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Don Damiano e don Pasquale, parroci sulla Linea Gotica

Ricordi e testimonianze sulla fucilazione di Ferruccio Manini e i mesi terribili che precedettero la liberazione di Sestino

di Giancarlo Renzi
25/04/2022
in Attualità
Lettura: 3 min.
Don Damiano e don Pasquale, parroci sulla Linea Gotica

Don Michele Elli durante una visita a Sestino di Amintore Fanfani

Il 25 aprile è festa. Festa della Liberazione d’Italia e per la sconfitta dei regimi fascisti, dei quali si perdono a volte le storie locali. Sestino era sulla “linea gotica”, una linea di bellicosi scontri tra le forse tedesche, le milizie di Salò e gli Alleati che erano giunti sulla sinistra del Metauro. Sestino fu liberato tra il 28 e il 30 settembre 1944 ma visse mesi terribili.

Molte memorie ce le tramandano i parroci del tempo con i loro diari, come don Gino Lazzerini e don Gerico Babini, e le raccolte di documenti realizzate dall’“Istituto di Studi e Ricerche della civiltà Appenninica”. Ma ci sono cose non scritte che ogni tanto emergono dai cuori, dai pensieri tenuti nel “cassetto”, perché ancora fanno male.

Parlo al telefono con una signora novantenne oggi nel milanese, Paola Elli, a Sestino nel 1946 con il fratello arciprete don Michele Elli, inviato per aiutare il vecchio don Damiano Olivoni.

“Quando nel luglio del ’44 fu ucciso il giovane Ferruccio Manini, ad opera di un plotone comandato da Giorgio Albertazzi – mi racconta – le ansie erano ancora quotidiane e le avvertimmo anche noi, pervenuti nel sestinate poco dopo. Don Damiano si era rifugiato in un casolare in mezzo ai boschi per sfuggire ai possibili bombardamenti – ma aveva portato con sé il quadro della Madonna della Misericordia per salvarlo da rapine e distruzioni. Il comando militare di Sestino, con la presenza dell’Albertazzi, aveva catturato quel giovane fuggito dalle milizie repubblichine di Salò e voleva fucilarlo. Lui chiese, mani legate dietro la schiena, di confessarsi e glielo concessero. Don Michele ancora non era a Sestino, don Damiano era ammalato. Allora andarono a cercare il parroco di Presciano, don Pasquale Renzi. Manini fu confessato in una situazione sconvolgente perché i fascisti vi volevano assistere. Poi seguì la fucilazione”.

Lapide in ricordo di Ferruccio Manini

“Don Pasquale ritornò verso Presciano con il cuore spezzato. Ogni volta che ci ricordava quel fatto gli veniva da piangere. I Repubblichini non erano ancora contenti, perché volevano dal prete confessore i suoi segreti. Lo cercarono. Capito il pericolo – continua ancora Paola Elli – don Pasquale uscì dalla canonica. Per giorni visse nascosto in un campo di granturco, dai suoi parenti all’Acquaiola. Continuarono a cercarlo ma non lo trovarono. Di notte dormiva in un capanno, sempre all’Acquaiola, e il suo babbo faceva la guardia. Angiolo Renzi, il padre, fu anche uno dei primissimi del paese ad aderire al Partito popolare di don Sturzo”.

”Credo – conclude Paola Elli – che anche la popolazione di Presciano non si sia prestata a illazioni contro don Pasquale”.

La lapide che ricorda don Pasquale Renzi

Una situazione simile l’ha raccontata Vittorio Zamponi, anche lui originario di Presciano, che da chierichetto accompagnò don Pasquale in quel tragico giorno consumatosi al cimitero di Sestino, dove oggi è innalzato una monumentale lapide ricordo.

“Venivano a cercare quelli, come mio padre – dice Vittorio Zamponi – che non erano fascisti, magari filocomunisti, e li legnavano”.

“Anche le chiese non sempre erano rispettate e in quella di Sestino c’erano entrati perfino con i cavalli. Poi don Damiano e mio fratello Michele – ricorda ancora la signora Paola – si adoperarono per rimettere a posto la pieve. Il Sovrintendente Antonio Minto, che lavorò molto a Sestino per l’archeologia e i monumenti, riuscì a riportare bella la chiesa. Voleva ricostruire un tempietto sul sagrato, davanti all’Antiquarium, ma poi non ci riuscì. Volevano anche fare una sepoltura monumentale per don Damiano in chiesa o nella cripta restaurata ma anche questo disegno, non conosco il motivo, non poté essere realizzato. Ma ricordo bene che venivano in canonica Fanfani, La Pira e Bucciarelli Ducci, presidente della Coldiretti: le prime riunioni con i coltivatori le faceva in canonica”.

Sembrano lontani quei giorni. Ma hanno un’attualità sconvolgente, perché le guerre continuano e le avvertiamo anche noi tutti i giorni.

Tags: Linea GoticaResistenza
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