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Sedani “arfatti”: quando gli avanzi diventano protagonisti

La cucina degli avanzi nella ricetta di questa settimana. La preparazione a cura di Meri Torelli con i consigli di Augusto Tocci

di Le Centopelli
23/05/2020
in Gastronomia consapevole
Lettura: 3 min.
Sedani “arfatti”: quando gli avanzi diventano protagonisti

Nell’appuntamento di questa settimana con Gastronomia Consapevole torniamo a parlare di una pratica che in Italia esiste da sempre, quella del recupero degli avanzi, e che ha contribuito alla creazione di tante ricette simbolo della tradizione.

Oggi la presidente de Le Centopelli, Meri Torelli, torna con una ricetta storica del territorio che si basa sul riutilizzo: i sedani “arfatti”. In questo piatto si possono usare gli avanzi dei sughi, ma è possibile anche avvalersi di ingredienti freschi. Una pietanza che racchiude al 100% la filosofia dell’associazione.

Ingredienti

  • 400 g di coste di sedano
  • 2 uova
  • 2 cucchiai di farina di grano
  • 1 bicchiere di pomodoro passato
  • 1 spicchio d’aglio
  •  origano
  • olio di semi di arachidi per friggere
  • olio extravergine d’oliva
  • sale
  • pepe

Preparazione

Laviamo le nostre coste di sedano, eliminiamo eventuali fili e dividiamole in pezzi piuttosto grandi.

Sbollentiamole in acqua salata e poi lasciamole raffreddare in un colino.

Prepariamo in una ciotola la pastella con le due uova a cui aggiungeremo, dopo averle sbattute con  un pizzico di sale, i due cucchiai abbondanti di farina.

Passiamo nella pastella i pezzi di sedani lessati e poi friggiamoli in olio caldo, ma non bollente.

Una volta fritti poggiamoli su carta assorbente, per far perdere l’olio in eccesso.

A parte prepariamo la salsetta di pomodoro, lasciando soffriggere in olio extravergine d’oliva l’aglio e se ci piace il pepe macinato.

Una volta aggiunto il passato di pomodoro aggiustiamo di sale, lasciamo cuocere per 10 minuti e uniamoci i sedani fritti.

Possiamo aggiungere  dell’origano altrimenti quando è estate del basilico fresco.

I consigli di Augusto Tocci

Sedano. Partiamo dal suo appellativo latino, apium graveolens: la prima parte del nome è dovuta al fatto che predilige ambienti umidi, la seconda al suo odore forte. Originario dell’Asia, nel giro di poco tempo ha invaso tutto il globo. Negli  orti viene coltivato per le foglie e per le coste, bianche  e polpose,  impiegate cotte o crude, come condimento o  nelle insalate. Tutta la pianta ha odore aromatico e sapore gradevole, un po’ piccante e dolcigno. Nel Medioevo, si credeva che questa pianta combattesse la malinconia.

Scegliamo bene. Facciamo molta attenzione che le foglie siano turgide e di un verde lucente, senza segni di appassimento. Le costole devono risultare tese e croccanti. Il loro colore varia in base ai trattamenti cui è stata sottoposta la pianta: per esempio sono bianche dopo l’eziolatura, procedimento che, impedendo il passaggio della luce, ostacola la formazione della clorofilla. Anche se verdi sono buone, magari più ricche di principi attivi, ma certamente meno tenere e più filamentose.

Pulizia e conservazione. Questo ortaggio va riposto in ambiente asciutto  e fresco, possibilmente lontano da fonti di calore e di luce. Prima di si­ stemarlo nella parte bassa del frigo, conviene avvolgerlo con la pellicola alimentare.

Le proprietà. Oltre che come alimento è sempre stato celebrato come pianta di grande pregio farmacologico. Anche perché, mangiato crudo,eccita la secrezione del succo gastrico, che a sua volta favorisce la digestione

Tags: Augusto Toccigastronomia consapevolesedani
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