Il pranzo povero del periodo della potatura

Una tradizione gastronomica antica e riproposta oggi dall’associazione Le Centopelli e dalla signora Carla di Tavernelle

“Un giorno l’asino scappò dalla stalla e corse all’abbeveratoio. Dopo poco tempo che beveva, alzò il muso e cominciò a brucare i tralci di una vite che il contadino aveva messo a pergola per far ombra.  L’asino con i morsi strappò alcuni tralci, altri li accorciò e agli occhi del padrone apparve un disastro. Ma con meraviglia, la vite con i tralci troncati, diede in breve tempo una quantità maggiore di uva rispetto alle altre.” 

Narra cosi una leggenda su una delle pratiche più antiche compiute dall’uomo, nel mondo agricolo uno dei tanti momenti che scandiscono le fasi del lavoro stagionale. Naturalmente come avviene per altri momenti, anche la potatura ha la sua tradizione gastronomica. Questa volta ci arriva da zone come le Tavernelle, Ponte alla Piera fino a giungere a Caprese Michelangelo. Ci fa Conoscere questa ricetta della tradizione contadina, la signora Carla dalle Tavernelle di Anghiari.

Ingredienti

Procedimento

Cuocere il rigatino in padella e aggiungere l’aglio.

Una volta rosolato (ma non troppo), aggiungere il concentrato di pomodoro allungato con un po’ di acqua, lasciare cuocere per un po’.

Bagnare alla fine con l’aceto allungato diluito con dell’acqua e alzare la fiamma. Una volta sfumato spolverizzare con il pangrattato.

Servite ben caldo con fette di pane abbrustolito accompagnato da un buon vino.

Ais Delegazione di Arezzo – Gruppo operativo Valtiberina Toscana consigliano

a cura di Antonella Greco

Visto l’argomento introdotto da questa ricetta ( la potatura), dovremmo raccontarvi il ciclo di vita di una vite: quando diventa produttiva dopo il suo terzo compleanno, il suo riposo invernale e le sue “lacrime” del risveglio primaverile. Della fioritura, dell’allegagione, invaiatura e agostamento. Quindi della potatura secca o quella verde, della spollonatura e scacchiatura. Ci vorrebbe un libro e nn sappiamo se vi annoieremmo (anche se è un bellissimo argomento che vi consigliamo di leggere). Ma per tenere fede all’intento e per introdurre il vino che vi consigliamo, vi parleremo di un altro taglio, quello delle uve. Quando parliamo di uvaggio, intendiamo un blend di uve provenienti da annate diverse o da vitigni diversi.

Il taglio più famoso è quello bordolese, messo a punto a Bordeaux, ma praticato in Italia con i Super Tuscan ( Bolgheri dice qualcosa? E Sassicaia?). In questo uvaggio si incontrano e stringono una grande amicizia il Cabertnet Sauvignon con il Merlot, in aggiunta o sostituzione del “capobanda” Sangiovese. Talvolta allargano la cerchia accogliendo anche il Cabernet Franc. E proprio perché usati essenzialmente in uvaggio, ci dimentichiamo che ciascuno di questi vitigni ha una sua meravigliosa dignità anche in purezza. Oggi, ad accompagnare il piatto della potatura, vi consigliamo un elegantissimo Alto Adige Merlot Doc. prodotto all’85% da merlot e il restante da altri vitigni a bacca rossa autorizzati dal disciplinare.

Il Merlot che prende nome dai merli, perché ne apprezzano gli acini, proviene dalla francese Gironda, arriva in Italia e si “accomoda” in Friuli, Trentino e Veneto. Quindi, essendo meno permaloso del Pinot Nero che nn si adatta quasi a nulla se nn nella sua zona di origine in Borgogna, affonda le radici anche nella terra Siciliana o Campana dando vita a vini caldi e speziati. Oggi tuttavia, vi consigliamo di provare la versione “nordica” coltivata nel Termeno a circa 250/400 metri con una bella escursione termica che ne preserva i profumi e la freschezza ( acidità), di un bel rosso rubino che profuma di mora, di ribes nero, prugna cotta e talvolta goudron e vaniglia e il tannino è talmente vellutato che coccola la bocca.

Nunc est bibendum!

I consigli di Augusto Tocci

Aceto balsamico – Dovremmo riferirci a un condimento storicamente prodotto nel territorio di Modena-Reggio Emilia dove, dal tempo degli Estensi, si usa aromatizzare e invecchiare l’aceto casalingo con l’impiego di varie droghe (liquerizia, rosmarino, vaniglia, rose ecc.). Quello che si produceva in epoca antica e che si conservava come una reliquia, divenne nel periodo del secondo dopoguerra un prodotto in parte diverso, oggi commercializzato dovunque. È pertanto a questo che ci dobbiamo riferire. Condimento diverso da quello di vino comune, è ottenuto attraverso un processo di invecchiamento variabile, che conferisce al pro­ dotto un aroma  inconfondibile. Si adatta a molte preparazioni e si abbina bene con ogni portata, dall’antipasto al dolce.

Scegliamo bene – Oggi lo troviamo nei supermercati, generalmente definito aceto balsamico tradizionale. Tuttavia, a seconda dell’uso che se ne vorrà fare, conviene fare attenzione nella scelta perché una cosa è l’aceto balsamico tradizionale (di Modena o di Reggio Emilia) DOP, il più pregiato, un’altra è l’aceto balsamico di Modena IGP, anche se è sempre un prodotto di alta qualità.

Conservazione – Questo prodotto viene distribuito in bottigliette di dimensioni ridotte, rispetto a quelle del comune aceto di vino, che dunque non abbisognano di particolari metodi di conservazione. Riguardo ai tempi,l’aceto migliora proprio con l’invecchiamento.

Exit mobile version