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Pappardelle alla lepre: per gli amanti della cacciagione

L'associazione Le Centopelli ci svela i segreti di un piatto che celebra uno degli animali selvatici più diffusi in Toscana. La ricetta di Roberto Quarti

di Le Centopelli
27/02/2021
in Gastronomia consapevole
Lettura: 6 min.

Mentre le tagliatelle sono una forma di pasta di tradizione prettamente emiliano-romagnola, le pappardelle, sebbene risentano dell’influsso emiliano, sono di tipica tradizione toscana.

La Lepre è un animale selvatico molto diffuso in Toscana, ambito da ogni cacciatore per la sua carne soda e saporita. Non facile da cucinare a causa del suo sapore forte e selvatico, trova il massimo del suo utilizzo con le pappardelle all’uovo. L’amico Roberto Quarti ci svela i segreti di questo piatto.

Ingredienti

Per le pappardelle (x 6 persone):

  • 6 uova
  • 600 grammi di farina
  • Una presa di sale
  • Acqua tiepida se necessaria

Per il sugo di lepre:

  • 1 lepre pulita
  • 2 cipolle
  • 2 costole di sedano
  • 4 carote
  • 8 foglie di alloro
  • 3 rami di rosmarino ( qualcuno in più se piccoli)
  • 3 spicchi d’aglio
  • 100 g di prosciutto crudo toscano
  • 150 g di pomodoro pelato
  • Brodo di carne
  • Sale e olio q.b.

Preparazione

Pappardelle – Preparare la fontanella di farina sulla spianatoia e aprire le uova al suo interno. A seconda se la pasta ci piace più dura o meno dura, mettere le uova intere oppure 4 intere e due solo il rosso. Sbattere le uova con la forchetta ed incorporare piano piano la farina. Quando il composto sarà un po’ più sodo, iniziare a lavorare con le mani. Una volta finito, aspettare una ventina di minuti, avvolgendo la pasta in un canovaccio umido o nel cellophan. Stendere con il mattarello una sfoglia nn troppo sottile, lasciare di nuovo asciugare qualche minuto e tagliarla con il coltello a circa un centimetro e mezzo di larghezza. Adagiare le pappardelle in un posto asciutto senza ammassarle.

Sugo di lepre – Adagiare la lepre immergendola nel vino rosso ( meglio sangiovese toscano giovane, acido e tannico), con una cipolla tagliata in quattro, due carote tagliate a pezzettoni, una costola di sedano, qualche foglia di alloro, una manciatina di bacche di ginepro, 4 o 5 chiodi di garofano, per una nottata.

Lavare la lepre e tagliarla a pezzetti non troppo grossi.

Preparare un battuto con il sedano rimanente, le carote, la cipolla e iniziare a farli soffriggere. Se il gusto finale piace un po’ più “selvatico”, utilizzare gli odori della marinatura e anche il vino per sfumare tutto il soffritto. Altrimenti usarne di nuovi.

A parte, preparare un altro battuto fine con la mezza luna, con rosmarino (solo gli aghi), aglio, alloro, prosciutto crudo e qualche bacca di ginepro, e aggiungerlo al soffritto che sta già andando.

Sfumare con un bicchiere di vino e aggiungere i pezzetti di lepre e il sale.

Far rosolare ed insaporire la lepre girando spesso, in modo che tutti i pezzetti prendano colore e sapore.

Unire il pomodoro e il brodo di carne fino a coprire tutto, quindi abbassare il fuoco e lasciar cuocere.

Man mano che si ritira il brodo, girare la lepre, poiché i pezzetti di carne che rimangono scoperti, potrebbero risultare più durini o stoppacciosi.

Quando il brodo si è ritirato, provare a bucare con una forchetta vicino all’osso. Se si stacca agevolmente, la lepre è cotta. Altrimenti aggiungere nuovo brodo ( un ramaiolo), e provare più tardi.

Togliere la carne dal sughetto e disossarla aiutandosi con un coltello e sfilacciandola anche con le mani lasciando anche qualche pezzetto più grosso.

Rimettere la carne nel sughetto e lasciare insaporire per 5 minuti.

Scolare le pappardelle e unire il sugo facendole saltare in una padella. Lasciare da parte qualche cucchiaiata di sugo da aggiungere direttamente nei piatti.

Ais Delegazione di Arezzo – Gruppo operativo Valtiberina Toscana consigliano

a cura di Antonella Greco

Pappardelle alla lepre e Taurasi – Il vino che vi raccontiamo oggi, è prodotto con un vitigno arrivato in Italia con i coloni greci nel VII/VI secolo a.C. Prese il suo nome dalla polis di Elea ( famosa per aver dato i natali a Parmenide il primo filosofo ad applicare la logica ad un concetto filosofico), Eleanicus, che diventa Aglianico con la dominazione spagnola. Da questo vitigno prendono vita due importanti vini del Sud Italia: il lucano Aglianico del Vulture, e il campano Taurasi, entrambi insigniti di D.O.C.G..

