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“Il bene minore”, nel noir di Marco Cestelli si combatte la mafia con metodi non convenzionali

L’autore a TeverePost: “Mi sento prigioniero di un paese illogico”. Trame originali calate nella stretta attualità in questo romanzo e nei prossimi due già in lavorazione

di Emanuele Calchetti
11/08/2020
in Cultura
Lettura: 6 min.
Marco Cestelli

Marco Cestelli

Marco Cestelli, nato e cresciuto a Sansepolcro, dopo il Liceo di Sansepolcro ha vissuto dieci anni a Milano per studio, lavoro e servizio militare. Tornato in Valtiberina – “perché ho conosciuto la mia futura ex moglie”, ci dice – è stato per 13 anni direttore commerciale di Eurosatellite ed ha poi creato una propria azienda di formazione per tecnici. E rivendica di essere stato, nel 1989, “il primo importatore italiano di karaoke”. È dell’anno scorso l’esordio nel mondo della letteratura con il romanzo Il bene minore, scritto nell’estate del 2018 in tre mesi e mezzo: “Avevo tempo e l’ho buttato giù di getto”, spiega l’autore. “Non sapevo come si scrivesse un romanzo, ma è andata bene. Tra le proposte editoriali ho scelto quella di Bookabook, un nuovo tipo di editoria che prima di passare all’editing di un libro che ha selezionato pretende che in cento giorni ne vengano vendute 200 copie. Quando ancora il libro non c’è, quindi attraverso social, conoscenze, blogger. Io l’ho fatto e così siamo arrivati alla fase di editing, dove hanno corretto e reimpostato il mio testo. Non avevo sbagliato neanche un verbo e di questo sono molto felice”, sottolinea, “però hanno sfrondato 70-80 pagine e fatto 509 annotazioni stilistiche che mi hanno fatto sanguinare un po’ il cuore. Ma sono professionisti e va bene così. Quindi già in partenza 200 copie erano vendute, di cui almeno 150 qui a Sansepolcro. Dopodiché il romanzo è andato bene in libreria per Natale, poi il lockdown ha fermato le presentazioni. Ma sono l’ultimo a doversi lamentare del lockdown”, ci tiene a precisare Cestelli.

In che genere ci muoviamo?

È un giallo, anzi più un noir, una storia che mi sono immaginato in uno di quei sogni che capitano un po’ a tutti noi, quello di combattere la mafia e la disinformazione che c’è in Italia e in Europa attraverso i loro sistemi, fuori da quello che è l’ambito della giustizia. Perché la giustizia non potrà mai competere con i sistemi mafiosi, è un po’ come l’antidoping: scopri i metodi per individuare una sostanza, ma nel frattempo l’entourage dell’atleta ne ha già trovata un’altra ed è mesi in anticipo. Questo accade anche con la mafia, si arresta un mafioso, lo si interroga, non risponde, si avvale di tutte le garanzie che uno stato democratico e civile impone, e nel frattempo i circuiti mafiosi vanno avanti. Anzi, lui guadagna anche consenso personale perché non ha parlato e la sua famiglia aumenta il suo standing all’interno di quel mondo. Per cui è come chiudere una diga con un dito.

In questo libro qualcuno decide di prendere di petto la situazione.

In questo libro la situazione infastidisce tutta l’impalcatura europea che noi conosciamo, perché la mafia con il crollo della Libia, del regime di Gheddafi, è diventata una sentina di problemi: esportazione di prodotti petroliferi di contrabbando, di clandestini, di droga, tutto passa dalla Libia e poi da Malta, che è Europa e fa diventare europei tanti prodotti illegali. E sempre a Malta arrivano i gommoni con i clandestini, c’è tutto un circuito perverso. Interviene quindi una organizzazione di servizi segreti, che contatta uno sfortunatissimo maggiore dei Carabinieri. Un Carabiniere figlio di Carabinieri – non ho parenti nell’Arma ma me lo sono immaginato così – che aveva avuto una disavventura sul fronte iracheno: aveva salvato la propria vita e quella dei propri uomini facendo una strage, un’azione politicamente molto scorretta. Per cui non potevano condannarlo più di tanto ma la sua carriera era assolutamente finita. Contestualmente stava vivendo una separazione disastrosa, insomma una persona messa male!

Il profilo ideale per una missione ai limiti della legalità.

