliere quelli più classici, fino a sbizzarrirci a condimenti più ricercati

Ingredienti

Procedimento

Lessare le patate, passarle con il passaverdure con i fori grossi e lasciare raffreddare.

Fare dei bringoli un po’ grossi e tagliare a gnocchetti.

Stendere in un vassoio con abbondante farina e tenere al fresco fino al momento della cottura, gli gnocchi sono cotti quando vengono a galla.

Ais Delegazione di Arezzo – Gruppo operativo Valtiberina Toscana consigliano

a cura di Antonella Greco

“Giovedi? Gnocchi!” …rispondono in coro nel Lazio. Ma in Campania gli gnocchi si mangiano la domenica mentre a Verona il venerdì della settimana di Carnevale. Pensate a quanto sono belle le tradizioni. Ognuno ha le sue: tutte belle e tutte da rispettare, proprio come diceva il vecchio adagio “paese che vai usanza che trovi”.

E lo gnocco, grazie alla materia prima di cui è fatto cioè la patata, sta bene con tutto: ragù di carne, alla sorrentina, pesto ligure o qualsiasi altro condimento. Ovviamente a seconda del condimento cambia anche l’abbinamento con il vino.
Con il Ragù potremmo scegliere un rosso, poichè occorre una giusta morbidezza e un tannino moderato per accompagnare la freschezza (acidità) del pomodoro e la tendenza dolce delle patate. In questo caso potremmo consigliare una Barbera Sarda, da sempre utilizzata come uva da taglio per la sua freschezza, ma di recente valorizzata anche in purezza. Ha un colore rosso rubino/violaceo, addirittura cupo ed ha un quadro aromatico complesso: si riconosce la rosa, la viola, la ciliegia, i frutti di bosco, la prugna essiccata, note speziate come pepe e liquirizia, marmellata, caramello, fieno, paglia e tabacco. Ha una buona acidità e tannini quanto bastano. Mentre un Aglianico sarebbe il giusto abbinamento con gli gnocchi alla sorrentina, gratinati al forno e spolverati con mozzarella di bufala e parmigiano (dell’Aglianico ne abbiamo già parlato nelle precedenti ricette).

Se invece decidiamo di servirli conditi con il pesto alla genovese, allora dovrete correre in enoteca e chiedere di un vino bianco e nello specifico di un Pigato della Riviera di Ponente che se la gioca con la grassezza e l’untuosità classica del pesto stesso. Il Pigato ha un colore giallo quasi dorato e ha profumo intenso di macchia mediterranea. Prende il suo nome dal latino “picatus”, che indica le macchioline presenti sull’acino. E’ secco e sapido e va servito tra i 13 e i 16 gradi per accentuarne le proprietà e il gusto.

Nunc est bibendum!

I consigli di Augusto Tocci

La sua prima introduzione dopo la scoperta dell’America avvenne in Francia dove in un primo tempo fu presa in considerazione come ornamento e solo nel XVIII secolo Parmentier decise di introdurla nell’alimentazione. Si trattò di una impresa veramente difficile perché,  a quanto è dato di sapere,  la patata aveva un sapore molto acre.

Questo ricercatore, però,  perfezionò i metodi di semina e, attraverso manipolazioni tecnico-scientifiche, arrivò alle produzioni delle varietà che oggi utilizziamo. Parmentier, con l’appoggio del re, per convincere la popolazione diffidente fece seminare campi di patate nella periferia di Parigi ed organizzò un severo controllo durante il giorno, tanto che il popolo fu invogliato a farne saccheggi notturni. Questa è la storia del tubero della patata che è destinato all’alimentazione umana e animale; attenzione, però, le foglie e i frutti (quelli che derivano dal fiore) sono assai velenosi perchè contengono sostanze che vanno sotto il nome di solanina e solanidina. Molte volte quando si lasciano le patate alla luce si verifica l’inverdimento della buccia ed è questo il sintomo inequivocabile della formazione della sostanza velenosa anche nel tubero. E’ buon accorgimento dunque conservare con cura le patate se le vogliamo sempre buone per la nostra mensa.

La patata come pianta medicinale offre una miriade di impieghi soprattutto sotto forma di alimento, che indirettamente serve ai diabetici, nei quali Mossè notò una attenuazione dei sintomi morbosi e un miglioramento dello stato generale, con una adeguata somministrazione quotidiana. Questa azione sarebbe dovuta alla composizione della patata: potassa, magnesia,  acidi citrico e malico che determinano un’alcalosi. Che la patata sia utile nei soggetti adiposi e cellulitici è testimoniato dalle abitudini dei contadini di un tempo,  che usavano mangiare la sera formaggio bianco e qualche patata al forno, senza privarla della pelle.

La farmacopea di un tempo consigliava inoltre cataplasmi di patata grattugiata da applicare sui foruncoli e sulle scottature, perché tolgono sicuramente il dolore e l’infiammazione. Grande importanza possedeva come mezzo profilattico e curativo dello scorbuto e lo testimonia la storia: in Inghilterra quando furono eliminate dal regime carcerario si ebbe lo scoppio di una gravissima epidemia di questa malattia.

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