In abbinamento alle pappardelle con la lepre, vi consigliamo il Taurasi, con il suo colore rosso rubino che diventa granato con l’affinamento, e il suo profumo vinoso, di confettura di marasca, rosa appassita, di viola, di spezie come il chiodo di garofano, e di tabacco. E’ un vino complesso, morbido e con una buona persistenza, tale da affrontare il gusto deciso della lepre e lasciare in bocca il giusto equilibrio. Nunc est bibendum!

I consigli di Augusto Tocci

Lepre (Lepus timidus)  un prodotto che fa parte della cacciagione da cespuglio

Piaccia o no, ambientalisti ed animalisti devono rendersi conto che la caccia ha contribuito all’alimentazione umana:  l’uomo da sempre si è rivolto al mondo che lo circondava per procurarsi gli alimenti che potevano fornirgli l’energia per la sopravvivenza.

Forse gli oppositori della caccia hanno qualche ragione riguardo ai comportamenti dei cacciatori di oggi, che tendono ad essere più che altro tiratori e distruttori di tutto ciò che passa davanti alle canne del  loro fucile. Tuttavia , non sempre è stato così e per comprendere l’importanza che la caccia ha avuto per secoli mi sembra significativo ricordare i racconti dei nostri vecchi che di questa operazione avevano fatto quasi una ragione di vita.

Questi mi raccontavano che nel territorio agreste, specialmente di collina e di montagna, ricco di boschi, intervallati da coltivi, talora di modeste dimensioni,  a prevalenza di cereali e di prati pascolo, la selvaggina (lepre in particolare) trovava un rifugio ideale e dell’ottimo cibo, come la lupinella ed il trifoglio, per vivere e riprodursi in abbondanza.

Questo accadeva, purtroppo, solo fino a quando l’ambiente non è stato alterato dall’avvento della meccanizzazione in agricoltura che ha disturbato notevolmente il beato vivere delle lepri. Ed è per questo che conviene soffermarsi su questo animale molto pregiato per la cucina di una volta tanto che già pellegrino Artusi  la declamava  in modo veramente nobile.

Oggi la caccia si sta orientando verso altri animali, introdotti forse affrettatamente, in un ambiente che non era il loro con danno notevole anche per la selvaggina che era tipica di una determinata zona.

Per ben cucinare questo animale conviene ricordare che le sue carni sono sempre ricoperte di pellicole che conviene accuratamente levare, prima di cuocerle, senza troppo intaccare i muscoli. Inoltre è buon uso provvedere a togliere quello che vien detto “il selvatico” tenendo in infusione la carne per una nottata in un liquido così preparato:  mettere al fuoco acqua e aceto (in parti 3 a 1) con scalogni tritati, foglie di alloro, prezzemolo, sale e una presa di pepe nero. Fatto bollire il tutto per  cinque minuti, si versa poi diaccio sulla lepre. Quando poi si toglie dall’infusione va cotta a fuoco lento  completando la giusta salagione.

Il mio consiglio è poi quello di fidarsi di selvaggina nostrale, difficilmente reperibile,  perché oggi ci viene sempre più proposta di importazione con la sicura difficoltà di conoscere la provenienza esatta.

Tags: gastronomia consapevoleLe Centopelli
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  • Partito giovanissimo alla volta di Milano e Roma, l’attore umbro Graziano Scarabicchi, classe 1985, è diventato negli anni uno dei volti più noti degli spot televisivi. Lontano dal piccolo paese di Monte Santa Maria Tiberina inizia a lavorare come modello a Milano, per poi affacciarsi al mondo della televisione, in particolare pubblicità che lo hanno portato, nel corso degli anni, a collaborare con attori di fama internazionale. Fortemente legato alla famiglia di origine, in particolare le nonne, Graziano considera fondamentale, per la sua carriera, le forti radici che lo legano alla sua terra di origine e ai suoi cari.
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  • Alle 5 di mattina circa del 1° aprile 2020, dopo una nottata intera trascorsa davanti al PC a limare gli ultimi dettagli in un clima di attesa surreale, lo spazio web di #TeverePost vedeva la luce. Un parto più complesso del previsto, avvenuto nel cuore del primo lockdown, con la redazione pressoché costretta a coordinare interamente da remoto le varie operazioni di messa online e produzione dei contenuti attraverso quelle modalità di comunicazione al tempo ancora poco rodate (leggasi Skype, Zoom, Meet, ecc.) che oggi in ambito lavorativo rappresentano la quotidianità.

Non staremo ad annoiarvi con il classico malloppo di considerazioni abbastanza ovvie e scontate del tipo “anno più difficile del previsto”, “progetti bloccati dal Covid”, “nonostante tutto #celafaremo” e via dicendo. Sappiamo tutti perfettamente che questi dodici mesi sono stati uno strazio. Piuttosto vogliamo soffermarci per qualche momento su ciò che fin qui abbiamo cercato di creare, ossia uno spazio di informazione alternativo dove ogni giorno, nel nostro piccolo, ci poniamo l’obiettivo non solo di aggiornare correttamente i cittadini sui fatti di attualità, ma anche di far comprendere loro quali importanti sacrifici si celano dietro la produzione di contenuti originali e il rigetto di copia-incolla, titoloni acchiappa click ed altre pratiche tipiche del giornalismo contemporaneo. Ci auguriamo pertanto di essere stati in grado di trasmettere il nostro approccio qualitativo e ‘slow’, mettendovi nelle condizioni di percepire anche solo una minima parte di questi sforzi.

