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Piero Ciampi… aveva tutte le carte in regola

Prima di Bindi e Paoli, prima di De André e di tutta la scuola genovese, prima dei cantautori c'è stato lui: Piero Ciampi. Questa è la storia di un perdente autolesionista a cui non è mai importato nulla di esserlo anche se aveva tutte le carte in regola

di Moreno Metozzi
12/11/2020
in Oltre il Tevere
Lettura: 8 min.

Così come esistono musicisti sordi (vedi Beethoven), pittori ciechi (Renoir), oratori balbuzienti (re Giorgio VI), scrittori monchi, possono esistere poeti rissosi, maneschi inaffidabili ed egoisti? La risposta ha un nome: Piero Ciampi.

Piero Ciampi è stato una demone, un diseredato, un vagabondo, una vera e propria mina vagante, pronta ad esplodere tra le mani dei suoi conoscenti, nelle orecchie dei suoi rari ascoltatori e fra le gambe delle sue innumerevoli donne.. Un’autentica alterazione cromatica nel mondo della musica italiana e in fondo lui si considerava solo un poeta al punto da pretendere che si scrivesse così,:”poeta” nella sua carta d’identità alla voce professione.

Ha detto di lui Gino Paoli, che ha registrato un intero disco con le canzoni di Ciampi:” Io credo che Piero Ciampi fosse quello che valeva di più fra tutti noi, il più poeta, il più lirico, il più artista, il più folle, il più egoista. Piero si, era un egoista mostruoso, ma anche un genio”.

Questo è solo un esempio della considerazione che godeva fra i suoi colleghi questo livornese trapiantato (provvisoriamente, sfruttando le abitazioni degli amici musicisti, Reverberi, Tenco e lo stesso Paoli) a Genova nella seconda metà degli anni 50, sempre inquieto, sempre gonfio di vino, sempre litigioso,  sempre con la valigia in mano e come dice Giampiero Reverberi, “con solo una chitarra, un pacchetto di sigarette una camicia pronto a partire per Parigi con un biglietto di solo andata, a fare, come diceva lui stesso, le sue esperienze, quando le avrò fatte, affermava, potrò tornare indietro e cominciare a scrivere come dico io”.

Un militare fuori… ordinario

Piero Ciampi e Gianfranco Reverberi si erano conosciuti giovanissimi durante il servizio militare. Così racconta il loro incontro il musicista e produttore genovese:

Ai tempi del servizio militare dimostra tutta la sua insofferenza alla naia rivelando in modo già plateale tutti gli elementi distintivi di una personalità vulcanica: beve “come un’irlandese”, “non gli fa paura niente tanto meno un prepotente”, tanto che cerca deliberatamente la rissa coi “nonni” ed è, per usare un eufemismo, insofferente alla disciplina soldatesca, declama, fra le risate dei commilitoni, stravaganti poesie inventate lì per lì e scrive toccanti lettere d’amore con cui farà innamorare la figlia del suo comandante; nelle libere uscite va in giro a suonare per locali, un po’ dove capita. Aveva già esordito nella sua Livorno in un trio, in compagnia dei fratelli, suonando nelle bettole del porto e nei localini da ballo. Congedatosi torna a suonare nei night della Versilia ma, schifato dal pubblico dei vacanzieri di lusso che lui definirà poi: “volgarmente pornografici” nel 1957, transitando da Genova, approda a Parigi, dove, campando di espedienti e di vino,  conosce Louis-Ferdinand Celine e resta folgorato dallo chansonnier Pierre Brassens, (del quale più di tutti in Italia incarnerà poi lo spirito) così si acconcia a mettere le note alle poesie che scrive, ubriaco, sui tovagliolini di carta dei locali malfamati che frequenta. Comincia a cantarle e ottiene un certo successo nell’ambiente bohemien dove viene ribattezzato Piero l’italiano. Guadagna discretamente ma spende tutto in vino così dopo due anni torna in Italia, a Livorno, la sua città che sarà sempre il porto franco nel quale si rifugerà dopo ogni fuga fisica e mentale.

Vagando tra Milano e Roma

Siamo nel 1960 e una nuova generazione di musicisti si affaccia sulla scena: sono i primi cantautori. Dalla scuola francese a quella genovese. La strada di Piero s’incrocia un’altra volta con quella di Reverberi, deus ex machina della scena ligure, che ora lavora a Milano per la Ricordi, il fulcro discografico della giovane musica “colta” (che all’epoca vuol dire soprattutto Bindi e Paoli o, al massimo, gli ancor defilati Tenco ed Endrigo), come produttore e arrangiatore. Reverberi gli fa incidere alcuni brani col nome di Piero Litaliano (senza più l’accento).  In un periodo nel quale impera il Modugno di Volare e Vecchio Frac  il suo esordio è choccante, basta scorrere il testo di “Comphiteor”, suo primo 45 giri: “che una volta in una rissa, mi sono arreso a un nano (…) e giuro ogni mattina di fare grandi cose/ ma quando vien la sera che ho fatto? Niente/ che gioco sui cavalli il soldo che mi resta/ e tengo nelle tasche sogni strani” E’ il suo primo autoritratto in musica, quello di un perdente autolesionista a cui non importa nulla di esserlo.

