a cura di Meri Torelli
I culurgiònes, sono una pasta ripiena della Sardegna, simili ai nostri agnolotti. Ci permette questa escursione in terra sarda la Signora Mariangela Petreti di Città di Castello.
Simpatico ed esplicativo il filmato che ci ha inviato per l’esecuzione.
Ingredienti
Ripieno
- 2,300 kg. Di patate lessate
- 250 g. di pecorino sardo
- 100 g di parmigiano
- 10 foglie di menta
- 4 cucchiai di olio
- 2 spicchi d’aglio (tenuti nell’olio per qualche ora)
- Sale e pepe q.b.
Pasta
- 800 gr. di semola di grano duro
- 400 g. di farina
- 0 400 g. di acqua tiepida
- Sale
- 2/3 cucchiai di olio
Ais Delegazione di Arezzo – Gruppo operativo Valtiberina Toscana consigliano
a cura di Antonella Greco
Un mare turchese da togliere il fiato, il vento, la salsedine.
Dire “Sardegna” è come dire fascino allo stato puro. Ma è anche sinonimo di tradizioni millenarie fortemente radicate. Ci sono racconti di fate, le janas, e dei loro incantesimi. Racconti di folletti dispettosi che danzano con i diavoletti tentatori il ballo tondo, che è la danza tipica Sarda dove appunto si balla in tondo stretti in un unico abbraccio.
Sardegna è storia raccontata nella sua bandiera, dove i quattro mori stanno a significare le guerre dei catalano-aragonesi combattute e vinte contro i musulmani e berberi che tra il 1400 e il 1600 popolarono la penisola iberica. Quattro teste cadute: a Saragozza, a Valencia, a Murcia e nelle Baleari.
Sardegna è pastorizia, artigianato: pensiamo agli innumerevoli formaggi (tra i quali l’originalissimo casu marzu), al sughero, alle ceramiche e ai ricami.
Sardegna è sinonimo di Feste popolari tra cui una interessante che si svolge in Agosto a Sandali, al confine con Ogliastra, dove si celebra un piatto della tradizione: i Culurgiones.
Sardegna è anche terra di grandi vitigni, il più famoso il Cannonau, ma possiamo ricordare il Bovale, il Carignano, il Monica (uno dei più antichi), il Cagnulari, il Nuragus, tutti allevati ad alberello o a spalliera. Pensate che ci sono tracce di coltivazione della vite fin dall’epoca dei Fenici. Quale vino abbinare a questa ricetta così appetitosa? Un vino della tradizione Sarda e cioè un Vermentino di Gallura con i suoi profumi speziati e note di cedro, timo e frutta secca. Grazie alla sua sapidità e acidità. Contrasta egregiamente la grassezza del piatto e la persistenza del formaggio tipico utilizzato nell’impasto, il fiscidu o a Talana.
Saluri a tottus!
“Nunc est bibendum!”
I consigli di Augusto Tocci
Pecorino sardo – Nel nostro Paese vengono prodotti molti formaggi derivanti dalla caseificazione del latte di pecora. Ogni regione vanta una sua varietà, ma quella in oggetto è la sola che, oltre essere prodotta con latte intero di pecora, si ottiene attraverso la semicotturta della cagliata che in genere si ottiene con caglio di vitello per poi essere salata a mano e a secco. Questa operazione si ripete più volte, tanto che il prodotto finito è sempre abbastanza salato. Essendo un formaggio da grattugia, non viene quasi mai utilizzato fresco, ma solo dopo sette, otto mesi di stagionatura, quando assume il tipico sapore intenso. Tuttavia si usa distinguere quello dolce con 20-60 giorni di maturazione da quello maturo che viene invece stagionato per 5-6 mesi. Il primo ha una pasta bianca morbida compatta al taglio con sapore delicato leggermente acidulo. Il secondo ha invece una pasta dura compatta scheggiata di colore lievemente giallo e sapore intensamente aromatico.
Scegliamo bene – Oggi viene prodotto esclusivamente in Sardegna. A differenza degli altri pecorini, le forme (cilindriche) si aggirano intorno ai due chili. Quelli Dop recano la stampigliatura impressa sulla corteccia laterale.
Pulizia e conservazione – Si tratta di un formaggio che si conserva molto facilmente in luogo fresco e asciutto. Una volta tagliata la forma, è sufficiente coprire la pasta non protetta dalla buccia con un velo di pellicola alimentare, per evitare che indurisca velocemente.
Le proprietà – Ha un elevato potere nutritivo. Se confrontato con il parmigiano, fornisce qualche caloria in meno, qualche grasso in più e qualche proteina in meno. Ma parliamo di differenze minime.