Detto questo, vogliamo ringraziare ancora una volta i magnifici supporter commerciali, i partner operativi e tutti coloro che hanno scelto di credere nel progetto TeverePost, a cominciare dai nostri attentissimi lettori. A tutti loro saranno dedicate le nostre prossime attività in cantiere. See you soon!
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  • #AccaddeOggi: il 10 marzo 2019 i passeggeri e l’equipaggio del volo di linea internazionale Ethiopian Airlines 302 morirono in un tragico schianto nei pressi di Addis Abeba. Tra le 157 persone che persero la vita, anche i coniugi Carlo Spini e Gabriella Vigiani.

Rispettivamente medico ed infermiera, Carlo e Gabriella vivevano da anni assieme ai figli a Sansepolcro, dove erano conosciuti e stimati per la loro professionalità, ma anche per l’impegno nel volontariato. Una volta in pensione, la coppia ha iniziato a dedicarsi a tempo pieno a progetti umanitari con l’associazione onlus Africa Tremila, di cui il dottor Spini era presidente.

Carlo e Gabriella erano partiti dall’Italia per andare a verificare, insieme ad un terzo volontario, il commercialista bergamasco Matteo Ravasio, tesoriere della onlus, come stavano andando avanti le attività di due progetti particolari, uno in Kenia e uno in Sudan.

L’episodio scosse l’intera comunità biturgense, dove vivono e lavorano i quattro figli. I funerali si svolsero il 17 ottobre con una cerimonia toccante in cattedrale alla quale presero parte le istituzioni locali assieme a tantissimi concittadini.
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  • Sono trascorsi sei anni dalla tempesta di vento che mise in ginocchio la città di Sansepolcro. Tetti scoperchiati, decine di piante abbattute dalle forti raffiche e danneggiamenti di ogni genere furono solo alcuni degli effetti di quell’evento atmosferico straordinario che sconvolse un’intera comunità. Le prime pesanti criticità furono riscontrate già prima dell’alba, con le folate che proseguirono implacabili fino al primo pomeriggio. L’episodio ottenne risalto nazionale, con vari politici e personalità che giunsero al Borgo per comprendere l’effettiva gravità dell’accaduto.
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  • La prima edizione del Rally Valle del Tevere – promo event del Tour European Rally Series e seconda prova del Challenge Raceday Rally Terra – va in archivio con il successo di Nicolò Marchioro e Marco Marchetti su Škoda Fabia. L’evento ha visto al via di Sansepolcro ben 112 equipaggi internazionali e, come nelle intenzioni degli organizzatori di Valtiberina Motorsport, ha costituito un’importante vetrina promozionale per il territorio ed ha avuto il supporto delle amministrazioni comunali, presenti alla premiazione finale con il sindaco di Anghiari Alessandro Polcri e gli assessori di Pieve Santo Stefano e Sansepolcro Federico Cavalli e Riccardo Marzi.
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  • La Asl Toscana Sud Est ha reso noti i dati definitivi dello screening di massa che si è svolto da martedì a sabato della scorsa settimana a Sansepolcro. In totale si sono sottoposte al test molecolare 5.775 persone tra residenti a Sansepolcro, lavoratori provenienti dai comuni toscani limitrofi e studenti delle scuole cittadine. I positivi al coronavirus sono stati complessivamente 22, di cui 16 residenti nel capoluogo biturgense.
👉 L’articolo completo al link in bio.
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  • #Fotonotizia: il Comune di Sansepolcro ha diffuso alcune immagini del cantiere del nuovo ponte sul Tevere. I lavori per la realizzazione della nuova infrastruttura sono ripartiti lunedì scorso dopo che un sopralluogo dei Carabinieri Forestali dello scorso 30 novembre aveva fatto emergere una serie di irregolarità, oggi risolte.
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  • Sta facendo molto discutere a Sansepolcro e in Valtiberina il caso dell’intossicazione alimentare che ha colpito numerose persone (sono decine quelle che si sono rivolte ai medici di famiglia o al pronto soccorso) a partire dalla giornata di domenica. Comune origine del malessere, secondo quanto riportato dagli interessati, il cibo da asporto di un locale di cucina asiatica del capoluogo biturgense.

Mentre le autorità mantengono il più stretto riserbo, TeverePost ha raccolto la testimonianze di una delle persone coinvolte nella vicenda e della sua dottoressa.
👉 L’articolo al link in bio.
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  • Sono ripresi questa mattina a Sansepolcro i lavori per la realizzazione del secondo ponte sul Tevere. Il cantiere era stato interrotto a fine novembre in seguito ad un sopralluogo dei Carabinieri Forestali.
Gli uffici comunali si sono subito mossi per risolvere le questioni sollevate, soprattutto riguardo allo smaltimento degli scarichi, adempiendo alle prescrizioni. I lavori per questa opera strategica, non solo per Sansepolcro ma per l’intera Valtiberina, sono quindi ricominciati.
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