Viene lanciato sul mercato discografico con quel nome, Piero Litaliano e con un battage pubblicitario sui giornali che contemplava frasi del tipo; “fra un anno sarà popolare come Mina”  ma lui molla tutto dopo aver inciso un album, intascato e puntualmente sperperato vari anticipi e torna a Livorno da dove si sposta ben presto in direzione Roma chiamato a scrivere canzoni melense per attricette e cantanti melodiche. Nel frattempo si sposa una prima volta con un’irlandese che gli da un figlio e lo pianta ben presto a causa del suo carattere rissoso e manesco. Piero Ciampi, ogni notte, colleziona donne di cui poche ore dopo a stento ricorda il nome, solo due ne ha amate veramente e le ha perse entrambe, per colpa sua e per sempre Da questa routine insoddisfacente lo trae fuori Gino Paoli che a Roma lo presenta a Ennio Melis, direttore artistico della RCA che lo mette sotto contratto.

. Ciampi incassa l’anticipo, una somma cospicua, e sparisce per tre anni senza incidere un disco ma Melis non desiste, una volta ritracciatolo gli mette al fianco il musicista Gianni Marchetti e il loro incontro darà vita a uno dei più fenomenali sodalizi fra un autore e un compositore che la storia musicale italiana ricordi. Con Marchetti, Piero è finalmente libero di essere se stesso, di esprimere quell’individualismo straripante, quel lirismo senza rete, quell’epopea dell’emarginazione, quel cabaret d’ordinaria follia che è la cifra stessa della sua scrittura poetica e della sua estroversione vocale. Il risultato è un album finalmente a nome di Piero Ciampi che contiene brani come “il vino”: Com’è bello il vino/ rosso rosso rosso/ bianco è il mattino/ sono dentro a un fosso/ e in mezzo all’acqua sporca/ godo queste stelle/ questa vita è corta/ è scritto sulla pelle…. … E non si vergogna di descriversi come bruto in “Ma che buffa che sei”  …Ma che cara che sei/ quando dici “son due le anime mie”/ quel pugno che ti detti/ è un gesto che non mi perdono/ ma il naso ora è diverso/ l’ho fatto io e non Dio…… Oppure come ne “il giocatore” dopo aver recitato una specie di monologo composto da cifre che aumentano esponenzialmente, conclude sdoganando su disco (e in tv) la parola “merda”.

Nonostante gli sforzi di Ciampi e Marchetti non succede nulla, anche se Charles Aznavour lo invita a cantare il brano “Tu No” nella puntata di Senza Rete, trasmissione RAI, dedicata allo chansonnier franco-armeno. Piero, che inizialmente non vuole cantare e viene letteralmente spinto sul proscenio da Paolo Villaggio, si presenta visibilmente emozionato e canta la sua canzone con le braccia conserte per tutta la durata del pezzo, quasi a difendersi dagli oltre 1000 spettatori presenti nell’auditorium e allo stesso tempo a fregarsene di loro. L’album Piero Ciampi quell’anno, e siamo nel 1971, vince il “premio della critica” ma nessuno si premura di promuoverlo come si deve, lui per primo, troppo preso da quel viaggio senza ritorno dove la notte ormai non si distingue dalla luce del giorno.

Ciampi non sa stare al mondo, non riesce a mettere le cose in prospettiva, a dar loro il giusto valore: la sua musica e la sua libertà sono le uniche cose che lo interessano, perso com’è fra continui drammi e felicità  nell’ottovolante di una vita meravigliosa e turbolenta, momenti che vengono però filtrati e restituiti da un talento cristallino e dall’impronta appiccicosa di un bicchiere di vino sul tavolo dell’ennesima osteria..

Una maturità irrequieta

Ma la creatività di Ciampi resta intatta così con  l’ormai fido Marchetti nel 1973 esce il suo nuovo album: ”Io e Te Abbiamo Perso La Bussola” che contiene quello che è il suo epitaffio umano e artistico “Ha Tutte Le Carte In Regola”, E poi “Io E Te Maria” sublime serenata con continui cambi di tempo e di armonia, e ancora lo sberleffo nei confronti dell’amore borghese: “Te Lo Faccio Vedere Chi Sono Io”, una sorta di cabaret esistenziale. Per l’intero album Ciampi vaga seguendo un filo conduttore incentrato su vicende personali (l’abbandono da parte della sua seconda moglie, le pratiche legali, la custodia dei figli), sui temi della separazione, del distacco, della solitudine (in anni in cui il divorzio è ancora un tema scottante, oltre che una conquista recente).

