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La pomarola toscana

Il focus gastronomico de Le Centopelli di questa settimana è dedicato ad un'altra tradizione di fine estate

di Le Centopelli
04/09/2021
in Gastronomia consapevole
Lettura: 6 min.
La pomarola toscana

Ancora tempo di pomodori, gli ultimi giorni per preparare conserve e sughi da mettere via per l’inverno. L’anno scorso abbiamo parlato del rito di “fare i pomodori”, bollitori all’opera per conservare i profumi dell’estate. Quest’anno l’amico Fabio Nenci ci fa conoscere la sua Pomarola Toscana, che se fatta in abbondanza è un altro modo per conservare il fresco profumo dell’estate nelle nostre dispense.

Dosi ed ingredienti

  • 800 gr. di pomodori S. Marzano più 200gr. di pomodori Pachino
  • 1 cipolla ramata
  • 2 carote
  • 1 costola di sedano
  • 1 patata
  • 10 foglie di basilico
  • Sale q.b.
  • Tempo di cottura 1-2 ore

Preparazione

Mettere in una pentola i pomodori spezzettati e portare a bollore, dopo 15 minuti scolare l’acqua ed aggiungere le carote, l cipolla e il sedano tagliato grossolanamente.

Far bollire il tutto per 50 minuti circa.

Passare il tutto e rimettere sul fuoco a bollire per circa 45-50 minuti.

Aggiungere il basilico e aggiustare di sale.

Condire la pasta con l’aggiunta di un giro d’olio extra vergine di oliva crudo. *Fatta in maggior quantità, può essere conservata in barattoli con la procedura della sterilizzazione.

Ais Delegazione di Arezzo – Gruppo operativo Valtiberina Toscana consigliano

C’erano dei calderoni nell’aia, spessi, fondi e anneriti nella parte che si appoggiava al treppiedi. Sotto c’era la legna che ardeva. Accanto ci stava la tavola che nn mancava mai: quella dove stavano appoggiati i boccali o le bottiglie vuote. Agganciato al tavolo con una morsa c’era il passapomodoro. Quelli più ricchi lo avevano elettrico e di ferro, altrimenti si faceva a manovella con quello di plastica: entrambi separavano la polpa dalle bucce strizzate bene, bene. Il succo
finiva nel catino e con l’imbuto e il mestolo si riempivano i vari recipienti. “Mi raccomando, stringi bene che sennò entra aria e si spacca”. Le bottiglie avevano un aggeggio infernale dove con santa pazienza si metteva il tappo e poi con decisione si abbassava una leva e la bottiglia veniva sigillata. Difficilmente si spaccavano.

Poi tutti a testa in giù dentro il marmittone pieno di acqua bollente. Una bella scottata e dopo aver aspettato che si freddassero, barattoli e bottiglie venivano stivati nelle cantine per poi essere usati alla bisogna durante l’anno. Altro che “passata pronta” del supermercato! Quanto profumo di basilico fresco!

Il rito della “passata di pomodoro” segnava la fine dell’estate. Le ciabatte di plastica con i buchini (quelle che gli uomini avevano generalmente con l’incrocio marrone e le donne di tutti i colori meno che giallo), venivano messe a dura prova, dopo aver camminato lungo tutta la bella stagione, ed erano destinate a macchiarsi definitivamente di rosso e ad essere buttate.

Quale vino abbinare ad un gustoso piatto di pasta al pomodoro appena fatto? Occorre un vino giovane, profumato di media struttura e fresco. Nel rispetto della tradizione, nelle campagne toscane ci sono tanti filari di Malvasia bianca lunga aromatica ( es. Malvagia di Montegonzi), quella che ha il puntino sulla buccia leggermente spessa, ma tanto succosa. Lo consigliamo leggermente fresco di frigo per apprezzarne l’esplosione di fiori e frutti che ne compongono il bouquet.

Nunc est bibendum!

I consigli di Augusto Tocci

Pomodoro – Lycopersicum esculentum

Pianta di presumibile origine americana, il pomodoro arrivò in Europa verso il  1500 e fu introdotto nel regno di Napoli direttamente dagli spagnoli. Come tutte le piante della famiglia delle solanacee non incontrò favori perché inizialmente, per il noto contenuto in solanina, venne ritenuta velenosa. E’ il 700 il periodo di maggior diffusione  della pianta, dal sud al nord dell’Europa, tanto che a Parigi entrò con prepotenza al tempo della rivoluzione Francese “al canto della Marsigliese”.

Il frutto del pomodoro che, come noto,  assume forme e dimensioni diverse, è generalmente di colore rosso brillante a maturazione avvenuta. E’ forse questo colore, quasi dorato, che si pensa abbia dato il nome alla pianta.

La coltivazione del pomodoro è molto comune in tutto il Paese, sia nell’orto di casa che in impianti industriali di vastissime dimensioni. Il prodotto è di regola destinato al consumo allo stato fresco, ma è anche materia prima per l’industria conserviera, tanto fiorente nelle zone più calde come la Maremma e l’Agro Napoletano.

Il pomodoro è sicuramente una pianta più alimentare che medicinale, anche se il “sugo” dei suoi frutti è salubre e nutritivo e giova molto addirittura ai sofferenti di emorroidi:  In tempi passati è stato utilizzato soprattutto contro la renella e alcune malattie delle vie urinarie; contiene in abbondanza acido citrico, malico, salicilico, allo stato di Sali di ferro. Nelle Antille il pomodoro si usa  in alcune malattie degli occhi e delle orecchie.

Il pomodoro, perché sia buono da mangiare, deve essere sempre maturo in quanto quando è ancora verde contiene una quantità più o meno grande di solanina e si sono constatati, per il suo uso, inconvenienti anche di una certa gravità.

Gli utilizzi pratici del pomodoro sono da sempre ben noti, e va ricordato che è un cibo che eccita l’appetito, favorisce la digestione, promuovendo,  con la sua gradevole acidità, la secrezione del succo gastrico. E’ certamente un prodotto nutritivo, contenendo sostanze albuminoidi, zuccheri, grassi e abbondanza di vitamine. Per sfruttare il suo apporto vitaminico è bene darlo fresco e zuccherato ai bambini.

In Spagna si prepara con questo  frutto il cosìdetto “unguento di pomodoro”,  stimatissimo per la cura delle emorroidi. Si ottiene facendo bollire parti uguali di pomodori tagliuzzati e di grasso,  finchè tutta l’acqua del frutto sia evaporata; poi si aggiunge un’altra parte di pomodoro fresco come la  prima e si fa bollire, finchè tutta l’acqua sarà ugualmente evaporata. Quindi si raccoglie il frutto in un recipiente e si conserva per uso locale. A conclusione di queste informazioni riteniamo doveroso ricordare ancora una volta che siamo di fronte a una pianta più alimentare che medicinale.

Tags: Augusto Toccigastronomia consapevoleLe Centopelli
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