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Sanità toscana, “la vittoria del terzo settore e del privato in generale”

Nella seconda puntata dell'intervista al prof. Maciocco vediamo l'impatto della riforma sui progetti avviati in Toscana e il crescente ruolo dei privati nel servizio sanitario

di Emanuele Calchetti
08/04/2020
in Attualità, Politica
Lettura: 4 min.
Gavino Maciocco

Foto gentilmente concessa da Radio Cora (www.radiocora.it, link a fondo articolo)

Nella prima parte dell’intervista il professor Gavino Maciocco, docente e professore universitario, già presidente del comitato referendario contro la legge regionale del 2015 di riforma del servizio sanitario toscano, ci ha parlato delle principali problematiche organizzative legate all’accorpamento delle precedenti 12 Asl in tre sole Asl di dimensioni molto maggiori. Continuiamo l’analisi nella puntata odierna.

In quale contesto si è inserita la riforma del 2015?

La Toscana negli ultimi venti anni ha vissuto due fasi che includono tutto il periodo di governo di Enrico Rossi. C’è stato il decennio di Enrico Rossi assessore, che va dal 2000 al 2010, e c’è il decennio di Enrico Rossi presidente, dal 2010 al 2020. Nel decennio 2000-2010 sono state fatte delle ottime cose, perché sono stati introdotti all’interno del sistema degli elementi di grande innovazione. Per esempio le Società della salute, che creavano un livello di gestione fortemente integrata tra il sanitario e il sociale, dando molta voce ai sindaci, ai comuni, però è stata purtroppo una riforma a metà che non si è realizzata come previsto nella legge iniziale, cioè il Piano sanitario regionale 2002-2004.

Ma la cosa più importante, secondo me, del periodo di Enrico Rossi assessore è stata la sanità d’iniziativa, la costituzione di gruppi multidisciplinari, medici di famiglia, infermieri, per una gestione molto innovativa, all’interno delle case della salute, delle malattie croniche secondo il cosiddetto chronic care model. Questo fu previsto dal Piano sanitario 2008-2010 e nel 2010 iniziò una vasta sperimentazione che arrivò a estendersi a metà della popolazione toscana, dando oltretutto degli ottimi risultati. Del resto l’epidemia attuale ci ricorda che ci sono anche le malattie infettive, però il grosso del carico assistenziale in situazione “normale” è dato dalle malattie croniche. Ecco, il chronic care model era lo strumento adatto e riconosciuto universalmente dalla letteratura scientifica come il più idoneo ad affrontare in maniera proattiva l’assistenza alle malattie croniche, intervenendo prima che si aggravassero, dando ai pazienti gli strumenti per gestire da sé la malattia e facilitando loro l’accesso alle visite specialistiche.

Con la riforma del 2014-2015 si è fermato tutto, perché questo modello richiedeva una gestione del territorio forte. Invece con l’accentramento, l’accorpamento delle varie zone distretto, la perdita del potere gestionale dei responsabili dei distretti la gestione del territorio è decaduta. Tutta questa inefficienza si è scaricata anche sulla sanità d’iniziativa, che ha perso forza e ora galleggia in attesa di capire cosa succederà.
Insomma c’erano tutte le condizioni in Toscana per fare delle cose molto buone, e invece negli ultimi anni c’è stata una forte involuzione.

Qual è il ruolo del privato in tutto questo?

Quello della privatizzazione è un altro degli aspetti che noi temevamo e che si è poi realizzato. La privatizzazione non è avvenuta nel classico modello lombardo, in cui entrano delle società private per gestire pezzi sempre più grossi della sanità pubblica. Questo perché in Toscana non c’era una tradizione di strutture private in grado di gestire ospedali complessi. Qui la privatizzazione è stata una strana privatizzazione, che ha sfruttato le inefficienze del servizio pubblico, che nel frattempo si era indebolito per la perdita di personale, il turnover, i ticket altissimi, le liste d’attesa lunghissime. Tutto questo livello di inefficienza è stato sfruttato da un particolare tipo di settore privato, il cosiddetto privato sociale, il quale si è messo in competizione col settore pubblico tenendo bassi i costi. E quindi le prestazioni low cost delle varie Misericordie, Pubbliche assistenze eccetera, che in certi casi erano equivalenti al prezzo del ticket, hanno fatto sì che ci sia stata una migrazione di massa dal settore pubblico al settore privato per tutto quello che riguardava l’attività diagnostica e l’attività specialistica. Questo ha interessato quasi tutta la Toscana, Firenze, Arezzo, Siena, ovunque. Perché in fondo era anche un obiettivo di chi governava la sanità, che aveva un occhio di riguardo verso questo settore e riceveva in cambio un forte consenso politico in una certa parte del mondo associativo toscano. Si tratta di un altro elemento che è entrato in gioco negli ultimi tempi e che ha ulteriormente indebolito il sistema. Di fatto la riforma si è conclusa con la vittoria del terzo settore e del privato in generale.

L’intervista del professor Maciocco a TeverePost si concluderà nella prossima puntata, in cui verranno delineate le prospettive future della sanità della nostra regione. La foto ci è stata gentilmente concessa da Radio Cora.

La puntata precedente dell’intervista di TeverePost al prof. Maciocco sulla sanità toscana:
Sanità toscana, i problemi nati da una riforma improvvisata.
La prossima puntata dell’intervista di TeverePost al prof. Maciocco sulla sanità toscana:
“L’esperienza che viviamo dimostra che il servizio sanitario pubblico va rafforzato”.

Tags: Enrico RossiGavino Macioccoprivatizzazionesanitàterzo settore
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