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La ciaramiglia, una specialità tipica della Valtiberina

Con l'associazione Le Centopelli la ricetta di un dolce locale tipico del giorno di Pasqua che si tramanda di madre in figlia

di Le Centopelli
20/03/2021
in Gastronomia consapevole
Lettura: 5 min.
La ciaramiglia, una specialità tipica della Valtiberina

Continuano le ricette tipiche del periodo pasquale presentate dall’associazione Le Centopelli. Questa settimana una specialità della Valtiberina Toscana che nel giorno di Pasqua non può mancare nelle nostre tavole, la ciaramiglia. Poco dolce, ha consistenza e sapori armoniosamente fusi e quel pizzico di “sapore di nonna” che trasforma ogni ricetta in un’esperienza sentimentale. Si tramanda infatti da madre in figlia ed ha un carattere locale, per cui difficilmente ve lo offriranno in altre parti della Toscana. La ricetta che segue è di Luisella Testi, nata e cresciuta a Sansepolcro e trasferitasi ad Arezzo. Siamo sicuri che con la ricetta di Luisella farete un gran figurone!

Ingredienti

  • 4 uova
  • 6 hg di farina
  • 4 cucchiai di zucchero
  • 1,5 hg di burro fuso
  • 1 limone e 1 arancio grattati
  • 1 arancia spremuta
  • 1 bustina di lievito per dolci
  • 1 cubetto di lievito di birra
  • 1 cucchiaio di zucchero vanigliato
  • 1 bustina di vanillina
  • 1/2 bicchiere scarso di rosolio di cannella
  • 1 pizzico di sale
  • 200 g uvetta
  • 150 g di canditi preferibilmente misti

Preparazione

Fare la lievitina la sera con 1/2 quadretto di lievito e 50 g di farina.

La mattina impastare tutti gli ingredienti.

Mettere l’impasto in una teglia imburrata e infarinata e coprire con carta trasparente.

Far lievitare fino a che si raddoppia, poi far cuocere in forno a 180 gradi per un’ora.

Una volta sfornato fare dei buchi con lo stecchino per controllare la cottura.

Spruzzare con l’alchermes e spolverizzare con un po’ di zucchero.

Ais Delegazione di Arezzo – Gruppo operativo Valtiberina Toscana consigliano:

a cura di Antonella Greco

C’è una piccola frazione a Nord di Udine, nei Colli orientali del Friuli, famosa per essere la zona di produzione di uno dei vini botritizzati più pregiati d’Italia. Cosa significa “botritizzati”? Significa che durante la fase di appassimento delle uve, gli acini vengono attaccati da un fungo aerobico, cioè una muffa “nobile”, che si chiama Botrytis (dal greco Grappolo) Cinerea. Per far si che ciò accada, occorrono determinate condizioni di umidità, ventilazione e temperatura che si ottengono naturalmente in pochissime zone del nostro Paese (essenzialmente in Friuli e in Umbria nell’orvietano). È una sorta di miracolo insomma. Il più famoso al mondo è quello di Souternes in Francia. E di quale frazioncina stavamo parlando? Di Ramandolo, compresa nel Comune di Nimis. Qui si produce il Ramandolo (da cui prende il nome), un muffato prodotto con uve 100% Verduzzo Friulano che nel 1839 ottenne un attestato di lode durante la II Fiera dei vini del Friuli, alla quale non aveva neppure partecipato. A causa dei terreni scoscesi richiede la potatura e la raccolta manuale. Ha un colore giallo dorato intenso con sentori di albicocca secca, gelsomino, sambuco, arancia, cedro e miele. Talvolta si riconosce il profumo del legno.

Nunc est bibendum!

I consigli di Augusto Tocci

Arance Navel – Dolci e leggermente acidule, si coltivano specialmente al sud e se ne fa grande commercio. L’albero sembra sia stato introdotto in Italia nel XIII secolo, trapiantato dalla Cina e dalle Isole della Sonda dai navigatori genovesi e veneziani.

Scegliamo bene – Proveniente dal Brasile, approdato da noi nell’800, è risultante da una mutazione genetica e deve il suo nome al fatto che la buccia presenta una cavità simile a un ombelico (navel in inglese). All’interno della buccia cresce anche un secondo frutto gemello più piccolo. In Sicilia esiste una vallata del fiume Verdura dove la coltivazione di questa varietà di arancio è abbondante e di eccellente qualità da tempi remoti. Rispetto alle altre arance, è sicuramente una varietà precoce, che si presenta con un più ridotto contenuto di succo, ma bionda e zuccherina, più adatta al consumo fresco che alla trasformazione. Nella scelta si deve considerare che questi frutti sono generalmente a polpa bionda, con una tessitura fine, soda e un sapore veramente stra­ordinario. Anche le bucce, nel caso di prodotti non trattati, sono ideali per la preparazione dei canditi.

Pulizia e conservazione – Si trovano in commercio già dai primi giorni di ottobre. Si mantengono oltre due mesi a temperature tra gli 8 e i 10°, con umidità del 75-80%. L’importante è maneggiarle con cura per non danneggiare la buccia, causando la fuoriuscita di oli essenziali che potrebbero far insorgere muffe e marciumi. È assolutamente sconsigliato tenerle in ambienti troppo caldi e secchi, poiché si disidraterebbero e la polpa perderebbe succo e morbidezza.

Proprietà – Come tutte le arance, contiene polifenoli (molecole fortemente antiossidanti), aiuta in caso di disturbi intestinali, epatici e gastrici. Inoltre irrobustisce il sistema immunitario.

Tags: Augusto Tocciciaramigliagastronomia consapevole
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