Esatto. Gli offrono tanti soldi – senza spiegargli chi sono, ma si capisce chiaramente che si tratta di istituzioni riconosciute – e gli chiedono di mettere in piedi qualcosa che fermi il contrabbando, soprattutto quello di materiale umano, quindi di clandestini. Perché questo, insieme a tutta la disinformazione che dilaga sul web, fa sì che le istituzioni vengano messe sotto uno stress particolarissimo, e dunque Brexit, Trump, sovranismo, populismo.

La storia tocca quindi questioni politiche spinose.

Sì, ma non si fanno valutazioni politiche, si fanno valutazioni più che altro storiche. Vediamo questi clandestini che nella stragrande maggioranza vengono in Italia non a cercare una palma sotto cui sedersi, ma per lavorare e stare meglio di come stavano prima, magari mandare a casa dei soldi. È quello che abbiamo fatto noi negli anni passati e quello che del resto stiamo facendo oggi, se è vero che 180.000 laureati hanno abbandonato l’Italia in dieci anni per andare a cercare un posto migliore e più dignità all’estero. Ma noi lo possiamo fare perché siamo bellini, siamo bianchi, abbiamo vestiti italiani, abbiamo i Rayban, abbiamo il capello curato e abbiamo una comunità economica europea di 500 milioni di persone che in qualche modo, obtorto collo o con felicità, ci accoglie. Ecco, loro questa fortuna non ce l’hanno. Poi non voglio discutere sulla questione dei clandestini, se sia bene o male – è male gestita così perché non serve a nessuno se non a chi ne fa una battaglia politica di contrasto – ma è chiaro che il problema esiste e va affrontato.

E come lo affronta il protagonista del romanzo?

Il nostro maggiore dei Carabinieri, avendo mezzi notevoli a disposizione, si inventa una nave portacontainer da piazzare fuori dalle acque territoriali, quindi oltre le 12 miglia nautiche dalla costa, poi fa rapire e buttare in questi container commercialisti e avvocati di mafiosi. Li attacca letteralmente al soffitto con le mani dietro la schiena e li lascia lì finché non parlano. Una volta che hanno parlato, ci sono dei gruppi in terraferma che vanno a uccidere i personaggi chiave di questi traffici. È un’operazione che deve durare solo sei mesi, ma già in tre mesi e mezzo fanno abbastanza.

Non sveliamo il finale.

No, comunque il finale piace ma dispiace: essendo sfortunato, il Carabiniere rimane sfortunato fino alla fine. Comunque il problema viene parzialmente risolto.

Ora è chiaro perché il libro si intitola Il bene minore.

Sì, perché fai del bene a livello sociale, ma è un bene minore perché in realtà è fuori da ogni logica di giustizia e di civiltà: torturare e uccidere è pur sempre torturare e uccidere.

Ci sono altri romanzi in programma per il futuro?

Ce ne sono altri due già in gestazione. Uno tutto al femminile – mentre nel Male minore le donne le tratto malissimo. Questo si svolgerà qui nel nostro territorio, pur senza nominarlo. L’idea è quella di creare un villaggio di famiglie perfette, selezionate da un immobiliarista, con una persona che si diverte a rovinarle, queste famiglie. Sono tutte persone che hanno una buona posizione sociale e avrebbero tutto per essere felici, ma in realtà riescono a rovinarsi quasi tutte con le loro stesse mani, per tradimenti, gelosie e altri motivi.

E l’altro libro?

Il terzo sarà una serie di processi online. Per esempio un industriale ha una fabbrica che inquina, ci sono dei morti dovuti a questo inquinamento, non tanti, però ci sono. C’è il processo, ma mancano le prove, scadono i termini, il reato va in prescrizione e in pratica l’industriale non paga niente. E allora il padre di una delle vittime, una ragazza, decide di assoldare dei clown che online intentano un processo a questo personaggio. Uno scherzo che però si conclude con una condanna a morte attraverso una sentenza emessa attraverso like e dislike. E come si esegue la condanna? Il padre della ragazza offre una ricompensa 100.000 euro a chi ammazza l’industriale, il primo che lo fa e dimostra di essere stato lui riceverà i soldi.

Insomma tre romanzi con trame originali ma intrecciate con la stretta attualità.

Un’attualità che è per me sanguinosa, perché vedo troppo poca intelligenza diffusa. In realtà mi ritengo anche un cretino per il fatto che mi sento in dovere o in grado di giudicare, e questo non mi piace. Però mi sento prigioniero di un paese illogico.

Il bene minore di Marco Cestelli (Bookabook, 2019)
Tags: Il bene minoreletteraturamafiaMarco Cestellinoir
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