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I ravioli di mamma Virginia

Questa settimana Le Centopelli presentano un grande classico della cucina casareccia. L'approfondimento enogastronomico in collaborazione con AIS e Augusto Tocci

di Le Centopelli
05/06/2021
in Gastronomia consapevole
Lettura: 5 min.

a cura di Meri Torelli

Pochi giorni fa è stato il mio compleanno, e per la mia mamma non è festa senza i suoi ravioli. Devo dire che è ben accettata da tutti questa sua tradizione, ed i ravioli della mamma Virginia danno veramente quel tocco in più alla festa.

I ravioli ricotta e spinaci sono conosciuti in molte parti dello Stivale, ed i condimenti variano da zona a zona.  Molto buoni anche con burro e salvia, da noi dove le massaie sono ben rinomate per il loro “sugo della domenica”, spesso e volentieri sono conditi con il ragù toscano, ma nulla toglie che ognuno completi il piatto a suo gusto e piacimento.

Ingredienti

Per la pasta:

  • 5 uova
  • ½ kg. Di farina
  • Sale

Per il ripieno:

  • Metà spinaci e metà bietole
  • Ricotta circa ½ kg
  • Parmigiano grattugiato
  • Noce moscata
  • Olio
  • Aglio
  • Sale

Procedimento

Cuocere le erbe in acqua bollente, una volte fredde strizzarle per togliere l’acqua in eccesso e tritare finemente. Farle insaporire in padella con aglio olio e sale.

Fare raffreddare ed aggiungere ricotta, parmigiano e noce moscata. Amalgamare bene.

Fare una sfoglia con gli ingredienti sopra indicati

Stendete la sfoglia e nella metà mettete dei mucchietti dell’impasto distanti circa 3 cm.

Coprite con l’altra metà della sfoglia e fate combaciare i bordi con le dita.

Con una rotella dentellata tagliate i ravioli: la tradizione direbbe 4×4, ma ognuno ha le sue preferenze.

Ais Delegazione di Arezzo – Gruppo operativo Valtiberina Toscana consigliano

a cura di Antonella Greco

In questa cucina si sente ancora il profumo della tradizione, la sicurezza del grembo materno e il bambino che c’è in noi che trova il suo nascondiglio arredato di bei ricordi. Ed il vino che abbiniamo questa settimana, è forte e sicuro come il grembo materno. Ha delle ali grandi sotto le quali crescono i suoi figli tutti importanti e decisi: Chablis, Champagne, Franciacorta, Trento doc, Alta Langa….

Parliamo dello Chardonnay, il vitigno più diffuso al mondo. Originario dell’Illiria da una vite addomesticata, qualcuno lo colloca sulle colline di Gerusalemme dove i terreni sono argillosi e quindi i preferiti da questo vitigno. Secondo questa corrente il nome sarebbe ebraico e significherebbe “porta di Dio”. Altri invece mettono all’opera i laboriosi monaci cistercensi dell’Abazia di Pontigny, e il nome deriverebbe proprio da Chardonnay che è un paese nel Maconnais.

A lungo è stato confuso con il Pinot Bianco, ma in realtà è un incrocio spontaneo tra il Pinot Noir e un vitigno slavo. Ed è proprio il Pinot Noir che lo accompagna a braccetto per molti uvaggi di vini importanti.

Giallo paglierino che va al dorato (se affinato in legno), brillante, fruttato con sentori di mela, ananas, banana e una spiccata acidità e mineralità. Forte ma delicato. Persistente ma nn invadente. Elegante ed armonico è il giusto abbinamento con i ravioli ricotta e spinaci, conditi con burro e salvia.

Se poi li abbinate al ragù toscano, vi consigliamo un merlot giovane e ugualmente fresco.

“Nunc est bibendum!”

I consigli di Augusto Tocci

Ricotta ovina – Durante il processo di caseificazione del latte si ottiene il siero che, successivamente, viene cotto ancora per ottenere questo pregiato prodotto. Quando si lavora il latte di pecora, il derivato è una ricotta ovina, che si distingue in modo particolare dalla più comune ricotta vaccina. È molto più pregiata perché deriva da animali allevati al pascolo e quindi mantiene le fragranze delle erbe con cui si sono alimentati. Inoltre, è una ricotta molto più gustosa e saporita, perché ricca di sostanze grasse. Talora si mangia al naturale, ma spesso diventa l’ingrediente essenziale per la farcia delle paste ripiene, mescolata a verdure di stagione.

Scegliamo bene – Quando si acquista la ricotta, si deve fare molta attenzione alla freschezza: si tratta di un prodotto di facile deperibilità per cui il suo candore diventa essenziale ed eventuali striature più scure o giallognole denotano un principio di invecchiamento.

Conservazione – Non trattandosi di un formaggio, ma semplicemente di un latticino, va conservata in frigorifero, in contenitori chiusi. Così può durare alcuni giorni, ma quella di giornata ha un maggior valore gastronomico.

Proprietà – La ricotta di pecora può arrivare a percentuali di grasso abbastanza elevate. È un derivato del latte che si distingue per un’alta concentrazione di proteine nobili.

Tags: Augusto Toccigastronomia consapevoleLe Centopelli
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