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Pallotte cacio e uova: dalla Valtiberina all’Abruzzo con Le Centopelli

Il socio dell’associazione Francesco Fiorini propone una specialità dell’appennino abruzzese, sua terra di origine. La ricetta e i consigli di Augusto Tocci

di Le Centopelli
17/10/2020
in Gastronomia consapevole
Lettura: 5 min.

Una delle ricchezze della nostra Associazione, come avrete visto, è la varietà delle zone da cui provengono i nostri soci, che si sono portati dietro l’amore per la loro terra e per le loro tradizioni enogastronomiche.

Questa volta è il turno dell’amico Francesco Fiorini, abruzzese doc anche se il suo lavoro lo porta in giro per il mondo. Valtiberino per amore, ci presenta uno dei suoi tanti cavalli di battaglia, in questo caso rigorosamente abruzzese.

Abruzzo, terra di bellezze naturalistiche e di una tradizione gastronomica ricca e articolata. Se avete sempre associato questa regione solo ed esclusivamente ai famosi arrosticini, vi consigliamo vivamente di provare la ricetta delle pallotte cacio e ova: la loro semplice bontà vi conquisterà al primo assaggio e potrete immergervi nella tradizione contadina italiana più verace e gustosa.

Questa ricetta tipica dell’Appennino rappresenta l’emblema di una cucina semplice, basata su ingredienti poveri. Una ricetta in cui si fa addirittura a meno della carne, che viene rimpiazzata con pane raffermo, pecorino, e uovo.

Se vi capiterà di visitare l’Abruzzo potreste addirittura trovare le pallotte cacio e ova in vendita come goloso finger food, da gustare passeggiando.

Ingredienti

  • pane raffermo senza crosta 800gr
  • latte 1 litro
  • pepe macinato
  • 2 uova
  • 200/300 gr grana grattugiato
  • 200/300 gr pecorino medio grattugiato
  • Per il sugo: una ottima conserva di pomodoro

Preparazione

Per iniziare, ripulire il pane dalla crosta e farlo a cubetti come da foto, riponendolo in u
contenitore capiente.

Bagnare i cubetti di pane con 1 litro di latte, aggiungere del pepe grattato, e mescolare con le
mani.

Coprire e mettere a riposo coperto il recipiente con il pane, mescolare di tanto in tanto.

Quando il pane si sarà ammorbidito al punto di poter essere lavorato, scolatelo in uno scolapasta, e riponetelo per un paio d’ore in frigo a scolare.

Togliete il pane dal frigo, strizzatelo un ultima volta con le mani, poi nello stesso recipiente aggiungete 2 uova, grana e pecorino (per un sapore più delicato 300 gr di grana e 200 di pecorino; per un sapore più forte 200 di grana e 300 di pecorino)

Mescolate bene con le mani fino ad ottenere un composto omogeneo, assaggiate e regolate di sale se necessario; lasciate riposare 10 minuti.

Nel frattempo in una pentola capiente preparate il sugo il più semplicemente possibile, consiglio un po’ di cipolla e nulla più, accendete il fuoco e iniziate a riscaldare e a portare ad ebollizione.

Prendete una padella, aggiungete olio per friggere, e accendetela a fuoco basso.

Riprendiamo il nostro impasto, bagnamo le mani nell’acqua e prendendone un po’ per volta formiamo delle polpette ( Pallotte ) di medie dimensioni e appoggiamole nella padella con l’olio per farle semplicemente indorare.

Giriamole e scoliamole avendo cura di togliere più olio possibile e poniamole nella pentola del sugo. Fino a terminare tutto l’impasto.

Cuocere a fuoco basso.

Il piatto sarà pronto quando il sugo avrà completato la sua cottura e si sarà ristretto!

Servite calde con il sugo e guarnite con del basilico.

Vino consigliato: Masciarelli Montepulciano d’Abruzzo

I consigli di Augusto Tocci

Pecorino romano – Nel nostro Paese vengono prodotti molti formaggi derivanti dalla caseificazione del latte di pecora. Ogni regione vanta una sua varietà, ma quella in oggetto è la sola che, oltre essere prodotta con latte intero di pecora, si ottiene attraverso la cottura della cagliata fino a quasi 50 gradi, per poi essere salata a mano e a secco. Questa ope­ razione si ripete più volte, tanto che il prodotto finito è sempre più salato degli altri pecorini. Gli antichi romani lo consumavano durante i loro sontuosi banchetti e faceva parte delle vettovaglie fornite alle loro legioni, quando partivano per lunghi viaggi. Essendo un formaggio da grattugia, non viene quasi mai utilizzato fresco, ma solo dopo sette, otto mesi di stagionatura, quando assume il tipico sapore intenso.

Scegliamo bene – Oggi viene prodotto quasi esclusivamente in Sardegna. A differenza degli altri pecorini, le forme (cilindriche) superano anche i 30 chili. Quelli Dop recano la stampigliatura di una testa di pecora impressa sulla corteccia laterale. La pasta ha una struttura compatta o leggermente occhiata, con un colore che, al taglio, varia dal bianco al paglierino. Il sapore è lievemente piccante e intenso.

Pulizia e conservazione – Si tratta di un formaggio che si conserva molto facilmente in luogo fresco e asciutto. Una volta tagliata la forma, è sufficiente coprire la pasta non protetta dalla buccia con un velo di pellicola alimentare, per evitare che indurisca velocemente. Le proprietà: Ha un elevato potere nutritivo. Se confrontato con il parmigiano, fornisce qualche caloria in meno, qualche grasso in più e qualche proteina in meno. Ma parliamo di differenze minime.

Le proprietà – Ha un elevato potere nutritivo. Se confrontato con il parmigiano, fornisce qualche caloria in meno, qualche grasso in più e qualche proteina in meno. Ma parliamo di differenze minime.

Tags: Augusto Toccigastronomia consapevoleLe Centopelli
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