“Ha tutte le carte in regola”

Nello stesso anno Nada, livornese ruvida e bizzosa quasi quanto lui, incide un LP con sue canzoni che ovviamente risulterà essere un flop e l’anno dopo è Ornella Vanoni che contatta Marchetti perché a sua volta vorrebbe incidere un disco con brani di Ciampi che però…non si trova, sparito chissà dove; altra (e ultima) occasione persa.

Nel 1975 esce .“Andare, Camminare, Lavorare e Altri Discorsi” una specie di ”Il meglio di” con l’inedito “Andare Camminare Lavorare” una satira surreale e scioperata sull’Italietta dei referendum, dell’austerity e degli anni di piombo.

A pochi mesi di distanza viene pubblicata, in un doppio 33 giri, quella che sarà, di fatto, la sua ultima fatica discografica: Piero Ciampi Dentro e Fuori. Un commiato notevole sebbene, dal punto di vista musicale, un po’ più ripetitivo e sottotono rispetto al passato recente, particolarmente ispirato nei testi, forse mai così fluenti e narrativi, come se presagisse di avere tante, troppe cose da dire (a costo di essere verboso) e poco tempo per farsi ascoltare. La sua previsione, una volta tanto, si rivelerà esatta.

Piero Ciampi muore a Roma il 18 gennaio 1980, all’età di 46 anni,  pochi mesi dopo una sua apparizione televisiva, insieme a Marchetti, sulla neonata RAI TRE fra monologhi surreali e e canzoni spiazzanti come sempre.

Nel suo ricordo a Livorno nel 1997 è stato istituito il premio Ciampi, manifestazione musicale che si tiene ogni anno in gennaio.

Tags: musicaOltre il TeverePiero Ciampi
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Non staremo ad annoiarvi con il classico malloppo di considerazioni abbastanza ovvie e scontate del tipo “anno più difficile del previsto”, “progetti bloccati dal Covid”, “nonostante tutto #celafaremo” e via dicendo. Sappiamo tutti perfettamente che questi dodici mesi sono stati uno strazio. Piuttosto vogliamo soffermarci per qualche momento su ciò che fin qui abbiamo cercato di creare, ossia uno spazio di informazione alternativo dove ogni giorno, nel nostro piccolo, ci poniamo l’obiettivo non solo di aggiornare correttamente i cittadini sui fatti di attualità, ma anche di far comprendere loro quali importanti sacrifici si celano dietro la produzione di contenuti originali e il rigetto di copia-incolla, titoloni acchiappa click ed altre pratiche tipiche del giornalismo contemporaneo. Ci auguriamo pertanto di essere stati in grado di trasmettere il nostro approccio qualitativo e ‘slow’, mettendovi nelle condizioni di percepire anche solo una minima parte di questi sforzi.

Detto questo, vogliamo ringraziare ancora una volta i magnifici supporter commerciali, i partner operativi e tutti coloro che hanno scelto di credere nel progetto TeverePost, a cominciare dai nostri attentissimi lettori. A tutti loro saranno dedicate le nostre prossime attività in cantiere. See you soon!
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  • #AccaddeOggi: il 10 marzo 2019 i passeggeri e l’equipaggio del volo di linea internazionale Ethiopian Airlines 302 morirono in un tragico schianto nei pressi di Addis Abeba. Tra le 157 persone che persero la vita, anche i coniugi Carlo Spini e Gabriella Vigiani.

Rispettivamente medico ed infermiera, Carlo e Gabriella vivevano da anni assieme ai figli a Sansepolcro, dove erano conosciuti e stimati per la loro professionalità, ma anche per l’impegno nel volontariato. Una volta in pensione, la coppia ha iniziato a dedicarsi a tempo pieno a progetti umanitari con l’associazione onlus Africa Tremila, di cui il dottor Spini era presidente.

Carlo e Gabriella erano partiti dall’Italia per andare a verificare, insieme ad un terzo volontario, il commercialista bergamasco Matteo Ravasio, tesoriere della onlus, come stavano andando avanti le attività di due progetti particolari, uno in Kenia e uno in Sudan.

L’episodio scosse l’intera comunità biturgense, dove vivono e lavorano i quattro figli. I funerali si svolsero il 17 ottobre con una cerimonia toccante in cattedrale alla quale presero parte le istituzioni locali assieme a tantissimi concittadini.
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  • Sono trascorsi sei anni dalla tempesta di vento che mise in ginocchio la città di Sansepolcro. Tetti scoperchiati, decine di piante abbattute dalle forti raffiche e danneggiamenti di ogni genere furono solo alcuni degli effetti di quell’evento atmosferico straordinario che sconvolse un’intera comunità. Le prime pesanti criticità furono riscontrate già prima dell’alba, con le folate che proseguirono implacabili fino al primo pomeriggio. L’episodio ottenne risalto nazionale, con vari politici e personalità che giunsero al Borgo per comprendere l’effettiva gravità dell’accaduto.
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👉 L’articolo completo al link in bio.
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